31 gennaio 2019

Ho fatto un sogno...

I sognatori sono una gran bella categoria di gente, che mi sta molto simpatica.
Anch'io ho i miei sogni, ci mancherebbe, ma magari li condivido un'altra volta.
Ovviamente non mi riferisco a certi sognatori, che coi loro sogni hanno creato incubi e tragedie (cito solo i faraonici e deliranti sogni di un Hitler o uno Stalin... sogni totalitari e antiumani, sogni ideologici di potere e ingiustizia).

Penso invece a don Giovanni Bosco, che oggi ricordiamo.
Pare che abbia fatto più di 150 sogni (quelli conosciuti e da lui condivisi).
Sogni "certificati" dalla Chiesa, sogni che venivano da Dio.
Un dono non richiesto, che si è trovato addosso, dentro.
Scriveva don Bosco: "Le cose che vedo accadere nei sogni mi caricano di responsabilità immensa. Essi contengono presagi, rivelazioni, annunci di morte, ma anche la via da percorrere e il modo".
Rileggendo la sua vita, e guardando di nuovo l'ultimo film, si nota molto chiaramente come in molti hanno condiviso con lui gli stessi sogni, ed altri molti invece lo hanno criticato, avversato, ridicolizzato.
Ma lui, tenace (non testardo), speranzoso (non illuso), gioioso (non lamentoso), sempre, sempre è andato avanti, certo della bontà e della provenienza divina di questi sogni.

17 gennaio 2019

Il martirio che unisce i cristiani

Forse non tutti sanno che il giovane belenciano
Eugenio Bossilkov difese proprio nel gennaio 1931
la sua tesi di dottorato... sull'unità dei cristiani!
E anche quest'anno iniziamo una settimana di preghiera speciale per l'unità tra i cristiani. Anche se vi ho sempre partecipato intensamente, confesso che sempre questa settimana mi provoca un paio di perplessità...
Primo, perchè sembra suggerire che tra i cristiani non ci sia unità. Di solito infatti chiediamo una cosa quando ci manca... Se chiediamo unità, vuol dire che non c'è unione. Basterebbe, secondo me, inserire nel "titolo" un piccolo aggettivo: "Settimana di preghiera per la PIENA unità dei cristiani". Infatti, a partire dal comune battesimo, dalla comune fede in Gesù Cristo, dalla comune Parola di Dio, e da molte altre cosette, noi cristiani siamo già uniti in molte cose, compreso il nome "cristiani". Quindi penso che il fine corretto della comune preghiera (altra cosa in cui siamo uniti) sia quello di chiedere a Dio una crescita, una pienezza di unità.
Secondo, non mi è mai piaciuto il termine "unità", non solo perchè richiama il nome di un noto giornale italiano, ma anche perchè non mi pare ecclesiologicamente adatto. Sarebbe bello usare il più biblico e teologicamente significativo COMUNIONE. E quindi il cammino che sta davanti a tutti noi, battezzati nelle diverse chiese degli uomini ed appartenenti all'unica Chiesa di Cristo, è quello di compiere passi e gesti di comunione. Che essendo una realtà umana (e anche un po' divina), è una realtà viva, che può crescere o diminuire, strapparsi e ricucirsi. Quando siamo in comunione (che non vuol dire uniformità, ma unità nella diversità), proprio allora si vede il volto della Sposa.
Comunque, l'importante è pregare in questa settimana (e anche in tutti i restanti giorni dell'anno), perchè una piena e viva comunione tra di noi è possibile solo attraverso l'azione di Dio, lasciandoci rinnovare dal fuoco dello Spirito Santo.

11 gennaio 2019

Arriva Francesco in Romania! E sarà accolto nella cattedrale di Bucarest, costruita dai Passionisti...

