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22 novembre 2020

Urca! Domenica il Re viene a visitare Belene!


C’era una volta, prima che squillassero i primi cellulari, prima che formattassero i primi compiuters, prima che accendessero le prime televisioni, prima che scoppiassero la seconda e pure la prima guerra mondiale, un piccolo paesino tranquillo sulle rive del tranquillo Danubio, ed il nome di quel tranquillo paesello era Belene. Un paradiso di tranquillità, insomma. 

La vita a Belene scorreva tranquilla, lungo le tranquille acque del Danubio: gli uccelli volavano, i bambini giocavano, le oche starnazzavano, le acque bagnavano, il fuoco scottava, le galline covavano, le zanzare ronzavano, i ronzini scarrettavano, i lavoratori lavoravano, le persone nascevano, i nati crescevano, i vivi morivano, i morti li seppellivano, le nonne sedevano sulle panchine… comprese la baba Umna (quella che sapeva tutto di tutti) e la baba Medra (quella che non era mai andata a scuola, ma era la più saggia di tutti), le quali come al solito sedevano sulla panchina davanti alla stazione del treno, e chiacciheravano del più e del meno: insomma, per tagliarla corta, tutto era normale e abbastanza monotono, ripetitivo, prevedibile. 

Finchè… 
Finchè un un sabato giunse una notizia che mandò in tilt l’ameno tran tran di ogni abitante del villaggio: la domenica successiva il Re in persona sarebbe arrivato col treno a visitare Belene. 

Un evento simile non si era mai visto da quelle parti, e dopo l’iniziale perplessità dei più (del tipo: “Sicuramente è una bufala!”, oppure: “Ma va là! Cosa cavolo vuoi che ci venga a fare un Re qui da noi!”), piano piano un vibrio d’attesa s’insinuò nella tranquilla coscienza collettiva dei tranquilli belenciani, vibrio che s’irroborò dopo che qualcuno telegrafò a Sofia chiedendo conferma di tal reale visita e ricevette in risposta il seguente criptico ma lampante messaggio: 

“Visita Re confermata Belene. Domani, treno, saluti!”. 

E fu così che scese la normale notte che scende tutte le sere, ma quella notte molti non dormirono sereni e tranquilli come tutte le notti precedenti. 

Tanti bambini si agitarono irrequieti nei loro letti, sognando di spade e cavalieri, di draghi e battaglie, di re e di velieri… 

Tante giovanotte si struggerono abbracciando i cuscini, sognando di principi azzurri, di balli celestiali e di regine e di fatine… 

Tanti giovanotti vegliarono davanti alle appannate finestre, pensando a come conquistare le regine, o mal che vada le loro cugine… 

Tanti belenciani, seri e posati, invece passaron la notte a pulire e rammendare, a stendere bandiere tricolori e rosse passatoie, a lucidar gli ottoni e gli strumenti della banda, a lavare e stirare i lor vestiti migliori. 

E fu sera, e fu mattina, e così quella domenica mattina una folla immensa (mica tutti, neh, perché per alcuni quella era una bufala, e sono ancora convinti che lo fosse) si riversò sul piazzale della stazione, per aspettare il treno delle 10 e 17. Anche la baba Medra e la baba Umna, tirate a lucido, erano lì, sedute sulla loro solita panchina. 

E fu così che alle 10 e 16, puntuale come un orologio svizzero, il treno arrivò alla stazione, sbuffando e fischiando, e tutti si precipitarono sulla banchina trepidanti, mentre la banda attaccava la marcia reale. 

Ma dal treno non scese nessuno (la qual cosa era normale, visto che Belene era il capolinea, e di solito nessuno restava sul treno fino a lì…). Anzi… aspettate… ecco: dalla terza carrozza emerge una testa… non è coronata… ma… sì, dev’essere lui… ma certo… e tutti si precipitarono ad accogliere l’uomo che scendeva dalla terza carrozza. 

Era alto più di due metri, imponente, vestito con un’uniforme militare bianca come la neve, col petto strapieno di medaglie… ma certo: era lui il re! 

Baba Umna allora disse a baba Medra: “Guarda! E’ lui! Non può essere che lui, un potente guerriero e condottiero, vincitore di mille battaglie, forte, alto ed imponente! Su, andiamo ad accoglierlo!”. 

Fece per alzarsi ed andare, col suo bastone, ma baba Medra, tirandola per una manica la trattenne, dicendo: 

“Ferma, vecchia impulsiva! Mica è il Re quello lì!”! 

Ma la baba Umna, che sapeva tutto, si liberò dalla stretta, e si unì alla folla che come fiume si riversava verso il terzo vagone. 

E tutto il popolo convenuto, ad una voce, esclamò: 

“Benvenuto a Belene, o nostro amato Re!”, e si inginocchiarono come segno di onore e sottomissione. Compresa la baba Umna, con la sua artrite cronica. 

Quello, fermo sul predellino, tutto serio serio, come si conviene ad un Re, aspettò che la banda concludesse la marcia regale, e poi, scoppiando in una sonora risata, disse ridendo: 

“Su… su… in piedi… grazie per gli inchini… ma… non sono mica io il Re! Sono solo un vecchio generale in pensione, che vengo a ritirarmi qui nella casa di riposo dietro la chiesa…”. 

