28 febbraio 2021

Amabile l'inaffidabile.

A volte, in mezzo a noi, esistono persone straordinarie, cioè fuori dall’ordinario. In senso buono, ovviamente. Capaci di fare (e lo fanno!) cose straordinarie, che noi nemmeno ci sogneremmo.

Ma che fatica che facciamo ad accettare la loro straordinarietà! E magari a dir loro un semplice, umile, discreto, facile: “Bravo!”.

Siccome poi queste persone speciali non rientrano nei nostri schemi mentali… e ci superano in altezza di qualche spanna, noi mediocri, semplicemente le disprezziamo, e non riusciremo mai ad apprezzarle per quello che sono. E mai riusciremo a capire che loro non sono un problema (semmai sono una risorsa), e che i problemi ce li abbiamo noi in testa.

C’era una volta a Belene una bambina meravigliosa ed adorabile, che si chiamava Amabile.

La piccola Amabile sembrava una bambina come tutte le altre bambine, perché in fondo era una bambina, non c’è dubbio: alta come tutte, con la faccia da bambina come tutte, con le trecce da bambina, due occhi da bambina, due mani e due gambe come le altre… non c’è dubbio che fosse una bambina.

Andava a scuola come tutte le altre bambine, giocava come tutti gli altri bambini, non beveva vino e non fumava, come tutti i bambini.

Però…

Però, mentre tutti gli altri bambini si limitavano a fare i bambini come tutti i bravi bambini… Amabile, essendo speciale e straordinaria (e ciò mica era colpa sua: era fatta così! Mica era andata dalll’otorinolaringoiatra o dall’ostetrica a dirgli: “Fatemi su in modo speciale!”), mentre tutti gli altri bambini facevano cose normali, lei no, lei faceva cose speciali.

Del tipo.

Siccome vedeva che mamma e papà facevano fatica a tirare avanti la carretta… Amabile si alzava alle cinque del mattino, mentre i bambini normali dormivano, ed andava a pulire i maiali, il vitello, i conigli e le galline e a dar loro da mangiare. Poi, quando tornava da squola, e tutti i bambini normali giocavano, lei andava a zappare l’orto o tagliare l’erba in giardino. Ovviamente, se la mamma si distraeva un po’, e poi si girava, i piatti erano stati lavati, chissà da chi. Da Amabile, ovviamente.

E, quando nessuno la vedeva, sgattaiolava fuori di casa, per andare ad aiutare la nonna della casa accanto, o il nonno della casa di fronte.

Insomma: la piccola Amabile era un vulcano di energia, che non stava mai fermo, e faceva cose inutili e non adatte ai bambini, ma le faceva bene, ed erano molto utili per altri.

Gli anni passarono, i bambini crebbero, ed anche la piccola Amabile divenne una graziosa giovinotta.

Fu proprio in quel tempo che il regno di Belene venne attaccato dal famoso e tremendo drago Grisù Tiramisù. Che furente sorvolava i cieli di Belene ed abbrustoliva le case, i campi ed i malcapitati del caso.

Il povero re Arturo coi cavalieri del suo tavolo triangolare, dopo inutili tentativi per scacciarlo, capitolarono, e diramarono questo appello:

“Cari cittadini del Regno di Belene! Se tra voi c’è qualcuno, dal cuore impavido e generoso, capace di sconfiggere il terribile drago Grisù Tiramisù… si faccia avanti, per favore! Il Regno ha bisogno di te!!!”.

Ovviamente nessuno si fece avanti (gli abitanti di Belene non son mica scemi, anzi, son normali: ma secondo te, una persona normale… può sconfiggere un drago?!?), tranne la giovane Amabile, che si presentò al Re Arturo, dicendo:

“Eccomi, o Re. Al tuo servizio. Manda me!”.

Il Re, un po’ perplesso di fronte a questa ragazzina, dopo essersi consultato con i suoi consiglieri, le disse:

“Cara Amabile… grazie per la tua disponibilità… ma… secondo me ed i miei consiglieri… tu non sei la persona adatta a sconfiggere il drago. Non sei affidabile… però… vuoi servire lo stesso il tuo Re?”.

“Beh… sì. Però… se volete io il drago lo cacciò via…”.

“No, lascia stare il drago. Se vuoi… ci servirebbe una stiratrice in più per il guardaroba reale. Accetti?”.

“Va bene, mio Signore”.

E fu così che Amabile entrò al servizio del Re. L’idea iniziale era di scacciare il drago… ma la mandarono a stirare le lenzuola.

Nel frattempo, nei giorni successivi, Grisù Tiramisù continuò ad imperversare, a razziare, a bruciare e polverizzare il regno e terrorizzare le persone. E nessuno osava combatterlo. Quando arrivava, tutti si rifugiavano in cantina, compresi Re Arturo ed i suoi cavalieri.

Finchè un giorno… così come era arrivato all’improvviso, all’improvviso il drago sparì, e non tornò mai più.