Oggi è stata data la lieta notizia della prossima visita di Papa Francesco in Romania (31 maggio - 2 giugno).
Motivo di gioia per tutti i romeni, ma anche un po' per noi bulgari e per i Missionari Passionisti.
La Romania e la Bulgaria infatti, oltre che ad essere vicini di casa uniti dal Danubio, hanno moltissimi legami storici ed ecclesiali. La Romania per secoli è stata la casa dei rifugiati bulgari, molti di cui cattolici, che scappavano dalle angherie e dalle ristrettezze dell'Impero Ottomano, per cercare casa, lavoro e libertà in terra romena.
Nei villaggi di fronte a Russe, nella stessa Bucarest (Cioplea, Popesti Leordeni...), di fronte a Belene (Vsciora, Flamanda...), nel Banato (Vinga, Sanniculau Mare, Dudesti...), ed altrove ancora esistono consistenti nuclei di bulgari discendenti dai profughi dei secoli scorsi.
La cattedrale San Giuseppe di Bucarest
In particolare poi noi Missionari Passionisti abbiamo lavorato nel sud della Romania (la famosa Vallachia) dal 1782 al 1892.
Mi pare bello ricordare che il primo vescovo passionista di Nicopoli e Vallacchia, mons. Francesco Maria Ferreri, morì proprio a Bucarest di peste il 3 novembre 1813, per non abbandonare i malati, ed è sepolto nella chiesa di Cioplea.
Dopo di lui fino al 1894 tutti i vescovi che si curavano del sud della Romania furono Passionisti: mons. Fortunato Ercolani, mons. Giuseppe Molajoni, mons. Angelo Parsi, mons. Giuseppe Pluym, mons. Ignazio Paoli.
Addirittura nel 1867 i Francescani si ritirarono dalla Vallachia, ed allora Propaganda Fide affidò ai Passionisti la cura di tutte le comunità della Vallachia.

Così come i primi due vescovi della neonata arcidiocesi di Bucarest furono i Passionisti Ignazio Paoli (1883-1885) e Paolo Giuseppe Palma (1885-1889). Grazie a loro ed alla Congregazione dei Passionisti fu edificata anche l'attuale cattedrale di San Giuseppe a Bucarest, consacrata nel 1884.

Mons. Ignazio Paoli cp
primo Arcivescovo di Bucarest
Dopo di loro amministrarono la Diocesi di Bucarest i passionisti mons. Costantino Costa (1889-1893) e p. Basilio Laureri (1893-1894).
Gli ultimi passionisti lasciarono la Romania nel 1907.

Certamente son legami lontani nel tempo, ma ben vivi e presenti.
Proprio per questo andremo anche noi ad accogliere il Papa a Bucarest, ed a condividere la gioia dei nostri fratelli romeni.

10 gennaio 2019

Arriva il nuovo vescovo passionista a Belene!

mons. Francesco Maria Ferreri cp
nato a
 Levaldigi (Cuneo), il 14 ottobre 1745
Il 20 gennaio prossimo ricorrono 213 anni da un avvenimento unico e prezioso per la comunità di Bèlene, per la Diocesi di Nicopoli, per la chiesa in Bulgaria e per la Famiglia Passionista.
Vabbè, non è una cifra tonda, ma... è pur sempre un anniversario.
In quel giorno, nel lontano 1806, (ri)metteva piede a Belene il primo vescovo passionista per la Bulgaria, p. Francesco Maria Ferreri, che tutti i lettori del libro "Lettere dai confini d'Europa" ben conoscono e apprezzano.
Dopo aver lavorato ben 14 anni nelle pianure danubiane, il nostro p. Francesco era tornato in Italia. Ma la Santa Sede lo sorprese eleggendolo Vescovo di Nicopoli il 5 agosto 1805. Inaugura così una serie di ben 11 vescovi passionisti, conclusasi l'11 novembre 1952 con la fucilazione di mons. Bossilkov.
Viene consacrato nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo a Roma il 22 settembre 1805, quindi parte per la Bulgaria, e arriva il 20 gennaio successivo.
A differenza del suo predecessore, mons. Dovanlia, che si era spostato a vivere prima a Ruse e poi a Bucarest, il nostro confratello riporta la sede della Diocesi a Belene, "nel tugurio che i cattolici avevano a disposizione del missionario", dove già risiedevano i precedenti vescovi, e dove come i predecessori svolgerà anche il lavoro di parroco, essendoci in Diocesi solo 4 sacerdoti... Con questa scelta contribuisce di nuovo a rendere Belene il centro spirituale della Diocesi. Un centro un po' betlemmiano (senza cattedrale, senza vescovado, senza segretari e parroci... un "tugurio"), ma pur sempre un centro. E gliene siamo grati.

