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25 luglio 2020

Cosa fa Dio di notte? Dorme, e sogna Belene, ovviamente.


Dopo tante favole e favolose favolette, che nulla hanno a che fare con la realtà, uno potrebbe pensare che la vita è un favoloso sogno. E che chi dorme, non solo non piglia pesci, ma anche si ubriaca di sogni…

C’era solo una possibilità su sei miliardi, otto anni fa. Solo una persona tra i sei miliardi di esseri viventi al mondo avrebbe potuto essere scelta (perché viene scelta, come nelle estrazioni del lotto non truccate, neh, mica uno può autoscegliersi…). Solo uno, perché è sufficiente, uno basta ed avanza.
E, chissà come, chissà perché, chissà in seguito a quali ricerche e studi e consultazioni… uno tra sei miliardi venne scelto e, guardacaso, per curare, gestire e promuovere l’unico santuario al mondo dedicato al beato Eugenio Bossilkov (che casualmente si trova a Belene)… venni scelto io.
Valli tu a vedere i casi della vita!
E, prendendone possesso esattamente l’8 settembre 2012 alle ore 11,05 del mattino… cominciò la storia.
Confesso che all’inizio ero un po’ frastornato: aldilà del fatto che mai nella mia lunga vita avevo diretto un santuario e neppur partecipato ad un corso su come gestire i santuari… questa cosa qui non corrispondeva certo ai miei sogni!
Ho sempre sognato di fare il Papa, o almeno un Vescovo, di guidare le folle, di gestire un popolo, di correre qua e là, sempre in attività, senza mai annoiarsi. Ho sempre sognato di giocare in attacco, mica di stare in panchina o sugli spalti a guardare gli altri giocare.
Dopo diciassette anni di seminario e dieci anni di gregario a guardare i bambini nel cortile dell’oratorio, giunto alla maturità (perché a 40 anni non si è più giovani, ma adulti…), sognavo di poter mettere le mie forze, la mia preparazione, le mie enormi energie a zappare, arare, vangare, irrigare, potare, vendemmiare la vigna…
Ed invece eccome là, sol 8 anni anni fa, che sembrano un secolo, ad essere Rettore non magnifico di un santuarietto di campagna dove in un anno, per sbaglio, ci capitano 4 pellegrini, quando l’annata è buona. E per 364 giorni all’anno è una scatola vuota.
E cosa potevo farci io, se con la fortuna che ho, tra le sei miliardi di teste possibili, questa tegola era caduta proprio sulla mia testa?!? Pazienza…
Dopo la prima settimana di zero pellegrini, zero attività, zero di tutto, beh… mi son messo sulla poltrona, e mi sono appisolato. E l’intenzione era di starmene lì, a sonnecchiare e fare passare il tempo. Comodo, comodo, senza dar fastidio a nessuno. Che pacchia! Dieci anni passano alla svelta, tra uno sbadiglio e l’altro… Tanto… non c’era niente da fare.
E ho fatto un sogno. Oppure sono entrato in interferenza coi sogni di qualcun Altro… Boh…
Ed il mio sogno fu questo (e, col rischio di bestemmiare, a me mi pare più il sogno di Dio, e non il mio: a quei tempi sognavo altri sogni, di gloria e potere, mica questi incubi divini…).
Quel sogno, in breve, era così: il Santuario di Belene pieno zeppo di fiori, di voci e di vita e di gente di tutte le età e tutti i colori, e sorrisi, strette di mano, balli e canti. Ed io insieme a qualche mio confratello che accoglievamo, guidavamo, parlavamo con i pellegrini. Fine.