Lo stesso schema si ripetè quando il Regno di Belene fu attaccato dalle tremende orrende zanzare cannibali di Zanzibar: anche allora Amabile fu l’unica a presentarsi al Re, rendendosi disponibile a sconfiggerle, ma il Re (ovviamente, dopo essersi consultato coi suoi consiglieri e ritenendola inaffidabile) l’aveva spedita a lavorare in cucina come aiuto sbuccia patate. E, dopo qualche giorno, le orribili zanzare cannibali di Zanzibar… scomparirono.

Lo stesso schema si ripetè quando il Regno di Belene fu invaso dall’enorme, gigantesco, orribile coccodrillo Brillo. Nessuno riusciva a cacciarlo, il Re faceva l’appello, le persone normali non rispondevano all’appello, solo Amabile rispose… ma fu ritenuta inaffidabile e delegata alla cura della bagnatura dei fiori del giardino reale. E, dopo qualche giorno, il coccodrillo Brillo… sparì.

Ora, magari anche tu che sei normale, penserai, come pensano tutti i normali cittadini del regno di Belene:

“Eh… che ci vuoi fare? Le sventure arrivano… nessuno ci può far niente… basta stringere i denti qualche giorno… e poi le sventure se ne vanno da sole…”.

Il qual pensiero ovviamente è un ragionevole sillogismo, molto sillogistico e molto ragionevole. Solo che…

Solo che le cose non andarono così, a Belene.

Il drago Grisù Tiramisù era intenzionato a radere al suolo Belene, e bruciare fino all’ultimo filo d’erba e papparsi fino all’ultimo abitante. E non se ne sarebbe andato finchè non avesse raggiunto il suo obiettivo.

Le zanzare assassine di Zanzibar erano talmente invasate ed assetate di sangue, che mai e poi mai se ne sarebbero andate, se non prima di aver risucchiato tutto il sangue presente a Belene, fino all’ultima misera gocciolina.

Il coccodrillo Brillo stava così bene a Belene, che già aveva mandato l’inivito a tutti i soi parenti di venire ad abitare a Belene e pappare le squisite bistecche ambulanti locali. E non si sognava mica di andarsene, almeno finchè ci fosse qualcosa da pappare.

E allora? E allora comè che Grisù Tiramisù, le zanzare di Zanzibar ed il coccodrillo Brillo… ad un certo punto spariscono dal radar?!?

Ovvio: l’inaffidabile Amabile li cacciò (senza farsi vedere, ovviamente).

E li cacciò così.

Mentre stirava le lenzuola e le tovaglie di corte, stufa di sentire le grida e le urla di dolore dei suoi concittadini martoriati da Grisù Tiramisù, una notte uscì e si piazzò in mezzo al cortile, fiera come una Giovanna d’Arco davanti alle mura di Orleans, facendo un fischio e dicendo:

“Ehi, draghetto sputafuoco, vieni un po’ qui!”.

Il terribile drago, dopo i soliti volteggi per mostrare la sua dragosa vanità mascolina, atterrò proprio davanti a lei, e le disse:

“Su, femminuccia, dimmi quello che hai da dire, che ho fretta di andare a lavorare!”.

“Illustre signor Drago, potente, unico e terribile… hai fame?”.

“Eh! La smorfiosa mi chiede se ho fame! Ma certo! Con la mole che mi trovo… neppure un intero gregge fatto arrosto mi sazia! Ho sempre questo intenso languorino allo stomaco e questo bruciore in gola… Certo che ho fame!”.

“Bene. È quel che sospettavo… Ma… Probabilmente… Hai sentito la notizia di ieri al telegiornale?”.

“Il telegiornale?!? Ma ti sembra che io perda tempo a vedere la TV? Quando mai si è sentito dire che i draghi guardan la TV!”.

“Beh… Ti farebbe bene invece, essere un po’ informato, asino! Ieri han detto che i migliori medici del mondo esperti in draghi hanno trovato un rimedio invincibile per sfamare la fame insaziabile dei draghi!”.

“Dici davvero?”.

“Ma certo! E… lo sai che sei proprio fortunato?!? Ti ho preparato e portato qui un po’ di questa fantastica panacea… se per caso vuoi assaggiarla…”

“Ma… secondo me è tutta una truffa delle case farmaceutiche… però… visto che siam qui… dammi… togliamoci questo sfiziò”.

E fu così che il drago Grisù Tiramisù ingurgitò (il galateo non è proprio roba da draghi…) l’intruglio preparato da Amabile.

E, dopo qualche minuto, leccandosi i baffi soddisfatto, le disse:

“Ma lo sai che… non è niente male?!? Mi è già passata la fame, e sento un bel fraschetto alla gola… non mi brucia più! Come si chiama sta roba?”..

“Caro il mio draghetto… il nome è un po’ lungo… si chiama: semifreddodigelatoallacremadivanigliaconfruttidiboscoecremadicaramelloimbevutodilimoncellodisorrento… Comunque, se vuoi la ricetta…

“Eccome se la voglio! E’ una delizia!”

