23 settembre 2014

Di come 54 bulgari guidati da un bergamasco insieme ad un milione di albanesi hanno ricordato i martiri del comunismo.... insieme ad un argentino!

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Quando alla fine di luglio papa Francesco annunciò che domenica 20 settembre sarebbe volato in Albania per commemorare i martiri del comunismo... subito dentro di me una vocina disse: "Devo esserci anch'io!".
E subito dop la stessa voce mi ha detto: "Deve esserci anche la comunità cristiana di Belene!".
E così eccoci qua.
Tornati stamattina alle 5.00, stanchi morti ma ma felicissimi per questa esperienza.
Non potevamo mancare.
Prima di tutto perchè papa Francesco ha scelto, come suo primo viaggio europeo, la balcanissima Albania, periferia d'Europa. E noi bulgari ci sentiamo molto balcanici, e molto periferia d'Europa (e, per chi non lo sapesse... un tempo la Macedonia e l'Albani erano parte del regno Bulgaro...).
Secondo... noi di Belene, che custodiamo la memoria del nostro compaesano martire e beato Eugenio Bosilkov (vescovo passionista fucilato dai compagni nel 1952)... non potevamo non condividere con il popolo e la chiesa albanese la memoria deiloro martiri, così vicini anche alla nostra storia.
Vi propongo qui le parole di papa Francesco a Tirana, intervallate da alcune foto ricordo della nostra esperienza.
Arrivederci a... ISTAMBUL, domenica 30 novembre (è solo a 500 km da Belene...)

Il viale verso l'altare, ornato dai volti dei 40 martiri

"Volate alto! Andate su!"