Testimoni della fede da conoscere, onorare e non dimenticare mai.

Ho iniziato a leggere con molto interesse in questi giorni la raccolta, curata da Jan Mikrut: "Testimoni della fede. Esperienze personali e collettive dei cattolici in Europa centro-orientale sotto il regime comunista" (Gabrielli Editori, Verona 2017, pp. 1245).
Pur voluminosa, essa rappresenta solo la punta dell'iceberg. Basti pensare che per la Bulgaria viene presentato solo il nostro Eugenio Bossilkov, e purtroppo non ci sono le storie delle altre centinaia di sacerdoti, consacrate e laici che passarono per le macine del comunismo in Bulgaria dal 1944 al 1989.
Così come ci vorrebbero almeno altri cento volumi analoghi se si allargasse lo sguardo in una visione ecumenica ed inter-religiosa: centinaia di migliaia di credenti (cattolici, ortodossi, protestanti, ebrei, musulmani...) investiti dal rullo compressore dell'ateismo materialista nel XX secolo.
Purtroppo poi il testo non è accompagnato da nessuna fotografia: ma a questo si può rimediare con internet, cercando i volti di queste persone concrete.
Comunque, pur nella sua essenzialità, pur limitandosi ai cattolici, questo volume ha il pregio di aprire una finestra sull'Est Europa (Albania, Bulgaria, Cecoslovacchia, DDR, Jugoslavia, Polonia, Romania, Ungheria) con un linguaggio semplice, ma seriamente documentato.
Nessun taglio apologetico, nessun divagare teoretico, ma le semplici e concrete biografie e parole di persone concrete, con le loro scelte ed i loro destini concreti.

Eugenio Bossilkov, passionista nato a Belene,
vissuto in Europa, fucilato a Sofia. 
Da qualche anno mi occupo direttamente di martiri e di vittime innocenti, specialmente dei regimi comunisti, e devo dire che noi europei ancora non conosciamo adeguatamente la nostra storia comune. Ben vengano volumi come questo (che van sfogliati e letti, non solo appoggiati sugli scaffali), che aiutano in modo serio a conoscere non i miti e le idee del passato, ma le persone concrete che lo hanno vissuto. E, come tutte le vittime innocenti, questi "europei" ci chiedono di essere onorati e non dimenticati.

Di questa concretezza abbiamo tutti bisogno. La nostra cara Europa, nata dalle ceneri delle ideologie totalitarie nazionaliste, comuniste, naziste e fasciste, ha urgente bisogno di ritrovare il valore della persona concreta rispetto alle idee e alle parole vuote. Così come il valore della concretezza dei volti, dei luoghi, dei gesti.
Ognuno di questi "martiri" ha un volto ed una storia, che si può conoscere.
Ognuno di questi "martiri" ha vissuto o è morto in un luogo, che si può visitare.
Ognuno di questi "martiri" fa parte della mia famiglia europea, e può essere mio "familiare".
Ognuno di questi "martiri" è una persona normale, buona, positiva, che si può onorare.
Ognuno di questi "martiri" è una ricchezza per tutti, che si può valorizzare.
Buona lettura!