“Se vuoi la ricetta… dobbiamo fare un patto”.

“Va bene: affare fatto”.

Ed il drago si prese la ricetta e volò via, e più nessuno sentì parlare di lui.

Il patto proposto da Amabile era chiaro, e l’amicizia lunga: la ricetta, in cambio di lasciare in pace per sempre Belene. Ed i draghi rispettano i patti chiari.

E con le zanzare di Zanzibar?

Amabile, stufa di sbucciare le patate ascoltando le grida di dolore dei suoi cittadini in preda a quelle terribile sanguisughe ciucciasangue, una sera uscì e si piazzò fiera in mezzo al cortile.

Quando lo stormo di zanzare assassine le si parò davanti, fremente per la quotidiana scorpacciata di sangua, Amabile disse:

“Ehi, ragazze mie! Sentite un po’!”.

Quelle, curiose come tutte le ronzanti zanzare del mondo, si piazzarono davanti a lei, e le dissero:

“Su, dicci alla svelta, che dobbiamo andare a lavorare…”.

“Beh… andate pure allora, perché non è nulla di importante… volevo solo dirvi che qui vicino han scoperto il miglior sangue del mondo… ma non voglio farvi perder tempo… su, su andate a lavorare…”.

“Come, come? Il miglio sangue del mondo?!? Su… facci vedere…”.

E fu così che tutte le terribili zanzare di Zanzibar seguirono Amabile fin sulla sponda del Danubio. Dove era ormeggiata una enorme zattera.

“Beh? E quello cos’è? Mica è sangue! Son barili di vino! Mica siamo ubriacone noi, da berci questa schifezza!”, dissero un po’ deluse le zanzare.

Ma Amabile, imperturbabile, disse:

“Eh, no, ragazze mie! Quello non è vino: è puro Barbera d’Asti, il più miglior vino dell’universo! E se buon vino… fa buon sangue… Il più miglior vino, fa il più miglior sangue! Provare, per credere!”.

“Se lo dici tu… tanto provare non costa nulla”. E così, un po’ titubanti, le zanzare di Zanzibar cominciarono a spillare il Barbera e… ed era talmente buono e succoso che si ubriacarono tutte dalla prima all’ultima.

Allora, l’inaffidabile Amabile sciolse gli ormeggi della zattera, la quale iniziò a scendere lungo il Danubio, trascinata dalla corrente.

E da allora più nessuno sentì più parlare delle terribili zanzare di Zanzibar.

Ed Amabile continuò a pelar patate nella cucina del Re Arturo.

Ed il coccodrillo Brillo?

Stufa di sentire i pianti ed i lamenti dei suoi concittadini mentre bagnava i fiori ed il famigerato coccodrillo imperversava tra le case seminando morte e dolore, l’inaffidabile amabile gli andò incontro, e piazzatasi davanti a lui come Massimo Decimo Meridio nel Colosseo davanti a Commodo (l’avete visto il Gladiatore con Rassel Crò, o no?), gli disse:

“Ascolta, bello mio! Secondo me tu ne hai piene le scatole di questa vita di barbone, ad avvoltorarti nel fango, a romperti i denti mordendo ossa di vecchietti, ad essere preso a sassate e bastonate da tutti… o no?!?”.

Il coccodrillo Brillo, stupito, le rispose: “E tu che ne sai?!? E’ tutta la vita che faccio così… non posso far altro, perdindirindina!”.

“Beh, vecchio mio, oggi è il tuo giorno fortunato! Ci sarebbe un lavoro… Lo sai che potresti avere carne a volontà tutti i giorni, senza fatica… ricevere baci ed abbracci dalle più belle pollastrelle del mondo… essere famoso, amato ed adorato dalle masse di tutta la terra… diventare pure una stella del cielo?!?”.

“Ma va là, donzella! Questo sarebbe il paradiso… ma non esiste nessun paradiso per un vecchio, stupido, assassino coccodrillo come me…”.

“Oh, come ti sbagli! Ecco: il circo Togni da anni cerca un terribile ed intelligente coccodrillo per i suoi spettacoli. Eccoti qui il contratto e l’indirizzo: fossi in te, ci andrei di corsa! Guarda le condizioni: se io fossi un coccodrillo, sarei già partita di corsa!”.

E fu così che il coccodrillo Brillo si fiondò al circo Togni, abbandonando Belene, e divenne una star insuperabile. Oltre che ad aver cibo gratis in quantità, ed invece di sassi e bastonate, esser ricoperto dei baci e degli affetti (e delle bistecche) di milioni di persone in tutto il mondo.

E così l’inaffidabile Amabile tornò a bagnare i fiori nel giardino del Re.

Il Re Arturo, che nel frattempo invecchiò.

