Un saggio che indica qualcosa.... |
Come già ben sai, mio caro lettore, all'inizio di maggio Papa Francesco verrà a visitare la Bulgaria, e sosterà solo nelle città di Sofia e Rakosvski.
Come ben puoi ben immaginare, anche qui nella periferia bulgara della periferia d'Europa alcuni (non tutti, perchè purtroppo l'indifferenza e l'apatia diffondono i lor tentacoli pure qui...), trepidanti, lo stanno aspettando, ed ogni giorno scrutano gli orizzonti fisici e mediatici in cerca dei segnali di questa venuta. E visto che sarà a Sofia, a soli 199 km da qui... ci stiamo preparando per andare a Sofia ad accoglierlo, incontrarlo e ascoltarlo.
Come ben puoi ben immaginare, anche qui nella periferia bulgara della periferia d'Europa alcuni (non tutti, perchè purtroppo l'indifferenza e l'apatia diffondono i lor tentacoli pure qui...), trepidanti, lo stanno aspettando, ed ogni giorno scrutano gli orizzonti fisici e mediatici in cerca dei segnali di questa venuta. E visto che sarà a Sofia, a soli 199 km da qui... ci stiamo preparando per andare a Sofia ad accoglierlo, incontrarlo e ascoltarlo.
E tra i frammentari echi di tappeti ciprovciani, di concorsi pittorici e di candide vestine da prime comunioni, di rinnovati manti stradali e colorati posters su rinnovati condomìni, svettano e riecheggiano queste parole, provenienti dall'altra sponda del Mediterraneo, dal pastore del piccolo gregge che in Marocco pure aspetta il passaggio di Francesco per la fine di marzo.
Riporto qui papale papale la nota dell'Agenzia FIDES di qualche giorno fa:
La visita che Papa Francesco si accinge a compiere in Marocco il prossimo 30 e 31 marzo, sarà “un grande evento per la nostra Chiesa”, afferma l’Arcivescovo di Rabat, Mons. Cristòbal Lòpez. Come riporta una nota dell’Arcidiocesi di Rabat pervenuta a Fides e diffusa nella diocesi, “sarà una due giorni molto impegnativa, carica di incontri significativi”, a partire da quello con i migranti della Caritas diocesana della capitale e quello al centro sociale gestito dalle Figlie della Carità, alla periferia della città. Prevista anche la visita all’Istituto Mohamed VI per la formazione degli Imam, dei predicatori e delle predicatrici, e l’incontro con Sua Maestà il Re e il popolo marocchino sulla spianata della Moschea Hassan,
“Tutti i cristiani che vorranno incontrare il Papa durante la celebrazione della Messa potranno farlo - continua Mons. Lòpez -, bisognerà avere pazienza per l'attesa e passare le necessarie misure di sicurezza, ma sarà fondamentale esserci. L’Eucaristia, culmine e fonte di tutta la vita cristiana, sarà anche il culmine della visita di Papa Francesco e la fonte di tutto ciò che risulterà dalla sua presenza tra noi”.
Rileva Mons. Lopez: “Il Papa verrà in Marocco come pastore universale, padre di tutti i cristiani cattolici, persona di buona volontà che vuole incontrare tutti. E per tutti, si presenta come ‘Servo della speranza’. Viene per riempirci di speranza, per darci forza, per riprenderci dallo scoraggiamento, per infondere entusiasmo; viene ad annunciare il Vangelo a noi”.