Se invece vuoi saperne di più, con dovizia di particolari, il sogno era più o meno, così:

Ero lì che sonnecchiavo sul mio comodo divanetto, scacciando con una mano a mò di coda di cavallo le mosche noiose e le noiose zanzare.
E… cosa volete che successe? Mi addormentai.
Mi sveglio spaparanzato su una morbida e soffice e comoda balla di cotone, sognando di starmene in quel paradiso di pace e morbidezza per sempre, quando una grande mano spunta dal cielo e con le sue grandi dita punta proprio verso di me, a mò della manona del Cristo della cappella Sistina.
Io, che mica sono Adamo, al posto di protendere la mia mano mi rigiro e mi rannicchio un po’ spaventato sul divano, in posizione fetale, come si dice in gergo, e le ditacce di quella manaccia minacciosa (perché ridi, e pensi che è stupido aver paura di Dio, Amore e Misericordia? Vorrei veder te se ti compare una manona di 500 metri di larghezza sopra la testa! Te la faresti nelle braghe anche tu!), si protendono e mi afferrano per la collottola, come si afferrano i gattini, e mi sollevano dal mio caldo comodo soffice divanuccio.
Provo a divincolarmi, e scalciare, e a far ruotare le braccia… ma, accidenti, quella manona mica mi molla, e… bum! Ad un certo punto mi molla, e inizio a precipitare, senza paracadute, sempre più giù, più giù in quegli inferi celestiali. E vedo la terra che si avvicina, o meglio l’acqua: sotto di me un mare, immenso, impetuoso, scuro… mica la spiaggia di Sharm el Sceik con le sdraio e gli ombrelloni…
Mi preparo all’impatto con l’acqua di quel vasto oceano, mettendomi a candela, coi piedi uniti sotto, per ridurre la violenza dell’impatto (e comincio a pensare che non so nuotare… ma comunque, un problema alla volta… per ora pensiamo all’impatto). Ma… cavolo… e quello lì cos’è!?! Che sfortuna! In mezzo all’oceano deserto… una piccola isoletta… e proprio sotto di me! Ma che fortuna! E mò? Pazienza… speriamo che almeno qualcuno mi raccolga col cucchiaino e mi metta in un vasettino da spedire a Cicola…
Ormai rassegnato, do un’occhiata in giù, ed un secondo prima di spiaccichiarmi proprio al centro di quella isolata isola (mica sulla morbida spiaggia, neh!, e neppure sui soffici boschi tutto all’intorno! Proprio in una deserta radura proprio al centro! Ci manca solo la X in mezzo…), beh, un nanosecondo prima di schiantarmi riesco a leggere un cartello stradale mezzo arrugginito abbandonato lì in mezzo chissà da quanto, e sul cartello c’è scritto: BELENE.
Mi sveglio di soprassalto. E per lo spavento, svengo immediatamente.
Apro gli occhi, e mi rigiro sul divano, e con orrore scopro di essere al centro di quell’isoletta su cui ero testè precipitato. Attorno a me, in cerchio, una folla di persone, più o meno (probabilmente di più) centoquarantaquattromila, di tutte le età ed i colori, vestiti con vestiti bianchi, così bianchi che più bianco non si può. E tutti che parlano insieme, rigorosamente in dialetto bergamasco, all’unisono, e raccontano chi sono, le loro storie… una cacofonia tuttosommato sinfonica… riesco a cogliere qualche parola qua e là… qualche nome, qualche data… la testa sta per esplodermi! Ah, come era bella la pace ed il silenzio del santuario vuoto! Ma che male ho fatto per precipitare in questo caos?!? E allora, tenendomi la testa fra le mani, grido, e gridando mi sveglio di soprassalto, gridando: “Bastaaaaa! Basta! Tacete!!!!”.
            Sono sveglio, di nuovo al comodo nel mio divano davanti al mio santuario vuoto. La gatta mi guarda un po’ storto, pensando: “Ma cos’ha da gridare questo qui?? E’ tutto suonato!”. Per fortuna è stato solo un brutto incubo. Rigustandomi la pace e la tranquillità del chiostro deserto, mi riappisolo di nuovo.