Omelia di papa Francesco nella Messa in Piazza Madre Teresa di Tirana


Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci dice che, oltre ai Dodici Apostoli, Gesù chiama altri settantadue discepoli e li manda nei villaggi e nelle città per annunciare il Regno di Dio (cfr Lc 10,1-9.17-20). Egli è venuto a portare nel mondo l’amore di Dio e vuole diffonderlo attraverso la comunione e la fraternità. Per questo forma subito una comunità di discepoli, una comunità missionaria, e li allena alla missione, ad “andare”. Il metodo missionario è chiaro e semplice: i discepoli vanno nelle case e il loro annuncio comincia con un saluto pieno di significato: «Pace a questa casa!» (v. 5). Non è solo un saluto, è anche un dono: la pace. Venendo oggi in mezzo a voi, cari fratelli e sorelle di Albania, in questa piazza dedicata ad una umile e grande figlia di questa terra, la beata Madre Teresa di Calcutta, voglio ripetervi questo saluto: pace nelle vostre case, pace nei vostri cuori, pace nella vostra Nazione! Pace!
Nella missione dei settantadue discepoli è rispecchiata l’esperienza missionaria della comunità cristiana di ogni tempo: il Signore risorto e vivente invia non solo i Dodici, ma la Chiesa intera, invia ogni battezzato ad annunciare il Vangelo a tutte le genti. Nel corso dei secoli, non sempre è stato accolto l’annuncio di pace portato dai messaggeri di Gesù; talvolta le porte si sono chiuse. In un recente passato, anche la porta del vostro Paese è stata chiusa, serrata con il catenaccio delle proibizioni e prescrizioni di un sistema che negava Dio e impediva la libertà religiosa. Coloro che avevano paura della verità e della libertà facevano di tutto per bandire Dio dal cuore dell’uomo ed escludere Cristo e la Chiesa dalla storia del vostro Paese, anche se esso era stato tra i primi a ricevere la luce del Vangelo. Nella seconda Lettura, infatti, abbiamo sentito il riferimento all’Illiria, che ai tempi dell’apostolo Paolo includeva anche il territorio dell’attuale Albania.
In cammino verso il centro di Tirana (due ore...)
Ripensando a quei decenni di atroci sofferenze e di durissime persecuzioni contro cattolici, ortodossi e musulmani, possiamo dire che l’Albania è stata una terra di martiri: molti vescovi, sacerdoti, religiosi fedeli laici, ministri di culto di altre religioni, hanno pagato con la vita la loro fedeltà. Non sono mancate prove di grande coraggio e coerenza nella professione della fede. Quanti cristiani non si sono piegati davanti alle minacce, ma hanno proseguito senza tentennamenti sulla strada intrapresa! Mi reco spiritualmente a quel muro del cimitero di Scutari, luogo-simbolo del martirio dei cattolici dove si eseguivano le fucilazioni, e con commozione depongo il fiore della preghiera e del ricordo grato e imperituro. Il Signore è stato accanto a voi, carissimi fratelli e sorelle, per sostenervi; Egli vi ha guidato e consolato e infine vi ha sollevato su ali di aquila come un giorno fece con l’antico popolo d’Israele, come abbiamo sentito nella prima lettura. L’aquila, raffigurata nella bandiera del vostro Paese, vi richiami al senso della speranza, a riporre sempre la vostra fiducia in Dio, che non delude ma è sempre al nostro fianco, specialmente nei momenti difficili.
L'arrivo di Papa Francesco
Oggi le porte dell’Albania si sono riaperte e sta maturando una stagione di nuovo protagonismo missionario per tutti i membri del popolo di Dio: ogni battezzato ha un posto e un compito da svolgere nella Chiesa e nella società. Ognuno si senta chiamato ad impegnarsi generosamente nell’annuncio del Vangelo e nella testimonianza della carità; a rafforzare i legami della solidarietà per promuovere condizioni di vita più giuste e fraterne per tutti. Oggi sono venuto per ringraziarvi per la vostra testimonianza e anche per incoraggiarvi a far crescere la speranza dentro di voi e intorno a voi. Non dimenticatevi l’aquila. L’aquila non dimentica il nido, ma vola alto. Volate alto! Andate su! Sono venuto per incoraggiarvi a coinvolgere le nuove generazioni; a nutrirvi assiduamente della Parola di Dio aprendo i vostri cuori a Cristo, al Vangelo, all’incontro con Dio, all’incontro fra voi come già fate: mediante questo vostro incontrarvi voi date testimonianza a tutta l’Europa.
Qui ha sorriso al nostro chiassoso e festante gruppo, e ci ha benedetto
In spirito di comunione tra vescovi, sacerdoti, persone consacrate e fedeli laici, vi incoraggio a dare slancio all’azione pastorale, che è un’azione di servizio, e a continuare la ricerca di nuove forme di presenza della Chiesa all’interno della società. In particolare, questo invito lo rivolgo ai giovani. Ce ne erano tanti sulla strada dall’aeroporto a qui! Questo è un popolo giovane! Molto giovane. E dove c’è giovinezza c’è speranza. Ascoltate Dio, adorate Dio e amatevi fra voi come popolo, come fratelli.
Chiesa che vivi in questa terra di Albania, grazie per il tuo esempio di fedeltà. Non dimenticatevi del nido, della vostra storia lontana, anche delle prove; non dimenticate le piaghe, ma non vendicatevi. Andate avanti a lavorare con speranza per un futuro grande. Tanti figli e figlie dell’Albania hanno sofferto, anche fino al sacrificio della vita. La loro testimonianza sostenga i vostri passi di oggi e di domani sulla via dell’amore, sulla via della libertà, sulla via della giustizia e soprattutto sulla via della pace. Così sia.

La nostra bandiera bulgara (l'unica che c'era....)
e la bandiera di Belene, il beato Eugenio

"Il Signore consola umilmente, anche nascostamente"

