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11 agosto 2020

La micidiale bianca neve ed i sette Nànovi di Bèlene

Non so se hai mai trascorso un inverno nei Balcani. Provare per credere. 
Credimi, fa un freddo birichino, e tormente di neve, e temperature artiche siberiane. 
Mica bao bao micio micio. Quando arriva il generale Inverno, si scaldi chi può! 
Addirittura, qualche volta, durante gli inverni più rigidi ed invernosi, anche la superficie del grande fiume Danubio ghiaccia. Non è proprio come la banchisa dell’Antartide od il pack della baia di Hudson, ma ugualmente blocca la circolazione delle navi, e quindi… arriva la cavalleria! 
In passato addirittura mandavano i bombardieri a bombardare le lastre di ghiaccio, perché se si incastrano formano una specie di diga, e poi il Danubio esce dal suo caldo letto, e son guai. 
Quell’anno baba Snejanka, che viveva sola soletta su di un’isoletta dirimpetto a Belene, osservò per giorni la neve cadere come cotton fiok senza sosta, e pure la colonnina di mercurio scendere a precipizio verso gli inferi ghiacciati di dantesca memoria. 
Non la finiva più di nevicare, e non la finiva più di fare sempre più freddo. 
E così, dopo quaranta giorni e quaranta notti di neve e freddo, giorni lunghi e amari, il Danubio ghiacciò, e lei si ritrovò isolata e separata dal mondo civile, e la sua casetta sepolta sotto ben dieci metri di neve. 

La nonnetta arziletta, dopo aver tentato inutilmente di spazzar via quella mastodontica coltre bianca, prese su il telefono e fece uno squillo alla Mission Pession Disgreghiaccion, la miglior ditta presente a Belene (era l’unica…) esperta in rompitura del ghiaccio e spazzamento della neve: 

“Pronto? Parlo con la Mission Pession Disgreghiaccion”? 

“Un caldo buongiorno a lei, signora! Ma certo! Siamo calorosamente lieti di ascoltare le sue teporose richieste! Con noi Gesualdo sta sempre al caldo! Dica pure”, rispose la segretaria. 

“Sono la baba Snejanka, quella che abita sull’isola di fronte a Belene. Il Danubio è ghiacciato, son sepolta dalla neve, e non riesco ad uscire di casa per andare a messa. E se non vado a messa domenica, come mi salvo? Potete mica mandare qualcuno a salvarmi”? 

“Ma certo, cara baba. Stia serena. Le invio subito i sette fratelli Nanovi, ed in un battibaleno vedrà di nuovo la luce”, rispose gentilmente. 

E fu così che i sette Nanovi, in ordine di età dal più vecchio al più giovane: Sestolo, Quintolo, Quartolo, Terzolo, Secondolo, Primolo e Zerolo (qui la mamma si era fermata, pur desiderando una femmina, non volendo chiamarla Menounola…, che non è un gran nome), saltarono sulla rompighiaccio atomica Tasfondeme (una vera signora nave rompighiaccio, possente, imponente, dirompente, mica una barchetta di san Pietro…), ancorata nel porto di Belene, e rompendo il ghiaccio come un grissino in un battibaleno si diressero verso l’isola di baba Snejana. 

Ma quando furono in mezzo al gelato Danubio, avvenne il patatrack. Il pack, un po’ infuriato per questa rottura di ghiaccio, strinse le sue spire e bloccò la Tasfondeme in una morsa di ghiaccio, ed iniziò a stritolarla, come un boa constrictor stritola la malcapitata pecorita smarritella. 

I sette nerboruti fratelli Ninovi ci provarono in tutte le maniere a divincolarsi da questo gelido abbraccio, ma quello non mollava mica. E fu così, che piano piano, tra un assordante cigolio di lamiere sfrigolanti, il ghiaccio stritolò la rompighiaccio, e la natura prese il sopravvento. Cose mai viste! 

I sei maggiori fratelli Ninovi erano confusi, e tutti e sei, tranne Zerolo, sbraitavano: “Ci servono aiuti! Chiamate rinforzi! Dobbiamo salvare la nave! Siamo troppo pochi! Mandateci rinforzi, da dove volete, dalla Polonia o dall’Indonesia, ma basta che ce li mandate!”, e spedirono messaggi di soccorso su tutti i canali radio disponibili. 

