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9 dicembre 2011

Il vescovo soffre per i Passionisti

A distanza di 230 anni pubblico questa lettera inedita (conservata nell'Archivio Generale dei Missionari Passionisti a Roma), che sembra scritta ieri.
I primi due missionari passionisti, p. Ferreri e p. Sperandio, sono partiti da Roma il 28 luglio, e dopo un difficoltoso viaggio attraverso mezza Europa, sono arrivati a Bucarest verso la fine di settembre. E qui restano bloccati, ospiti presso i Francescani. La santa Congregazione di Propaganda Fide si è "dimenticata" di fornire loro i documenti necessari per la residenza nell'Impero Ottomano. Questa situazione imbarazzante provoca molta sofferenza sia nei missionari, sia nel vescovo di Nicopoli, mons. Pavel Dovanlia, il quale si attiva per ottenere ai due passionisti il tanto sospirato permesso.

Tra l'intenso scambio epistolare, che sto trascrivendo e preparando per la pubblicazione, vi offro qui in anteprima questa commovente lettera. Da essa traspare il cuore di questo pastore Bulgaro, che si ritrova con una diocesi "ricca" di soli due preti... e due giovani missionari che fremono per lavorare, ma sono bloccati per la mancanza dei documenti.

Molto Reverendi Padri in Domino carissimi.
Non possono esserci se non gradite le loro lettere, leggendo noi in esse sentimenti da evangelici gregarij pieni d’ardente desiderio d’occuparsi quanto prima nella messe del Signore. Un tal loro fervoroso desiderio, che procede dall’amore del Sig[nor]e a beneficio dell’anime da esso redente, noi non solo dobbiamo lodare, ma dobbiam anche per obbligo sempre più eccitarlo, e procurare per quanto a noi spetta di togliere quei impedimenti ed ostacoli che loro s’oppongono, si che possin avere libero campo di por in esecuzione i loro pij e santi desiderij. E Iddio volesse che nelle presenti circostanze tanto potere fosse in noi, certamente non daressimo ad altri l’incombenza, ma colle proprie nostre mani vorressimo rompere ed estirpare tali ostacoli, essendoci ben nota la necessità della nostra Diocesi.
Ma per nostro maggior dolore non solo non potiamo romperli e spianarli, ma dobbiam in certa maniera far l’apparenza quasi di chi pretenda d’ingrandirli e solidarli. Non è per altro esagerazione il dire che questa Diocesi nostra è fondata su l’arena, che però con ragione teme ogni piccol procella. Ben vedo anch’io che l’affare de’ Fermani anderà in lungo: capisco molto bene che troppo duro loro riesca il vedersi lontani dal fine per cui sono partiti da Roma: vedo e capisco tutto ciò con gran mia pena. Ma la pratica che ne abbiamo di queste parti ci fa con fondamento temere, che compilando loro l’ingresso nella Diocesi, prima dell’acquisto de’ Fermani, non veniam così ad esporsi a maggiori difficoltà, e soffrir in appresso maggiori afflizioni per li disturbi che potrebbero nascere nella Diocesi. Non ha questa prottezione veruna: è in mezzo d’invidiosi potenti; nelle finanze di dominij diversi, soggetta però a varij sospetti; i fedeli per la rozzeza timidi, ed incapaci a dar qualche ajuto colle parole, e meno col danaro perché poverissimi; fin ora non vi è esempio che missionarij esteri siansi stabiliti in diocesi senza Fermano; si sa per esperienza quali trattamenti ricevono l’esteri senza il Fermano, il P. Fedele medesimo n’è testimonio, e forse già averà loro raccontato in quali angustie allora si trovasse, quando sentij intimarsi, o di subito partirsi, o che l’averebbero portato dal Pascià.
In vista di questi motivi devo, come di sopra dissi, far la cattiva apparenza di voler quasi ingrandire l’impedimenti ed ostacoli, e via più stabilirli, per non dir altrimenti di quel che internamente sento, e perché ho ragionevol e fondato timore di non porre la Diocesi in qualche passo scabroso, e per non pormi in rischio di vederli con dispiacere uscir dalla missione prima di vederli stabiliti.
In quanto poi a quel che ci segna il Reverendo Padre Giacomo del modo facile propostoli di rimediar a tutto ciò per mezzo di cotesto Signore Abbate, io non averei difficoltà di crederci, in caso che il detti Signore Abbate si trovasse attualmente in Costantinopoli, e che avesse costì da aggire in persona, ma che da Buccorescte con una sola letterina di raccomandazione, che possa colà per terza mano far tanto effetto, per me son di parere che l’affare così istradato, non solo passagiarebbe per la strada della Longara, ma che dovrebbe anche girare per tutta la fascia dello Zodiaco. Secondo a quel che nella prima loro ci notificavano, che da Roma siasi di già scritto a Costantinopoli per tal affare, e inculcato anche con premura nelle loro lettere, naturalmente fin ora si sarà mossa qualche pedina, si che con pazienza dovremo aspettare l’esito, per non battere anche l’uscio di molte case con ugual incertezza.
Circa poi il desiderio ch’anno d’abbocarsi con noi, spero nel Signore che a suo tempo ci darà la grazia di farci unire, e darci campo di vicendevolmente animarci e consolarci: ma presentemente devo posporre la mia particolar inclinazione, il comodo che costì potrei avere, e la consolazione che averei nel vederli ed abbraciarli nel Signore, devo, dico, tutto ciò posporre a quel poco di bene che posso intanto fare a queste poche anime, coll’assisterle massime nelle feste venture. Intanto eglino procurin con rasegnazione d’esercitarsi nella santa pazienza, virtù che doverà essere loro compagna in tutto il corso della missione, né devonsi stimare poi tanto lontani dal fine che si han proposto, nel mentre che si studiano ad ottenere quei mezzi che loro devon far strada a conseguirlo più stabilmente.
In fine con reciproco desiderio augurando loro e a tutta cotesta religiosa e pia compagnia ogni vero contento dal S. Bambino nelle sue prossime feste natalizie, pregandolo anche che colla Sua divina Sapienza disponga sempre in noi e i nostri affari, secondo il suo beneplacito e santa volontà fortiter et suaviter, li lascio con la pastoral nostra benedizione
delle Paternità Loro Molto Reverende
affezzionatissimo loro Servo
Paolo Dovanlia vescovo di Nicopoli

Rusciuch 18 dicembre 1781

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