Quello di 230 anni fa è davvero un'inverno indimenticabile per la nostra Famiglia Passionista. Non tanto per il freddo gatto che ci fu da queste parti (passavano coi carri e cavalli sul Danubio ghiacciato!). Ma perchè fu l'inverno in cui il seme sotto la neve aspettò, e poi a primavera germogliò.
Nell'autunno del 1781 arrivavano infatti a Bucarest i primi due Missionari Passionisti, p. Francesco Maria Ferreri e p. Giacomo Sperandio: tutti infervorati e baldanzosi e pimpanti per gettarsi al lavoro nelle terre bulgare, ma... un po' per l'inesperienza della nostra Famiglia (erano i primi in assoluto ad andare all'estero...), un po' per un'inspiegabile distrazione dei Sacri Palazzi (anche la ben collaudata Propaganda Fide a volte combinava pasticci...), i nostri due pionieri restano bloccati tutto l'inverno a Bucarest, ospiti (a pagamento) dei cari Francescani.
Questa snervante attesa, trascorsa tra lo studio della lingua bulgara ed estenuanti trafile burocratiche, termina finalmente all'inizio di aprile.
Ecco qui una lettera di p. Francesco Maria a p. Giambattista Gorresio, Generale dei Missionari Passionisti, il cui originale è conservato nel nostro Archivio Generale di Roma.
Le foto sono del Danubio semi-ghiacciato di questi giorni, in cui siamo scesi a solo - 30°: se allora ghiacciava tutto... faceva proprio freddo! Buona lettura.
Jesu Christi Passio
Buccorest a’ 15 Aprile 1782
Reverendissimo
Padre in Xristo Colendissimo
Io pensavo di scrivere di qui a
pochi giorni alla Paternità Sua Reverendissima che ci ottenesse dalla
Sacra Congregazione la facoltà di ritornare al nostro Ritiro, quando
all’improvviso ci pervennero i desiderati fermani, i quali sebbene siano
scritti a caratteri turchi, ci venne nello stesso tempo anche consegnata una
copia dei medesimi tradotti in lingua italiana per tutti e due, quale le
trasmetto acclusa nella p[rese]nte, da cui la Paternità Sua Reverendissima può comprendere con qual circospezione ci conviene procedere
nell’esercizio del nostro ministero, essendoci dati i detti fermani come a
Mercanti, e l’ottenerlo come Preti non è cosa sperabile.
In Constantinopoli, nell’Isole
dell’Arcipelago in Smirne, vi sono chiese aperte ed è permesso l’esercizio
publico della nostra religione, ma in Bulgaria le cose passano diversamente
perché non hanno quei fermani che la Porta ai suddetti luoghi concesse.
Monssignor Fracchia Vicario Apostolico che ce li ottenne per mezzo dell’Internunzio
Cesareo ci scrive che i detti fermani costano ventiquattro piastre, cioè 12
scudi romani: la qual somma non essendo noi in stato di pagare, anzi nel
lungo soggiorno fatto in questa Città, avendo speso l’annuo anticipato
assegnato somministratoci dalla Sacra Congregazione per mantenerci e
provederci poveramente degli abiti necessarj per entrare in Turchia, ho
scritto al Signor Prefetto che ci somministri qualche sussidio, ma temo che
le mie suppliche andranno a vuoto se ella non le rende efficaci colla sua
intercessione, del che non m’avanzo a pregarla con premura, perché ben m’è noto
che la Paternità Sua ha per noi tutta la solecitudine e cuore di Padre.
Io veramente aveva intenzione di non dar alcun’incomodo
alla Sacra Congregazione, come di fatti non sarebbe stato d’uopo, se
fossimo presto entrati nella Missione, ma avendo il Signore disposto che
restassimo qui tanto tempo, che c’abbiamo da fare?
Monsignore nostro, il quale è
anche Amministratore di tutta la Valachia, s’è portato qui per far il giovedì
Santo la consacrazione de’ sacri liguori, coll’assistenza di sei sacerdoti,
secondo le facoltà che ha, ed al presente ancora si ritrova qui nel Convento
dei Padri Osservanti, mi disse che la Sacra Congregazione per
trasmettere l’annata a’ Missionarj non ha alcun canale fisso, ma bensì li
consegna a chi viene da noi destinato, e ben son persuaso che la Paternità Sua si farà la carità d’addossarsi questo peso in nostro favore, che in
quanto a trasmettere sia il denaro per il pagamento de’ fermani, che per il
nostro mantenimento, è cosa facile con una cambiale diretta al Signor
Brattis,mercante Raguseo in Costantinopoli, quale suppongo che già per tal
effetto le abbia scritto; è vero che noi ci veniamo a perdere in scudi 40
almeno due, ma tal perdita è sufficientemente compensata sia dall’infrancare che farà le nostre lettere e di mandarcele quando vengono le
responsive senza veruna nostra spesa, come dal farci puntualmente pagare il
denaro in Rusciuch, dove abita Monsignore Vescovo, il quale ci ha esibito
se vogliamo star insieme in Trancevizza; ben volentieri ho accettato la
proposta, e ci ha assegnati quattro villaggi, l’ultimo de’ quali è distante
otto ore di camino, e per una strada poco sicura, onde bisogna andar sempre
accompagnato; sichè nelle feste a vicenda uno uscirà ad operar fuori, e l’altro
in casa.