Discorso del Papa durante i vespri nella Cattedrale di Tirana

Ho preparato alcune parole per voi, da dirvi, e le consegnerò all’Arcivescovo perché lui dopo ve lo faccia arrivare. La traduzione è già fatta. Si può fare arrivare.
Ma adesso, mi è venuto di dirvi un’altra cosa… Abbiamo sentito nella Lettura: “Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione, con la consolazione stessa con la quale siamo stati consolati noi da Dio” (2 Cor 1,3-4). E’ il testo su cui oggi la Chiesa ci fa riflettere nei Vespri. In questi due mesi, mi sono preparato per questa visita, leggendo la storia della persecuzione in Albania. E per me è stata una sorpresa: io non sapevo che il vostro popolo avesse sofferto tanto! Poi, oggi, nella strada dall’aeroporto fino alla piazza, tutte queste fotografie dei martiri: si vede che questo popolo ancora ha memoria dei suoi martiri, di quelli che hanno sofferto tanto! Un popolo di martiri… E oggi, all’inizio di questa celebrazione, ne ho toccati due. Quello che io posso dirvi è quello che loro hanno detto, con la loro vita, con le loro parole semplici… Raccontavano le cose con una semplicità… ma tanto dolorosa! E noi possiamo domandare a loro: “Ma come avete fatto a sopravvivere a tanta tribolazione?”. E ci diranno questo che abbiamo sentito in questo brano della Seconda Lettera ai Corinzi: “Dio è Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione. E’ stato Lui a consolarci!”. Ce lo hanno detto con questa semplicità. Hanno sofferto troppo. Hanno sofferto fisicamente, psichicamente, e anche quell’angoscia dell’incertezza: se sarebbero stati fucilati o no, e vivevano così, con quell’angoscia. E il Signore li consolava… Penso a Pietro, nel carcere, incatenato, con le catene; tutta la Chiesa pregava per lui. E il Signore consolò Pietro. E i martiri, e questi due che abbiamo sentito oggi, il Signore li consolò perché c’era gente nella Chiesa, il popolo di Dio - le vecchiette sante e buone, tante suore di clausura… - che pregavano per loro. E questo è il mistero della Chiesa: quando la Chiesa chiede al Signore di consolare il suo popolo; e il Signore consola umilmente, anche nascostamente. Consola nell’intimità del cuore e consola con la fortezza. Loro, sono sicuro, non si vantano di quello che hanno vissuto, perché sanno che è stato il Signore a portarli avanti. Ma loro ci dicono qualcosa! Ci dicono che per noi, che siamo stati chiamati dal Signore per seguirlo da vicino, l’unica consolazione viene da Lui.
Il nostro gruppo di pellegrini
Guai a noi se cerchiamo un’altra consolazione! Guai ai preti, ai sacerdoti, ai religiosi, alle suore, alle novizie, ai consacrati quando cercano consolazione lontano dal Signore! Io non voglio “bastonarvi”, oggi, non voglio diventare il “boia”, qui; ma sappiate bene: se voi cercate consolazione altrove, non sarete felici! Di più: non potrai consolare nessuno, perché il tuo cuore non è stato aperto alla consolazione del Signore. E finirai, come dice il grande Elia al popolo di Israele, “zoppicando con le due gambe”. “Sia benedetto Dio Padre, Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione, con la consolazione con cui siamo stati consolati noi stessi da Dio”. E’ quello che hanno fatto questi due, oggi. Umilmente, senza pretese, senza vantarsi, facendo un servizio per noi: di consolarci. Ci dicono anche: “Siamo peccatori, ma il Signore è stato con noi. Questa è la strada. Non scoraggiatevi!”. Scusatemi, se vi uso oggi come esempio, ma tutti dobbiamo essere d’esempio l’uno all’altro. Andiamo a casa pensando bene: oggi abbiamo toccato i martiri.
*
Discorso dato per letto:
Cari fratelli e sorelle!
è per me una gioia incontrarvi nella vostra amata terra; ringrazio il Signore e ringrazio tutti voi per la vostra accoglienza! Stando in mezzo a voi posso meglio esprimere la mia vicinanza al vostro impegno di evangelizzazione.
Da quando il vostro Paese è uscito dalla dittatura, le comunità ecclesiali hanno ripreso a camminare e a organizzarsi per l’azione pastorale, e guardano con speranza verso il futuro. In particolare, il mio pensiero riconoscente va a quei Pastori che hanno pagato a caro prezzo la fedeltà a Cristo e la decisione di restare uniti al Successore di Pietro. Sono stati coraggiosi nella difficoltà e nella prova! Ci sono ancora tra noi sacerdoti e religiosi che hanno sperimentato il carcere e la persecuzione, come la sorella e il fratello che ci hanno raccontato la loro storia. Vi abbraccio commosso e rendo lode a Dio per la vostra fedele testimonianza, che stimola tutta la Chiesa a portare avanti con gioia l’annuncio del Vangelo.