9 gennaio 2019

Perchè "BELENE" è importante per il popolo bulgaro... e per l'umanità.

L'energia di Belene che si irradia su tutta la Bulgaria....
Ogni persona, ogni famiglia, ogni comunità e ogni popolo hanno dei "luoghi" importanti, che costituiscono pietre miliari nella propria identità.
Luoghi che diventano simbolici, sacri, mete, che cadenzano ricorrenze, che diventano "icone". Luoghi diversi da tutti gli altri.
Provate a chiedere ad un greco cosa è l'Olimpo o le Termopili.
O ad uno statunitense cosa è Little Big Horn.
O ad un italiano cosa è Caporetto, o le Fosse Ardeatine, o Assisi.
Provate a chiedere ad un ebreo cosa è Auschwitz, o ad un giapponese cosa è Hiroshima.
La Sfinge e le Piramidi, il Colosseo, la Kaaba, il Taj Mal, la Grande Muraglia....
Sono luoghi o monumenti legati alla storia, ad avvenimenti precisi, che li consacrano per sempre.
Alcuni di questi luoghi sono poi così altamente simbolici, che diventano patrimonio dell'umanità, e costituiscono un tesoro non solo per la nazione in cui si trovano, ma per tutti.
Pensiamo solo alle ultime tre città citate sopra: Assisi, città della pace; Auschwitz, memoria dell'Olocausto; Hiroshima, tragedia nucleare.

Anche il popolo bulgaro ha i suoi luoghi sacri e simbolici: il monastero di Rila, Shipka, il Teatro romano di Plovdiv, la Casa del Partito di Bozludja.... e Belene.

Se chiedete a qualsiasi bulgaro qualcosa intorno alla città di Sekirovo... probabilmente non sa neanche che esiste e dove si trova.
Ma se pronunciate il nome "Belene"... vedrete il suo volto illuminarsi.

8 gennaio 2019

"Pacem in terris... bulgaricae". L'opera pacificatrice di mons. Angelo Roncalli nella Bulgaria del Nord.

Come ormai tutto il mondo sa, dal 5 al 7 maggio prossimi papa Francesco visiterà la capitale Sofia ed il paese di Rakovski in Bulgaria. Come leit motiv della sua visita il Papa ha scelto le tre parole evangeliche e angeliche natalizie PACEM IN TERRIS, parole usate da san Giovanni XXIII per la memorabile omonima enciclica.
Il riferimento a papa Giovanni, che fu visitatore e delegato apostolico in Bulgaria dal 1925 al 1934 è molto chiaro. Ecco perchè mi pare bello riproporre qui uno stralcio dell'introduzione all'epistolario roncalliano "Il lupo, l'orso, l'agnello", dal quale sinteticamente si capisce in che bel vespaio si trovò catapultato il novello vescovo bergamasco, e di come riuscì a tessere fili di riconciliazione e pace in una situazione incancrenita da anni di conflitti.
Non sono esperto del sud della Bulgaria, e non mi risulta che ci sia stato un grande lavoro pacificatore svolto da mons. Roncalli in quel di Rakovski... ma certamente un po' di pace nelle terre della Bulgaria del Nord, tra Belene e Russe, quello sì che impegnò il futuro papa e santo. E visto che la Bulgaria non è solo sotto i Balcani, è bene dare una rivisita storica sopra i Balcani.
Quindi, buona lettura, che serve a conoscere la concretezza di cosa vuol dire portare, creare e custodire la pace in una terra concreta, in questo caso la Diocesi di Nicopoli nella Bulgaria del Nord.