Oddio! Dio mio! Sono di nuovo nella radura sull’isola! Meno male che però che quei candidi mostri famelici vestiti di bianco non ci son più. Vabbè… già che ci sono… anche se la curiosità è femmina… diamo un’occhiata in giro. Giro dietro il cartello con scritto su Belene, e… non l’avessi mai fatto! Dietro il cartello e dietro la prima fila di alberi (e poi perché prima fila? C’era solo quella…), ammassati sulla spiaggia, i centoquarantaquattromila pupazzi di neve circondavano tutta l’isola (avrai capito che era proprio un’isoletta, del diametro di 100 metri, neh! Quindi immagina che brulicume di gente su quel litorale!).
Appena sbuco dalla verzura… quelli tacciono immantinentemente di colpo, e si crea un gran silenzio, e tutti gli occhi loro sono fissi su di me.
Un po’ imbarazzato, dico, cercando di evitare che mi sbranassero e lisciando un po’ il pelo al gatto: “Beh… ragazzi… Buongiorno… Come la butta? Un bel sole né? Stupenda questa vostra isola… Cos’è che state facendo di bello? Serve una mano?”.
Non l’avessi mai detto!
Un tizio esce dal gruppo, si avvicina a me, e mi dice: “Oh, salve ragazzo! Ti stavamo aspettando! Grazie al cielo sei arrivato! Ma certo che ci serve la tua mano, magari anche tutte e due! Vieni, vieni…”.
“Beh… ma a far che?”, dico io, titubante. Sai, dai un dito, e poi ti prendono il braccio…
“Come, non hai capito?” mi dice quello.
“Beh… a dire il vero, no”, rispondo, allargando le braccia.
“Non preoccuparti, neh! Stiam facendo una cosa semplicissima. Abbiamo pensato di fare una festicciola. Ci siamo rotti di star qui isolati su questa isoletta isolata, e siccome c’è ancora tanto posto, abbiam deciso di fare un ponte verso nord, uno verso sud, uno verso est, ed uno ovviamente verso ovest, altrimenti si offende. Così, quando arriveremo alle rispettive sponde, possono venire qui tutti quelli che vogliono, e voglia il cielo che vengano tutti! E tu capiti a fagiolo! Sei un bergamasco, no? Che razza eccelsa di muratori! Sei piovuto nel cielo proprio nel posto giusto al momento giusto! Su, dai, vieni, ti presento agli altri e poi ci dai una mano a far su i ponti”.
E così fui cooptato, contro mia voglia, a far su cemento e spaccar giù pietre. Ed il tempo passava, ed i ponti si allungavano. Finalmente giungemmo alle rispettive sponde, e la gente cominciava a venire, l’isoletta a riempirsi, ed era davvero un sogno che stava realizzandosi, quando all’improvviso… patapùm! I ponti crollarono sincronicamente. Bum, bum, bum e bum, tutti e quattro i ponti vanno giù.
Ed al clamor dei crollanti ponti mi risveglio di soprassalto. E con gioia scopro di non essere sepolto sotto le macerie coi cadaveri dei pellegrini, ma al tepore comoduccio della mia poltrona preferita, davanti al mio bel santuario vuoto. Guardo l’orologio, e vedo che son passati solo cinque anni dall’inizio del mio lavoro di custode del santuario vuoto. “Mamma mia! Il tempo qui non passa più… Cià, schiacciamoci un altro pisolino… E mi addormentai di nuovo…
Stavolta, per fortuna, nessun sogno. Che goduria! E dopo tre anni ancor sonnecchio, e comodamente spaparanzato sulla mia poltroncina, con un occhio schiaccio un pisolino, e con l’altro guardicchio i muratori bulgari che da tre anni stan ristrutturando il mio santuario chiuso e vuoto da tre anni. Ah, che goduria questo lavoro! Buonanotte a tutti! E speriam di non far più brutti sogni. Per almeno altri due anni…

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