E così quando nella sua vecchiaia il Regno di Belene venne di nuovo invaso, stavolta dagli invincibili Alieni provenienti dal pianeta Tesistemoio, e nessuno riusciva a cacciarli, di nuovo fece l’appello, e pure stavolta nessuno si presentò.

Cioè, l’Amabile si presentò al suo Re, e gli disse:

“O mio Signore, eccomi! Per te son pronta a scalare montagne! Per te e per il Regno son pronta a combattere mostri e draghi! Per il Regno e per Te, il mio braccio e la mia spada e la mia vita! Eccomi! Manda me, a prendere a calcinculo questi orribili alieni, e liberare Belene da loro!”.

Il Re, ormai un po’ vecchio e rincitrullito, le rispose dolcemente:

“Sempre la solita, o mia inaffidabile Amabile! Ma chi ti credi di essere?!? Su, su… lascia stare i fiori, ormai. E lascia stare gli Alieni, che non son cose da femminucce inaffidabili come te. Da oggi ti do una nuova missione, adatta a te: mi cambierai i pannoloni, al mattino, a mezzogiorno ed alla sera, e quando ci sarà bisogno perché sono pieni”.

“Agli ordini, mio Signore!”.

E fu così che Amabile cominciò a cambiare i pannoloni del Re Arturo. In fondo… era pur sempre il suo Re, e se le chiedeva quello… lo avrebbe fatto.

Però…

Chissà come…

Il giorno dopo gli Alieni sparirono per sempre.

Mah… Chissà perché….

25 febbraio 2021

Fare una grata, seria, feconda memoria della passione dei poveri cristi... è possibile.

Ormai da quasi dieci anni ho un po' le mani in pasta nelle questioni riguardanti la memoria dei martiri del XX secolo. 

L'8 settembre del 2012 infatti la Chiesa Cattolica affidò a me, un bergamasco passionista di mezza età, per custodirlo e coltivarlo, questo piccolo angolo di mondo chiamato Bèlene, un angolo di mondo che comprende una piccola comunità cristiana, l'unico santuario in Bulgaria dedicato ad un martire del XX secolo (il belenciano Eugenio Bossilkov, innocente fucilato nel 1952) ed i resti, quasi del tutto abbandonati, del più grande e duraturo GuLag del passato regime comunista. Quanto detto e fatto, vissuto e tentato in questi anni, ormai è parte della storia, che magari un giorno qualcuno scriverà.

Ora, non mi reputo un esperto di memoria dal punto di vista accademico scientifico... ma un po' esperto, nel senso che ho accumulato una discreta esperienza, questo me lo concederete: libri, incontri, visite, eventi... un cumulo di esperienza che mi ha arricchito enormemente, un bagaglio di informazioni, idee, riflessioni, volti, esperienze che ovviamente ha formato la mia attuale forma mentis, la mia scala di valori, addirittura i palpiti del mio cuore.

Ed appunto il mio cuore ieri ha palpitato di nuovo (confesso che negli ultimi anni si era spalpitato abbastanza...): con gioia, stupore e pure un briciolo di entusiasmo ho letto, attentamente e più volte, le parole di uno sconosciuto vescovo ucraino e, confesso, alla fine ho pure detto ad alta voce:

"Ma allora...

fare una grata, seria e feconda

memoria della passione dei poveri cristi... è possibile"!

L'ho detto ieri nella stanza vuota dove mi trovavo, lo ridico oggi scrivendolo qui, sperando che qualcuno dello sparuto gruppo di lettori di cosebulgare... abbia pure lui qualche palpitio di cuore.

Il cuore mi è palpitato perchè, in questi anni, la fatica più grande nel campo della memoria non è stato scontrarsi col muro di gomma dell'indifferenza e della dimenticanza, che sono la malattia più diffusa, ma guaribile con forti dosi di interesse ed esperienza; e neppure urtarsi con la comprensibile allergia ideologica di alcune mummie vetero comuniste, tetragone a qualsiasi accenno ai passati crimini; no, la fatica più grande nel lavoro della memoria è stata quella interna alla Chiesa, in concreto alla Chiesa bulgara (sia sul versante cattolico, che su quello ortodosso).

Ora, non faccio nomi e cognomi, perchè non è solo questione di persone: è questione di stile, di ecclesiologia, di mentalità, di visioni religiose e di pratiche pastorali. E, confesso, l'attuale posizione della Chiesa e delle chiese cristiane in Bulgaria, nei riguardi della memoria dei martiri e delle vittime innocenti del XX secolo... è un po' deludente.

Manca una corretta lettura ed inquadratura della realtà, che dovrebbe derivare da un serio lavoro di studio storico sul passato. Al di là delle vicende personali di ognuno, che magari conservano un approccio emozionale al passato, manca un serio, continuato, produttivo lavoro storico: è curioso ed indicativo che le uniche due biografie del gigante bulgaro Eugenio Bossilkov... siano traduzioni di due autori italiani; così come la recente edizione bulgara della vita dei martiri Pavel, Kamen e Josafat... sia una traduzione di un autore francese. Ma... i bulgari... studiano, ricercano, riflettono sui loro martiri?!?

