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10 ottobre 2020

Senza via di scampo

La Grande Guerra ormai imperversava da anni, ed ormai il Regno di Belene era accerchiato e prossimo ormai alla capitolazione. 

Cominciata nelle più lontane periferie del Regno, per quisquiglie di poco conto, era poi avvampata come fuoco scoppiettante nelle secche stoppie, mettendo tutto sottosopra. 

A poco a poco i nostri prodi Belenciani erano arretrati, e colpo dopo colpo avevan perso territorio. 

Vedendo ormai prossima la prossima fine, il Re Sigismondo Capotondo, dopo aver visto dagli spalti le truppe del nemico accerchiare il castello e porre l’assedio finale, chiamò a sé un drappello di sette delle sue più fidate guardie, che emaciate e provate da anni di battaglie e privazioni e delusioni, accorsero pronti al suo cenno, esclamando all’unisono: 

“Eccoci, o Re! Ai tuoi ordini!”. 

“Oh miei prodi! Ormai il Regno è perduto… ma non ancora tutto è perduto! Moriremo tutti, presto, ma non moriremo da morti: no, moriremo da vivi! Ho un’ultima missione da affidarvi!”. 

“Quello che dirai, lo faremo, nostro Re! Per Te e per il Regno, moriremo da vivi, e vivremo da morti!”. 

“Bene! Allora… io e la mia amata figlia, la principessa Cunegonda Testabionda resteremo davanti alla porta, e quando irromperanno i nemici, offriremo la nostra vita per il Regno. Ma voi ora vi asserraglierete nella Casa del Tesoro, al centro della piazza d’armi. E fino all’ultimo vostro respiro difenderete il Tesoro del Regno lì custodito. Capito?”. 

“Sì, vostra maestà!”. 

E fu così che, mentre dal cielo piovevano bombe, tra le fragorose frananti macerie dei palazzi ed il polverone soffocante di polvere e cenere, il Re Sigosmondo e la principessa Cunegonda si piazzarono davanti al portone centrale, mentre i magnifici Sette Cavalieri si rinchiusero nella Casa del Tesoro. 

Boati, grida, fuoco e fiamme, polvere e cenere, urla, spari. 

Le ore passarono, e passarono i giorni. 

I magnifici Sette, chiusi dentro al buio, disposti a cerchio attorno al Tesoro, aspettavano l’ineluttabile. 

Ad un certo punto, un giorno Pierino il Soldatino osò chiedere timidamente: “Capitan Fido! Non è che invece di star qui a girarci i pollici… potremmo spalancare la porta, uscire e provare a portar via e mettere in salvo il Tesoro, e magari anche il Re e la Principessa?” 

Ma il Capitan Fido rispose, seccato: “Ma sei tutto scemo? La missione affidataci è chiara! Proteggere il Tesoro. Quindi… zitto e mosca!. 

Dopo sette giorni, dopo aver ormai esaurito l’acqua ed i viveri, quando ormai i Sette erano allo stremo, gli spari, le urla, la cenere, la polvere, le fiamme, il fuoco, le grida ed i boati cessarono all’improvviso, per la prima volta. 

Il Capitano Fido Affidabile, intuì che fuori tutto era finito. Allora disse ai suoi: “Ecco, ci siamo! State pronti! Ormai non c’è più nessuna via di scampo! Presto avremo l’onore di morire per il Regno!”. 

I Sette serrarono i ranghi, tutti tesi a vendere cara la loro pelle e morire con onore. 

Ma i minuti passarono, e poi le ore. Ed il silenzio diveniva sempre più assordante. 

Allora il solito Pierino il Soldatino chiese: “Ragazzi… che ne dite se vado su per la botola sul tetto, a vedere cosa sta succedendo?!?”. 

“Ma sei rimbambito? – risposero in coro canzonandolo – Noi dobbiamo difendere il Tesoro e basta!” 

Passarono 24 ore di totale silenzio. Poi ricominciarono i boati, le grida, e la puzza di polvere da sparo tornò a riempire la stanza. 

“La battaglia è ripresa!” – sentenziò Capitan Fido – “Serrate i ranghi”! 

I Sette serrarono allora i ranghi. Ma ormai, assetati, affamati ed allo stremo… uno alla volta cominciarono a morire d’inedia. 

Dopo la morte del primo, Pierino il Soldatino disse: “Capitano… posso aprire la finestrella sul lato nord, per veder cosa succede? Magari potremmo uscire di lì…” 

“Neanche per sogno!”, rispose Capitan Fido. “Qui siamo e qui restiamo! La nostra missione è difendere il Tesoro. Nessuna via di scampo!” 