“Da parte nostra, dobbiamo accoglierlo come un essere umano come noi, uno strumento che ci segnala Cristo, la voce che annuncia il suo messaggio, il Vangelo. La nostra preoccupazione e il nostro desiderio non dovranno essere quelli di stringergli la mano o fare un selfie con Lui. L'attenzione deve essere posta sull'ascolto delle sue parole, sulla ricezione del suo messaggio, testimoniato da parole e gesti. ‘Quando il saggio segnala il sole con il dito, l'idiota guarda il suo dito’, dice un proverbio. Il Papa non è il sole; lui è il dito; guardiamo il sole, che è Cristo, e non il dito. Arriva il Papa: prepariamoci!” conclude Mons. Cristóbal. (MR/AP) (25/2/2019 Agenzia Fides)
Altre sponde, altra gente... ma penso che sia un invito adatto anche per me ed i miei cari belenciani. Penso che nessuno di noi desideri essere l'idiota che guarda il dito... per cui iniziamo a prepararci per guardare il sole. Grazie al cielo il Papa non verrà a Belene, e quindi non dobbiamo affannarci preparare tappeti, asfaltare strade, cucire vestine, spostare banchi e sedie... e così siamo più liberi per prepararci a ricevere il suo messaggio, ad essere attentissimi alle sue parole ed ai suoi gesti.
Per ora, oltre alla preghiera quotidiana per la pace, abbiamo previsto 5 incontri di preparazione, ed il primo sarà il prossimo giovedì 7 marzo:
"Una Chiesa in uscita verso... migranti, rifugiati, poveri, malati, carcerati, ultimi...".
Ascolteremo le parole del Magistero di Papa Francesco seminate lungo il mondo e lungo il pontificato, rivedremo immagini e filmati dei suoi gesti simbolici in queste direzioni. Per imparare la sua lingua. Come già da qualche anno stiamo facendo, seguendo l'invito della Evangelii Gaudium a trasformarci in chiesa missionaria.
Indimenticabili le parole di Papa Francesco durante l'Angelus del 6 settembre 2015, che sembrano quasi rivolte a noi belenciani, che di ponti ed isole siamo esperti:
"Dio non è chiuso in sé stesso, ma si apre e si mette in comunicazione con l’umanità. Nella sua immensa misericordia, supera l’abisso dell’infinita differenza tra Lui e noi, e ci viene incontro. Per realizzare questa comunicazione con l’uomo, Dio si fa uomo: non gli basta parlarci mediante la legge e i profeti, ma si rende presente nella persona del suo Figlio, la Parola fatta carne. Gesù è il grande “costruttore di ponti”, che costruisce in sé stesso il grande ponte della comunione piena con il Padre...
Spesso noi siamo ripiegati e chiusi in noi stessi, e creiamo tante isole inaccessibili e inospitali. Persino i rapporti umani più elementari a volte creano delle realtà incapaci di apertura reciproca: la coppia chiusa, la famiglia chiusa, il gruppo chiuso, la parrocchia chiusa, la patria chiusa… E questo non è di Dio! Questo è nostro, è il nostro peccato.
Eppure all’origine della nostra vita cristiana, nel Battesimo, ci sono proprio quel gesto e quella parola di Gesù: “Effatà! - Apriti!”...
Cari fratelli e sorelle,
la Misericordia di Dio viene riconosciuta attraverso le nostre opere, come ci ha testimoniato la vita della beata Madre Teresa di Calcutta, di cui ieri abbiamo ricordato l’anniversario della morte.
Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere “prossimi”, dei più piccoli e abbandonati. A dare loro una speranza concreta. Non soltanto dire: “Coraggio, pazienza!...”. La speranza cristiana è combattiva, con la tenacia di chi va verso una meta sicura.
Pertanto, in prossimità del Giubileo della Misericordia, rivolgo un appello alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa ad esprimere la concretezza del Vangelo e accogliere una famiglia di profughi. Un gesto concreto in preparazione all’Anno Santo della Misericordia.
Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa ospiti una famiglia, incominciando dalla mia diocesi di Roma.
Mi rivolgo ai miei fratelli Vescovi d’Europa, veri pastori, perché nelle loro diocesi sostengano questo mio appello, ricordando che Misericordia è il secondo nome dell’Amore: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).
Anche le due parrocchie del Vaticano accoglieranno in questi giorni due famiglie di profughi".
La locandina dei cinque incontri con cui la Comunità Cristiana di Belene si prepara per andare a Sofia ad incontrare il Papa. |
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