E poi... la Chiesa cattolica in Bulgaria... come vive la memoria di tutti i martiri e le vittime innocenti del XX secolo? Come partecipa alle commemorazioni pubbliche, cosa propone per la giornata dell'Olocausto, del Genocidio Armeno, dell'Holomodor? Poco, molto poco, praticamente niente.

Se poi diamo uno sguardo a come la Chiesa Ortodossa vive il rapporto coi bulgari martiri e vittime innocenti del XX secolo (la maggioranza dei quali... cristiani ortodossi). Un pochino più vivaci nel campo della memoria sono i fratelli delle Chiese riformate...

E quindi, in questa leggermente sconsolante situazione della memoria in Bulgaria, come non poteva palpitarmi il cuore ieri, sentendo quanto questo vescovo ucraino dice alle sue pecorelle ucraine?!? Riporto alcune parole, papali papali, dell'articolo pubblicato ieri:

Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk,
Capo e Padre della Chiesa greco-cattolica ucraina,
ha invitato i fedeli a sostenere la costruzione del Memoriale dell’Holodomor a Kyiv,
un museo che vuole ricordare uno dei  più grandi genocidi ignorati dalla storia,
ovvero lo sterminio per fame degli ucraini ad opera del regime sovietico di Stalin.

Già questo incipit meriterebbe lunghe riflessioni...
Innanzitutto mi pare evidente l'uscita definitiva da un (vecchio e stantito) approccio devozionale al culto di un martire, magari del mio martire, relegato magari nella mia chiesetta con le mie immaginette... e l'approdo ad una visione ampia di memoria della passione di tutti i martiri e gli innocenti, tra cui ci sono anche i miei.
E questa memoria non si fa davanti ad un altarino in un a chiesa, ma con gli strumenti comuni a tutti coloro che fanno seriamente memoria, in modo laico, civile e democratico: un memoriale, un museo, studio, documenti, esperienze, etc.
E questa grata memoria si fa per ricordare e superare l'ignoranza, la dimenticanza (pure categorie passiologiche paulocruciane, su cui ogni passionista dovrebbe esser ben ferrato...).
Da ultimo, il monsignore non solo fa un fervorino irenico sul valore del martirio, ma invita concretamente (par più bergamasco, che ucraino!) a "far su" un museo memoriale, e a tirar fuori i soldini per questa causa. Più concreto di così...
L'articolo poi continua così:

“Custodite - ha detto Sua Beatitudine Shevchuk - la memoria delle vittime dell’Holodomor nelle vostre comunità.
Possano tutte le parrocchie, i sacerdoti e i fedeli della nostra Chiesa con le loro donazioni sostenere la costruzione del Memoriale dell’Holodomor a Kyiv. Questo contributo sarà un chiaro segno di amore verso il nostro popolo e la nostra terra natale”.

Interessante, molto interessante poi, che la memoria delle vittime (di tutte le vittime, non solo delle nostre) va custodita in tutte e da tutte le comunità cristiane. Non è quindi compito di un santuario o del suo rettore o di qualche volenteroso illuminato. No: tutte le comunità e le comunità intere hanno come compito, come lavoro, come comandamento: custodite la memoria delle vittime! Non è mica una cosa facoltativa... Come, quando, quanto... questo è lasciato alla creatività e alla fantasia dei singoli. Ma va fatta, questa benedetta memoria.
La partecipazione poi concreta (con concrete donazioni di soldi, ma non solo) è un segno di amore verso il popolo e la patria: stupendo! Non si fa grata memoria per motivi ideologici... ma per amore. Se amo la mia terra ed il mio popolo... non posso non fare memoria, concreta, reale, oggettiva memoria dei miei fratelli e delle mie sorelle, dei poveri cristi crocifissi sulla terra che calpesto.

Durante la presentazione del rapporto, il Capo e Padre della Chiesa greco-cattolica ucraina ha ricordato che il clero ha sempre illuminato la strada delle persone. Per questo, anche oggi il clero è chiamato a “conservare la memoria del nostro passato, in modo che il nostro futuro non ripeta gli errori dell’umanità e non vengano versate le lacrime di persone affamate, impotenti e assetate”.

Il clero, i pastori... hanno un compito chiaro e distinto, anche di alto spessore civile: sono chiamati ad illuminare la strada delle persone. Un compito educativo rivolto non solo ai quattro gatti che ancora vengono in chiesa... ma un compito educativo e profetico verso tutta la società civile. Per il bene di tutto il popolo, di tutta la società, non solo dei miei o dei devoti.

Sua Beatitudine Shevchuk ha dunque chiesto ai sacerdoti di ricordare l’Holodomor, di parlarne “ai fedeli affidati alla vostra cura pastorale” e di “insegnare alle persone a ricordare il loro passato e a prendersi cura della nostra storia. Solo insieme, uniti attorno a questa importante causa, saremo in grado di completarla nel modo dovuto".