Zerolo provò qualche volta ad alzare il dito, come per dir qualcosa, ma i fratelli più grandi non lo lasciavano parlare, anzi, gli dicevano cose del tipo: “Taci! Che vuoi saperne tu? Vai a fare questo… Vai a fare quello… Tira di qui… Tira di lì. Dacci una mano a salvare la rompighiaccio!”. 

Finalmente, mentre tutti spossati sulla tolda assistevano a quello scatafascio e levavano sconsolati gli occhi all’orizzonte da dove non arrivava nessuno, Zerolo riuscì, dopo aver alzato il ditolo, a parlare, e disse: “Ma fratelli… non eravamo partiti per salvare baba Snejanka? Come mai allora stiam qui a perder tempo a salvare la nostra nave? Quella là sta morendo congelata… Piantiamola qui in mezzo al Danubio, ed andiamo a salvare la baba!”. 

Apriti cielo! Non avesse mai aperto bocca! 

Quelli, irritati ed accalorati, all’unisono gli urlarono dietro: “Ma come ti permetti? Sei l’ultimo arrivato! Ma chi ti credi di essere tu? Non vedi che la nave affonda? Non vedi che siamo in pochi, e ci serve aiuto? Se perdiamo la nave… perdiamo tutto!”. 

Zerolo, per nulla intimidito di quegli starnazzi, con il suo solito sorriso birichino da bambino, girò la piaga intorno al dito, e disse: 

“Oh, cari fratelli, più muscolosi e più adulti di me, scusate, scusate tanto… Non volevo irritarvi od offendervi… In cosa posso aiutarvi, io, deboluccio, rachitico e minuscolo… Non son mica forte ed esperto come voi… Qui vi sono solo d’intralcio… Ascoltate… Secondo me andare in tanti a salvare baba Snejanka non serve… saremo in troppi. Se volete vado io da solo…”. 

“Bravo! Sì, vai, vai, così togli il disturbo. Non ha senso perdere tempo per salvare una vecchietta. Vai, tanto anche se non ci sei, non cambia nulla! Vai a perder tempo con la tua vecchietta. Noi staremo qui a cercare di salvare la nave che affonda, e continueremo a cercare aiuto e rinforzi. Vattene, pulce! Pussa via!”. 

E così il piccolo Zerolo si calò dalla murata della nave, e con la sua piccola pala da neve (i fratelli ce le avevano più grosse, le pale, che ovviamente son proporzionate al fisico), si diresse verso la casa di baba Snejanka, aprendo un piccolo tunnel in quell’ammasso di bianca neve. 

Giunse alla casetta e trovò la baba mezza assiderata. 
Se la caricò sulle spalle e fece dietrofront. 
Arrivato in mezzo al Danubio, scorse la carcassa della rompighiaccio, e sul ponte i suoi sei fratelloni, ormai congelati come baccalà, simili alla moglie di Lot (ve la ricordate la moglie di Lot, no?). Ovviamente non si fermò neanche un secondo: a che scopo perdere tempo ed energie per sghiacciare i rottami di una nave e scongelare 6 stoccafissi surgelati? 

E così Zerolo, con la baba in spalla, arrivò a Belene. 

E portata la Baba Snejanka in un alberghetto, la fece rifocillare, e disse al padrone di farle una bella cenetta e darle una calda cameretta. E poi di mandare la fattura alla Mission Pession Disgreghiaccion, che ci avrebbero pensato loro a coprire le spese. 

E fu così che la Baba Snejanka quella domenica potè andare a messa e salvarsi l’anima, dopo esser stata salvata dal piccolo Zerolo Nanov. 

Certo, dispiace per la nave persa… ma di navi se ne possono sempre costruire di nuove. 

Eh… un po’ dispiace anche per i sei Nanovi morti congelati sul relitto… ma che ci vuoi fare? Erano liberissimi di scendere, e non solo si sarebbero salvati: avrebbero pure contribuito alla salvezza della Baba Snejanka! 

Invece han preferito lottare strenuamente fino all’ultimo respiro per salvare la propria nave: e così han perso sia la nave, sia la vita. Definirlo asini sarebbe un complimento… Ma non giudichiamoli: esiste il libero arbitrio, e loro liberamente han scelto il loro destino. Pace all’animaccia loro.

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