E’ vero che lo star insieme ci sarà
di qualche pregiudizio, perché come ci dice Monsignore il villaggio suddetto
non vorrà mantenere che un sol Prete, ma questa difficoltà appresso di noi
non è d’alcun peso, perché finalmente questo mantenimento che da il villaggio
si riduce a una focaccia ogni mattina cotta sotto la cenere e a un po’ di grano
che da ognuno dopo la raccolta, di cui quest’anno ne riceveremo solo la metà,
appartenendo l’altra a chi ha faticato in luogo nostro. Del resto se si vuole
vino e altre cose necessarie al vitto, conviene pro vedersele con denaro, così
ho inteso da Monsignore; e quand’anche potessi con solo chiedere avere molte
cose per carità, e risparmiare dell’annuo asegnamento qualche porzione, non
lo farò mai, per aver tutta la libertà d’esercitare il sagro ministero, e
confido nel Signore che sempre ci provederà di quanto è necessario per il
vitto e vestito.
Quando saremo al nostro destino,
avrà più chiaro ragguaglio del come passano le cose nostre. Per ora soltanto le
posso dire quel che c’ha detto Monsignore, che dalla guerra moscovitica in
qua non son più le cose in quello stato in cui erano a’ tempi de’ Padri Battistini, i quali ci dissero tante belle cose di questi Paesi.
Tanto io, che il Padre Giacomo,
aspettavamo ansiosamente qualche responsiva della Paternità Sua Reverendissima, ma il fatto si è che a riserva di quella che porta la data
dei 3 di gennaro, fin’ora non abbiamo ricevuto altro; bensì una ne ricevei due
settimane fa da Monsignore, che ha la data dei 12 agosto dell’annos scorso,
scrittami dal Padre Rettore, responsiva ad una mia che l’inviai prima di
partir d’Ancona, nella quale mi da notizie della morte del Fratello Giacomo di Paliano.
Atteso la mutazione qui seguita del
Principe di Valachia, in luogo di cui è venuto da Costantinopoli con magnifica
pompa un altro eletto dalla Porta a prendere il possesso del Principato, si
sono perdute delle lettere che venivano per la posta anche da altre persone. Ma
per l’avvenire spero che le riceveremo per la via di Costantinopoli per mezzo
del Signor Brattis, a cui ella avrà la bonta di diriggerle, che egli poi ce
le trasmetterà a noi per canale sicuro.
Grazie al Signore siamo stati
sempre bene, e quantunque l’inverno sia stato molto rigido, non m’ha però dato
fastidio altro che all’Altare, in cui m’accadde talora di trovare nella
sunzione le specie sagramentali come neve agghiacciata e, ritornato in sagristia,
aver le mani così irrigidite che non poteva neppur sciogliermi il cordone,
onde provava ribrezzo quando andava a celebrare; ciò nonostante però sempre
abbiamo detto la Santa Messa. Un fiume che passa in questa città lo vidi
per tre mesi continui congelato, ed il Danubio erasi agghiacciato di tal
maniera che ci passavano sopra con tutta sicurezza e carri e cavalli e
carrozze, ed in Bulgaria sento dire che fa ancora più freddo di qui, ma di
questo non mi piglio pena, perché ci sono stati gli altri, ci potremo stare
anche noi.
Monsignore ci dice che non è
costume della Sacra Congregazione mandare l’assegnamento che allor quando
è compito l’anno, sicchè ci toccherebbe aspettare l’annata fino al fine di
luglio dell’anno venturo, ed in tal caso noi come potremmo sussistere? Qui ci è
convenuto di provederci a punta di denaro delle cose più minute, e perfino dei
piatti, pignatte e non sarà poco se ci troveremo le tavole per dormire. Ho
inteso però che c’è della paglia in abbondanza. Io spero che la Sacra Congregazione sia per favorirci; caso però che avesse difficoltà, confido
nella Paternità sua, che in qualche maniera ci ajuterà.
Io vado volentieri, e spero di
ritornare, ma vi sono dei pericoli, o per parte dei Turchi, o per la peste, che
non sono ancora due anni, fece tal strage in Rusciuch che vi morirono 12 mila
persone, dei cattolici però nessuno, ma solo pochi in qualche villaggio. Onde,
se mai il Signore volesse che qui finissi la vita, son contento. La ringrazio
di cuore della bontà che ella sempre ebbe per me; le dimando genuflesso perdono
di tutti i disgusti che l’ho dati, e de’ miei mali portamenti con cui
pregiudicai alla Congregazione, a cui chiedo perdono, e raccomandandomi alle
orazioni della Paternità Sua e di tutti i Religiosi, col bacio delle sagre
mani la preghiamo della Sua benedizione.
Devotissimo
Obbedientissimo Servo e Suddito
Francesco
Maria del Divino Amore
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