Tutti i preti devono PARLARE, non solo, ma anche INSEGNARE A RICORDARE, il che presuppone studio, organizzazione, sistematicità, continui interventi... ed INSEGNARE A PRENDERSI CURA, quindi non solo informazioni e nozioni, ma una cura ed una dedizione fisica, concreta, oggettiva.
E poi... UNITI. Per portare a compimento questa opera.
Che è l'esatto contrario di disuniti, in ordine sparso, remarsi contro...

Il Capo della Chiesa greco-cattolica ucraina ha quindi invitato il clero a raccontare di questo progetto a tutto il mondo, in vari modi disponibili. È importante che queste informazioni siano diffuse nelle Chiese e sui mezzi di comunicazione.

Sogno o son desto? Sogno... sogno che tutti i preti cattolici bulgari raccontino a tutto il mondo, nelle chiese e su internet ed in televisione... del progetto di un museo ed un memoriale a Belene in onore di tutte le vittime del XX secolo... Sì, dev'essere un sogno: infatti qui si parla di Ucraina, non di Bulgaria... purtroppo.

Il Memoriale non raccoglierà solo informazioni sulle vittime dell’Holodomor, ma diventerà un centro di ricerca e di studio dedicato a questo orribile genocidio, e sarà anche un centro di memoria e di preghiera.

Questo vescovo è troppo avanti!
Ha capito che un Memoriale non è solo una lapide, o una cappellina, o un cartello...
E ha capito (come tanti altri nella Chiesa... ma non tutti) che il ruolo della Chiesa nella memoria è essenziale, fondamentale, addirittura comando divino: "Ricorda, Israele!". La Chiesa non può non immischiarsi, anzi deve fare memoria! Insieme agli altri, con gli altri, per gli altri e per tutti,
Un Memoriale è un Luogo della Memoria: dove c'è una parte museale e documentale (museo, archivio, oggetti, muri, etc.). ma soprattutto ci sono le persone, che ricercano e studiano, che raccontano ed ascoltano, che riflettono, ricordano e pregano.
Un memoriale è un'esperienza, l'esperienza di una grata, seria e feconda memoria della passione dei poveri cristi.
E fare questa esperienza è possibile:
è possibile alle Fosse Ardeatine e a Fossoli,
è possibile a Jasenovach, Nish e Scutari,
è possibile a Dachau, Aushcwitz e alle isole Solovki,
è possibile a Sighet, a Erevan e Goli Otok.
E' possibile a Kiev.
Fare memoria della passione è possibile in ogni Golghota del mondo.
E perchè non può essere possibile anche in Bulgaria,
anche a Belene, il Calvario bulgaro?

17 febbraio 2021

Mi scappa la Pupù!


 Eh, sì… non c’è nulla da fare: quando scappa, scappa!

L’importante però è poi… riacciuffarla: altrimenti son tragedie. 

“Mi scappa la Pupù!”, esclamò all’improvviso, senza preavviso, la piccola Lulù.

“Oddio, no! Tienila, tienila… ti prego!”, esclamò terrorizzato papà Diego.

“No! No! Piccola, nooooo! Tienila forte, ti supplico”, aggiunse prima di esser colta da una crisi isterica la mamma Nico.

“Mi scappa la Pupù!!!”, ripetè la piccola Lulù.

Il terrore piombò improvviso e travolse i due sconvolti genitori, che mai e poi mai si sarebbero aspettati che oggi, proprio oggi, dopo quattro anni, proprio il mercoledì delle ceneri come allora, si ripetesse la stessa, identica, precisa, tragedia.

Allora, quattro anni fa… a Lulù era scappata la Pipì.

E fu una catastrofica catastrofe.

Che è rimasta scolpita ed indelebile nella memoria collettiva di tutti.

Ora, dopo quattro anni… a Lulù stava scappando la Pupù.

E all’orizzonte si profilava un vero cataclismevole cataclisma.

Che avrebbe sconvolto la vita e l’esistenza di nuovo di tutti.

E così all’unisono, in ginocchio, imploranti, afferrando ognuno una mano della loro piccola Lulù, la supplicarono:

“No! No! No e poi no! Tienila! Tienila, ti preghiamo!”.

Nell’universo calò un silenzio frastornante, per qualche secondo.

Finchè la vocina della piccola Lulù ruppe questo iato cosmico:

“Mamma… Papà… la Pupù… è scappata”.

16 febbraio 2021

Hei, mister: a che gioco giochiamo?

 C’era una volta un allenatore di calcio.

Ma non era un comune allenatore: era un allenatore fuori dal comune. Cioè col comune non c’aveva niente in comune: infatti era un allenatore fuori dal comune, non solo il migliore del mondo… era il migliore dell’universo.

E fu così che questo allenatore tirò insieme la sua squadra, raggruppando i migliori sette giocatori di calcio del mondo, tant’è che li chiamavano i magnifici sette.