Sbigottiti e confusi, i belenciani dopo l’iniziale panico e figuraccia, si riscossero e chiesero: “Ma… ci scusi… allora dov’è il Re?”!?! 

“Beh… era sul treno con tutta la sua scorta e il suo corteo, ma è sceso nel paese di Kalnovo… probabilmente arriverà col prossimo treno…”. 

I belenciani, un po’ delusi se ne tornarono a casa a pranzo, e la baba Umna tornò a sedersi delusa accanto alla baba Medra, borbottando. 

Più o meno la stessa scena si ripetè quando arrivò il treno delle 14.33. Solo che stavolta, dal quinto vagone si affacciò l’unico passeggiero, un giovane bello ed impomatato, con giacca e cravatta, e con due valigie strapiene e strabocanti di banconote nuove di pacca. 

Mentre la gente si precipitava al quinto vagone e la banda attaccava di nuovo la marcia reale, la baba Umna, alzandosi, disse alla baba Medra: 

“Guarda! E’ lui! Non può essere che lui, un finanziere di successo, ricco, bello, intelligente! Su, andiamo ad accoglierlo!”. 

Fece per alzarsi ed andare, col suo bastone, ma baba Medra, tirandola per una manica la trattenne, dicendo: 

“Ferma, vecchia avida ed impulsiva! Mica è il Re quello lì!”! 

Ma la baba Umna, che sapeva tutto, si liberò dalla stretta, e si unì alla folla che come fiume si riversava verso il quinto vagone. 

E tutto il popolo convenuto, ad una voce, esclamò: 

“Benvenuto a Belene, o nostro amato Re!”, e si inginocchiarono come segno di onore e sottomissione. Compresa la baba Umna, con la sua artrite cronica. 

Quello, fermo sul predellino, tutto serio serio, come si conviene ad un Re, aspettò che la banda concludesse la marcia regale, e poi, scoppiando in una sonora risata, disse ridendo: 

“Su… su… in piedi… grazie per gli inchini… ma… non sono mica io il Re! Sono solo un banchiere scappato per aver fatto fallire una banca a Sofia, e vengo qui per nascondermi. Ma non ditelo a nessuno, neh!”. 

Sbigottiti e confusi, i belenciani dopo l’iniziale panico e figuraccia, si riscossero e chiesero: “Ma… ci scusi… allora dov’è il Re?”!?! 

“Beh… è salito sul treno a Kalnovo con tutta la sua scorta e il suo corteo, ma è sceso nel paese di Pojarevo… probabilmente arriverà col prossimo treno…”. 

I belenciani, un po’ delusi se ne tornarono a casa a pranzo, e la baba Umna tornò a sedersi delusa accanto alla baba Medra, borbottando di gusto. 



Quando arrivò il treno delle 17.52, la gente ad aspettare si era dimezzata: la maggior parte infatti era sicura che non ci fosse il due senza il tre… e farsi imbrogliare tre volte di fila non è molto regale! Comunque… 

Anche stavolta, dal treno non scese nessuno, se non, dal settimo vagone un distinto signore in frack, con sottobraccio rotoli di disegni e progetti. 

Mentre la gente si precipitava al quinto vagone e la banda attaccava di nuovo la marcia reale, la baba Umna, alzandosi, disse alla baba Medra: 

“Guarda! E’ lui! Non può essere che lui, che viene a mostrarci i suoi progetti per lo sviluppo della nostra povera regione! Su, andiamo ad accoglierlo!”. 

Fece per alzarsi ed andare, col suo bastone, ma baba Medra, tirandola per una manica la trattenne, dicendo: 

“Ferma, vecchia credulona! Mica è il Re quello lì!”! 

Ma la baba Umna, che sapeva tutto, si liberò dalla stretta, e si unì alla folla che come fiume si riversava verso il quinto vagone. 

E tutto il popolo convenuto, ad una voce, esclamò: 

“Benvenuto a Belene, o nostro amato Re!”, e si inginocchiarono come segno di onore e sottomissione. Compresa la baba Umna, con la sua artrite cronica. 

Quello, fermo sul predellino, tutto serio serio, come si conviene ad un Re, aspettò che la banda concludesse la marcia regale, e poi, scoppiando in una sonora risata, disse ridendo: 

“Su… su… in piedi… grazie per gli inchini… ma… non sono mica io il Re! Sono solo un ingegnere mandato qui per trovare il posto dove mettere la prima pietra di una nuova centrale atomica…”. 

Sbigottiti e confusi, i belenciani dopo l’iniziale panico e figuraccia, si riscossero e chiesero: “Ma… ci scusi… allora dov’è il Re?”!?! 

“Beh… è salito sul treno a Pojarevo, ma è sceso nel paese di Koshàrbelene……”. 