Facendo tesoro di tale esperienza, la Chiesa in Albania può crescere nella missionarietà e nel coraggio apostolico. Conosco e apprezzo l’impegno con cui vi opponete a nuove forme di “dittatura” che rischiano di tenere schiave le persone e le comunità. Se il regime ateo cercava di soffocare la fede, queste dittature, più subdole, possono soffocare la carità. Penso all’individualismo, alle rivalità e ai confronti esasperati: è una mentalità mondana che può contagiare anche  la comunità cristiana. Non serve scoraggiarsi di fronte a queste difficoltà, non abbiate paura di andare avanti sulla strada del Signore. Egli è sempre al vostro fianco, vi dona la sua grazia e vi aiuta a sostenervi gli uni gli altri, ad accettarvi così come siete, con comprensione e misericordia, a coltivare la comunione fraterna.
L’evangelizzazione è più efficace quando è attuata con unità di intenti e con una collaborazione sincera tra le diverse realtà ecclesiali e tra missionari e clero locale: questo comporta coraggio di proseguire nella ricerca di forme di lavoro comune e di aiuto reciproco nei campi della catechesi, dell’educazione cattolica, come pure della promozione umana e della carità. In questi ambiti è prezioso anche l’apporto dei movimenti ecclesiali, che sanno progettare e agire in comunione con i Pastori e tra di loro. E’ quello che io vedo qui: vescovi, sacerdoti, religiosi e laici, una Chiesa che vuole camminare nella fraternità e nell’unità.
Quando l’amore per Cristo è posto al di sopra di tutto, anche di legittime esigenze particolari, allora si diventa capaci di uscire da noi stessi, dalle nostre “piccolezze” personali o di gruppo, e andare verso Gesù che ci viene incontro nei fratelli; le sue piaghe sono ancora visibili oggi sul corpo di tanti uomini e donne che hanno fame e sete, che sono umiliati, che si trovano in carcere o in ospedale. E proprio toccando e curando con tenerezza queste piaghe è possibile vivere fino in fondo il Vangelo e adorare Dio vivo in mezzo a noi.
Sono tanti i problemi che affrontate ogni giorno! Essi vi spingono ad immergervi con passione in una generosa attività apostolica. Tuttavia, noi sappiamo che da soli non possiamo fare nulla. «Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori» (Sal 127,1). Questa consapevolezza ci chiama a dare ogni giorno il giusto spazio al Signore, a dedicargli tempo, ad aprirgli il cuore, affinché Lui agisca nella nostra vita e nella nostra missione. Ciò che il Signore  promette alla preghiera fiduciosa e perseverante supera quello che noi immaginiamo (cfr Lc 11,11-12): oltre a quello che chiediamo ci dà anche lo Spirito Santo. La dimensione contemplativa diventa indispensabile, in mezzo agli impegni più urgenti e pesanti. E più la missione ci chiama ad andare verso le periferie esistenziali, più il nostro cuore sente il bisogno intimo di essere unito a quello di Cristo, pieno di misericordia e di amore.
E considerando che i sacerdoti e i consacrati non sono ancora sufficienti, il Signore Gesù ripete oggi anche a voi: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!» (Mt 9,37-38). Non bisogna dimenticare che questa preghiera parte da uno sguardo: lo sguardo di Gesù, che vede l’abbondanza del raccolto. Abbiamo anche noi questo sguardo? Sappiamo riconoscere l’abbondanza dei frutti che la grazia di Dio ha fatto crescere, e del lavoro che c’è da fare nel campo del Signore? E’ da questo sguardo di fede sul campo di Dio che nasce la preghiera, l’invocazione quotidiana e pressante al Signore per le vocazioni sacerdotali e religiose. Voi, cari seminaristi, e voi, cari postulanti e novizi, siete frutto di questa preghiera del popolo di Dio, che sempre precede e accompagna la vostra risposta personale. La Chiesa in Albania ha bisogno del vostro entusiasmo e della vostra generosità. Il tempo che oggi dedicate a una solida formazione spirituale, teologica, comunitaria e pastorale, è fecondo in ordine a servire adeguatamente, domani, il popolo di Dio. La gente, più che dei maestri, cerca dei testimoni: testimoni umili della misericordia e della tenerezza di Dio; sacerdoti e religiosi conformati a Gesù Buon Pastore, capaci di comunicare a tutti la carità di Cristo.
A questo proposito, insieme con voi e insieme a tutto il popolo albanese, voglio rendere grazie a Dio per tanti missionari e missionarie, la cui azione è stata determinante per la rinascita della Chiesa in Albania e rimane ancora oggi di grande rilevanza. Essi hanno contribuito notevolmente a consolidare il patrimonio spirituale che vescovi, sacerdoti, persone consacrate e laici albanesi hanno conservato, in mezzo a durissime prove e tribolazioni. Pensiamo al grande lavoro fatto dagli Istituti religiosi per il rilancio dell’educazione cattolica: questo lavoro merita di essere riconosciuto e sostenuto.
Cari fratelli e sorelle, non scoraggiatevi di fronte alle difficoltà; sulle orme dei vostri padri, siate tenaci nel rendere testimonianza a Cristo, camminando “insieme con Dio, verso la speranza che non delude mai”. Nel vostro cammino sentitevi sempre accompagnati e sostenuti dall’affetto di tutta la Chiesa. Vi ringrazio di cuore di questo incontro e affido ciascuno di voi e le vostre comunità, i progetti e le speranze alla santa Madre di Dio. Vi benedico di cuore e vi chiedo per favore di pregare per me.


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