E, certamente ora ti aspetteresti, visto che l’allenatore è il migliore dell’universo ed i giocatori sono i magnifici sette… ti aspetteresti che ti racconto delle loro vittorie, delle coppe vinte, dei tornei stravinti, del successo stratosferico ottenuto da questa miscela di eccellenze…

Invece…

Invece… purtroppo… con sommo mio dispiacere… con tanta tristezza… con l’amaro in bocca… col senno di poi… colla scatola del latte versato sulle strade lastricate delle buone intenzioni… con il magone alla gola e con il volto abbassato da cane bastonato da cotanta vergogna… devo raccontarti di come questa squadra non solo non ha mai vinto niente, neppure la coppa del nonno all’oratorio, ma si è pure ricoperta di ridicolo nel mondo del calcio.

Successe infatti che l’allenatore fuori dal comune inserì la sua squadra dei magnifici sette nel campionato a 11 di Serie A.

E già dalla prima partita, i 7 contro 11… le cose si misero male, molto male.

Pur giocando al massimo, i magnifici 7 furono travolti dagli undici avversari. Una lotta impari… 11 contro 7… una difesa che faceva acqua da ogni parte… e così, un gol dopo l’altro… ne presero ben 32. Cioè la partita fini 32 a ZERO!

L’allenatore migliore dell’universo non riusciva a capacitarsi di tale disfatta: “Ma come?!? Ho la miglior squadra del mondo… i magnifici 7… e perdiamo?!?”.

E così, di partita in partita, di sconfitta in sconfitta, lui e la sua squadra furono ricoperte di ridicolo. Ma lui si ostinò a farli giocare tutto il campionato.

Sei dei magnifici 7 allora, al termine del campionato, lo presero da parte e gli dissero: “Ehi, mister! Magari… il prossimo anno… se ci fosse qualche giocatore in più in squadra… potremmo vincere…”.

E fu così che l’allenatore aggiunse un paio di giocatori… ma i risultati furono lo stesso catastrofici anche l’anno successivo: all’inizio giocavano in 9 contro undici, poi uno di loro si infortunò e restò zoppo, un altro compì 95 anni…, uno si prese il Coronavirus, un altro un soffio al cuore… e così arrivarono ultimi in classifica anche quell’anno.

Fu allora che il più piccolo dei magnifici 7 originari, timido come pesce lesso in umido, osò dire al mister:

“Ehi, mister! Secondo me sei il più migliore… secondo me siamo i più migliori… ma… a che gioco giochiamo?!? Se continuamo a giocare in 7 nel campionato da 11… perderemo sempre, e saremo lo zimbello del creato. Se magari passassimo al campionato di calcio a 7… forse potremmo farcela (infortuni permettendo: siamo in 7, e non abbiamo riserve). Se invece…. Ma qui tu dovresti avere il coraggio di rinnovare radicalmente la mission della squadra… se invece ci iscriviamo al campionato di CALCIOBALILLA… in sette saremmo in troppi… basteremmo in due o tre… e siccome siamo i migliori dell’universo… in 3 insieme a CALCIOBALILLA… stracceremmo tutti!”.

E… qui successe il miracolo, che di solito non succede, perché i miracoli son merce rara e l’orgoglio è in inflazione ovunque: l’allenatore fuori dal comune ascoltò la proposta di quel pivello, riconobbe di aver sbagliato tutto fino a quel punto, rinnovò radicalmente la mission della squadra, mandò in pensione i 3 più vecchi, a riposo il malato, ed iscrisse i 3 magnifici più giovani al campionato interstellare di CALCIOBALILLA.

E, udite udite, quei 3 sbaragliarono tutti nell’universo.

Imbattibili! Invincibili! Inossidabili: asfaltarono tutti i loro avversari.

E da qui nacque il famoso detto:

beati i primi a calciobalilla, che gli ultimi in serie A.

12 febbraio 2021

"Io sono la Vite, voi i tralci". Il vescovo Paolo scrive ai suoi preti dispersi nella Diocesi di Nicopoli.

Condivido con gioia, per i lettori di cose bulgare, questa finora inedita "lettera pastorale", che il vescovo bulgaro mons. Pavel Dovanlia scrive ai suoi quattro preti (proprio 4 di numero: i passionisti p. Francesco Ferreri e p. Michele Hirschenauer, gli alunni di Propaganda don Mattia Razdilovich e don Nicolò Zilve).

Siamo nel 1796, il vescovo è bloccato a Bucarest con le sue perenni malattie, da poco è finita l'ennesima guerra tra Russi e Turchi che ha stravolto le popolazioni lungo il Danubio, dopo di essa è scoppiata una terribile peste, con molte vittime, e pure una terribile carestia: una situazione davvero tragica, nella quale questi quattro missionari fanno quel che possono.