I belenciani, un po’ delusi se ne tornarono a casa a cena, e la baba Umna tornò a sedersi delusa accanto alla baba Medra, borbottando di gusto: 

“Hai visto, vecchia mia? Era tutta una presa in giro! Il Re andava a visitare Kosharbelene, non Belene!”. 

E siccome questa fu l’opinione comune, più nessuno si sognò di uscire ad aspettare l’arrivo del treno delle 20.44. Pure la baba Umna tornò a casa a mettere a letto le galline, e dopo le galline lei stessa. 

La baba Medra invece fu la sola che restò lì, sulla sua panchina davanti alla stazione, rompendo la sua tradizione di tornare a casa al tramonto. 

E così, quando il treno delle 20.44 arrivò, la baba Medra aguzzò gli occhi, casomai fosse sceso davvero il Re. Ma nessuno scese da nessuno dei sette vagoni. 

Stava per andarsene, quando le scappò l’occhio, ed osservando il macchinista, tutto sporco di carbone, con i vestiti logori ed i capelli arruffati, scendere dal predellino della locomotiva, balzò in piedi come una giovane gazzella, si precipitò davanti a lui come un missile, e gettandosi in ginocchio come una ragazzina, esclamò: 

“Benvenuto a Belene, o mio amato Re!”. 

Quello, fermo sul predellino, tutto serio serio, come si conviene ad un Re, scoppiando in una sonora risata, disse ridendo: 

“Su… su… in piedi baba!… Grazie per gli inchini… Suvvia… Non è che avreste un bagno dove lavarmi ed un piatto di minestra per il mio stomaco che brontola?!?”. 

“Ma certo, maestà! Venga, venga! Sto qui vicino”. 

E fu così che quella sera il Re si fermò da baba Medra… Non è che avesse molte altre prospettive, visto che era l’unica che c’era ad accoglierlo… 



La settimana dopo, in una tranquilla giornata, sulla panchina della stazione sedevano tranquille, come al solito, la baba Medra e la baba Umna. 

Quest’ultima, dopo un attimo di esitazione, chiese alla baba Medra: 

“Ma come sei stata fortunata, Medro! Ospitare il Re a casa tua! E ricevere da lui in regalo cento milioni di euri!!! Ora farai la gran signora… E… per noi… neanche un centesimo… Ma… come cavolo hai fatto a riconoscerlo? Che fortunata che sei…” 

“Beh… non è mica fortuna, neh! Han detto che arrivava domenica col treno… bastava aspettare il treno… mica era una bugia: han detto che sarebbe venuto, ed è venuto.”. 

“Sì, ma… Come facevi a sapere che non era quel generale potente, quel finanziere ricchissimo, quell’ingegnere promettente?!?”. 

“Beh, semplice: io conoscevo il Re! C’ho una sua foto sopra il letto: piccolo, magrettino, coi baffettini… il ritratto sputato di quel macchinista che è sceso dal treno delle 20.44!”. 

“Beh… ma perché cavolo non è arrivato prima, quando tutti lo aspettavamo?!? E perché è arrivato da solo, senza corteo? E tutto sporco, come un macchinista qualsiasi?!?” 

“Beh… lui ha preso il primo treno, per arrivare qui in mattinata, con tutto il corteo, ma quando è arrivato a Kalnovo si è accorto che un violento nubifragio aveva allagato il paese, ed è sceso con tutti per aiutare i poveri alluvionati. Poi è ripartito col treno successivo, lasciando lì una parte dei suoi soldati e dei dignitari, a dare una mano. 

Quando poi è arrivato a Pojarevo, c’era un violento incendio che stava divampando nel paese, ed è sceso con i suoi per aiutare coi secchi d’acqua quella povera gente a salvare le loro case. Quindi è ripartito col treno successivo, lasciando l’altra metà del suo corteo a dare una mano. 

Quando poi stava passando da Kosharbelene, ha visto dal finestrino che un branco di lupi voraci stava assaltando il gregge di un povero vecchio pastore, e allora ha fatto fermare il treno, e lui ed il macchinista han preso a bastonate i lupi, cacciandoli via. Quindi ha detto al macchinista di occuparsi lui di accompagnare il vecchio pastore col suo gregge a casa, e che lo avrebbe ricompensato al suo ritorno. Quindi, risalito sul treno, essendo ormai rimasto solo lui, ed avendo promesso ai belenciani di visitarli quella domenica, si è messo a spalare carbone e condurre il treno a Belene”. 

La baba Umna, che tutto sapeva, era rimasta a bocca aperta, e disse solo: 

“Urca! Domenica il Re è venuto a visitare Belene… e noi non lo abbiamo aspettato! Siam proprio dei rimbambiti! Che figura di marmellata!”. E sospirò. 

Anche la baba Medra sospirò, e disse: 

“Umno cara… pazienza. La prossima volta… non lasciarti ingannare dalle apparenze. Ormai conosci di persona il Re e la sua faccia. Quindi… anche se dovesse tardare un po’… anche se arrivasse sporco, senza vestiti, affamato, assetato, mezzo malato, con il pigiama a righe dei carcerati, con la pelle nera come il carbone africano… stavolta lo riconosceresti subito anche tu!”

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