Dopo la morte del secondo, Pierino il Soldatino disse: “Capitano… posso aprire la finestrella sul lato sud, per veder cosa succede? Magari potremmo uscire di lì…” 

“Neanche per sogno!”, rispose Capitan Fido. “Qui siamo e qui restiamo! La nostra missione è difendere il Tesoro. Nessuna via di scampo!”. 

Dopo la morte del terzo, Pierino il Soldatino disse: “Capitano… posso aprire la finestrella sul lato est, per veder cosa succede? Magari potremmo uscire di lì…” 

“Neanche per sogno!”, rispose Capitan Fido. “Qui siamo e qui restiamo! La nostra missione è difendere il Tesoro. Nessuna via di scampo!”. 

Dopo la morte del quarto, Pierino il Soldatino disse: “Capitano… posso aprire la finestrella sul lato ovest, per veder cosa succede? Magari potremmo uscire di lì…” 

“Neanche per sogno!”, rispose Capitan Fido. “Qui siamo e qui restiamo! La nostra missione è difendere il Tesoro. Nessuna via di scampo!”. 

Dopo la morte del quinto, Pierino il Soldatino disse: “Capitano… posso aprire la botola nel pavimento e uscire dal tunnel delle fogne, per veder cosa succede? Magari potremmo uscire di lì…” 

“Neanche per sogno!”, rispose Capitan Fido. “Qui siamo e qui restiamo! La nostra missione è difendere il Tesoro. Nessuna via di scampo!”. 

Dopo la morte del Capitano, Pierino il Soldatino, rimasto solo, si disse: “Cavolo! Son morti tutti… e son rimasto solo io! Ormai è inutile uscire… avrei ancora un piccolo barlume di curiosità di salire su per la canna fumaria del camino per sbirciare fuori…. Ma ormai è inutile. Non ho più neppure la forza di alzare un dito… Basta. Non c’è più nessuna via di salvezza. Completerò la missione e renderò l’anima a Dio”. 

E, dettosi questo, si sdraiò sulla cassa del Tesoro, aspettando la morte, che non arrivava più. 

Dopo qualche ora, quando ormai era catatonico e stava per tirar le cuoia, tra il frastuono degli scoppi e delle urla, qualcuno bussò alla porta, con insistenza. 

Pierino il Soldatino, raccogliendo gli ultimi barlumi di forze, strinse forte l’elsa della spada, e si alzò in piedi, pronto all’irruzione del nemico ed a difendere fino alla fine il Tesoro. 

Il bussamento si fece più insistente, accompagnato da una voce familiare: “Allora! Aprite suvvia! Cavalieri! Aprite immantinemente! Aprite al vostro Re, mie prodi!”. 

Con suo grande stupore Pierino riconobbe la voce dell’amato Re Sigismondo e, trascinandosi a stento riuscì a socchiudere il chiavistello e sussurrare: “Mio Signore! Missione compiuta! Il Tesoro è salvo, il Nemico non l’ha toccato! Tutti gli altri sono morti oggi… son rimasto solo io!”. 

“Oh, Pierino! Ma perché non siete usciti ieri, quando la guerra è finita?!?”. 

“Finita? Ma se si odono ancora boati ed urla?!?!”. 

“Ma… Pierino! Sono fuochi d’artificio ed urla di gioia! Ieri, quando i nemici han sfondato le porte, il loro Re Scapolone si è trovato davanti la Principessa Cunegonda, e colpito dalla sua bellezza e pure da un fulmine a ciel sereno, ha deposto le armi e mi ha chiesto la sua mano. E pure lei si è rimasta fulminata da lui. Io allora gliel’ho data tutta, mica solo la mano, e dopo un giorno di trattative e quisquiglie diplomatiche… abbiam cominciato i festeggiamenti. Io pensavo che voi foste usciti ed uniti alla festa… Invece… siete rimasti chiusi qui dentro… Ma cavolo! Non potevate dare una sbirciatina fuori!?!?”. 

“Mio Signore… io ci ho provato a dire che… ma Capitan Fido e gli altri… dicevano che… la nostra missione era di difendere il Tesoro… che non c’erano vie di fuga… di non uscire… di aspettare… di star lì fermi… che non c’erano prospettive… che io ero tutto scemo…”, e detta quest’ultima altisonante parola, il povero Pierino spirò.

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