Monsignor Paolo cerca di rincuorare gli sconfortati missionari, e li invita a rimanere saldi in Gesù Cristo, la vera vita, ed a non perder la speranza che il seme del Vangelo darà frutti a suo tempo. Buona lettura!

 

18/11/1796, Bucarest. Lettera Pastorale di mons. Pavel Dovanlia[1]

Alli reverendi Padri in Cristo carissimi

Missionari nella Diocesi di Nicopoli. 

Ego sum vitis vera, et vos palmites;

qui maneat in me et ego in eo, hic fructum multum”. Joan c. 15 

L’amore inesplicabile di Gesù Christo verso l’anime nostre, di cui parlando l’evangelista disse: “Cum dilexisset suos qui in mundo erant, in finem dilexit eos[2] (Joan c. 13), ci dovrebbe esser presente in tutti li nostri andamenti e in tutte le nostre operazioni, giacché scarsi sono tutti i momenti della nostra vita per poterci dimostrare in qualche piccol maniera grati e riconoscenti a Gesù Cristo, che sparso ha tutto il suo sangue morendo in croce per salvarci.

7 febbraio 2021

Da Oresh a Sestri Ponente: la storia dell'Icona miracolosa di mons. Sebastiano Canepa, vescovo di Nicopoli

Curiosando in biblioteca, mi sono imbattuto in un interessantissimo opuscoletto del 1809, che racconta (in una prosa ovviamente settecentesca...) la curiosa ed avvincente storia di questa immagine di Maria, madre del Buon Consiglio, benedetta qui in Bulgaria, ad Oresh il 1° marzo 1760 ed ora conservata nella chiesa di San Giovanni Battista di Sestri Ponente, vicino a Genova in Italia.

Ripropongo qui, ai cari lettori di Cosebulgare, questo antico testo, che racconta molte cose affascinanti anche sulla realtà della Diocesi di Nicopoli nel periodo antecedente l'arrivo dei Missionari Passionisti.

Buona lettura! E, se passate da Sestri Ponente, fermatevi a pregare davanti a questa sacra immagine!

Parrocchia di San Giovanni Battista a Genova Sestri Ponente

RAGGUAGLIO DELLA VENUTA DELLA SACRA IMMAGINE

DI MARIA SANTISSIMA MADRE DEL BUON CONSIGLIO

nella Parrocchia di S. Giovanni Battista di Sestri di Ponente,

colla storia in succinto della vita e morte di Monsignor Don SEBASTIANO CANEPA

Vescovo di Nicopoli, che ne fu il primo possessore. 

OPERA del P. BERNARDO LAVIOSA C. R. S.

GENOVA 1809

Dalla Stamperia di Gio. Giossi

Ai divoti di MARIA SANTISSIMA MADRE DEL BUON CONSIGLIO

Divoti di Maria Santissima del Buon Consiglio, a voi è diretta la Storia della venuta in Sestri di Ponente della Sacra Immagine di nostra Madre, che fu già tanto cara a Monsignor D. Sebastiano Canepa, Missionario in Bulgaria, e quindi Vescovo di Nicopoli, uomo di singolare celebrità, e per l'illibatezza dei costumi, e per lo zelo delle anime, e per la santità della vita.

L'oggetto, che mi ha determinato a scriverla, altro non è stato che di avvivare sempre più in voi l'amore, la confidenza, la speranza nella cara vostra Protettrice, onde ottenere per lei quel più che desiderate, diretto sempre al conseguimento dell'eterna vostra salute.

Noi per noi medesimi siamo capaci di pensare cosa di bene; Dio ne previene colla sua grazia ; Dio ne coadiuva ad operare quello, che è di nostra salute; è lo spirito del Signore, dice S. Paolo ai Romani, che ci aiuta nelle nostre debolezze, perchè noi non sappiamo neppure di che abbiamo a pregare, e che ne convenga.

E' lo Spirito di Dio, che chiede per noi, suscitando in noi gemiti inesprimibili, ed egli che è il grande scrutatore dei cuori, sa quello che lo spirito desidera, perchè non domanda egli mai pei Santi, se non ciò che è secondo il cuor di Dio.

In tanta notte, in tanta cecità per nostra parte, a chi affideremo noi la direzione dei nostri passi; a chi ci volgeremo, onde ne ottenga quello spirito , che supplisca alla nostra miseria, se non a Maria, che è Madre di Dio e Madre nostra ?

Ciechi nel vedere il nostro bene, dimandiamole consiglio ; incapaci ad operare per noi medesimi, domandiamole aiuto. E chi potrà dubitare, chi potrà temere, che sua Madre non lo assista?

La Storia che vi presento, vi farà conoscere come essa si sia sempre prestata ai vantaggi di quelli che hanno riposta in lei la loro confidenza e la speranza loro; e mi lusingo, che questo vi sarà di sprone e d'incoraggiamento a fare lo stesso. Dio ve ne conceda la grazia.

Gradite i miei desideri, e pregate per me.

Il Vostro Servo BERNARDO LAVIOSA C. R. S.