IL CONFLITTO TRA DON KARL RAEV E MONS. THEELEN 

Don Karl Raev, parroco di Belene
Si può affermare, senza esagerare, che il conflitto tra il sacerdote bulgaro Karl Raev ed il vescovo olandese mons. Damian Theelen ha attraversato interamente il trentennale episcopato di quest’ultimo (1915-1946), senza mai essere risolto definitivamente. Tra aspri scontri e brevi oasi di riavvicinamento, fra scambi di parole infuocate e tentativi di convivenza, tra periodi di ossessivo rincorrersi od ignorarsi, questo trentennio mostra l’incompatibilità e l’incapacità di entrambi di comprendersi, di ragionare su questioni importanti trovando soluzioni condivise; mostra anche chiaramente come il carattere, le ostinazioni e i comportamenti di un singolo possono a volte condizionare la vita di una comunità più vasta, come può essere una diocesi. 

Le questioni sul tappeto si possono focalizzare attorno ad alcuni nodi, che purtroppo non hanno mai ricevuto una soluzione chiara e decisa, provocando così incomprensioni profonde: la formazione di sacerdoti diocesani bulgari, la gestione amministrativa delle parrocchie, il sostentamento del clero, il rinnovamento della vita ecclesiale. 

La persona attorno a cui ruotano la storia, qui raccontata, e i documenti, qui presentati per la prima volta al pubblico, è certamente don Karl Raev. Al di là di ogni giudizio sulla sua persona (che non compete a noi, che restiamo neutrali), le vicende di questo sacerdote cattolico bulgaro e dell’ambiente in cui si muove sono in se stesse molto curiose e vivaci.

Mons. Damian Theelen, vescovo di Nicopoli
Per comprendere il clima e la situazione nella diocesi di Nicopoli agli inizi del ‘900, in particolare nella zona di Belene, rimandiamo a due documentati ed approfonditi studi apparsi recentemente in Bulgaria, a cura di Svetoslar Eldarov e Rumen Vataski, purtroppo non ancora tradotti in altre lingue[1]. Pur partendo da due visioni diverse (Eldarov, cattolico, è uno storico militare, e quindi analizza e interpreta in fatti secondo le dinamiche del conflitto; Vataski, ortodosso, è uno storico della Chiesa, e quindi è attento anche ad altre questioni), numerose pagine di queste pubblicazioni sulla storia dei cattolici in Bulgaria sono appunto dedicate al nostro don Karl, una figura che ha vivacizzato la vita ecclesiale, sociale e politica della prima metà del XX secolo in Bulgaria, e ci offrono un quadro abbastanza preciso su come si svolsero le vicende di Belene e della Diocesi di Nicopoli. 


5 gennaio 2019

Chi arriva... chi non arriva... chi arriva in ritardo.

Come si dice... l'Epifania, tutte le feste si porta via.
E così anche quest'anno rimettiamo le statuine del presepio in soffitta, e si riprende un po' di sana normalità, tra scuola e lavoro, aspettando le feste Pasquali.
Molto interessante la smontatura, perchè ti fa riprendere in mano tutti i pezzi del puzzle natalizio, e scopri chi è arrivato... e anche chi non è arrivato.
Il primo arrivato, da deporre con cura, vista la sua innata fragilità, è il Bambinello. Da riporre con cura per trenta mistici anni nella scatoletta-casetta di Nazareth, pronti per estrarlo e metterlo in bella posa sulla croce del venerdì santo. Un bel trambusto, questo suo arrivo.
Poi mettiam via pure la Madonna e san Giuseppe, arrivati pure loro.
L'asino ed il bue, e le pecorelle. Quando c'è un terremoto... gli animali lo sentono prima... questione di vibrazioni ed ultrasuoni, ed arrivano prima.
Ed i pastorelli, ancora frastornati dai vagiti umano divini inaspettati dalla stalla, e dalle strombazzate angeliche dalle stelle... arrivati pure loro nella grotta più famosa (oggi, non allora) del mondo.
Mettiam via pure i magi, appena appena arrivati, per la loro toccata e fuga dalla cometa stella guidata.
E penso basta, perchè questi son arrivati.
Sono tanti? Beh, considerando l'attuale traffico tra le grotte delle pecore betlemmee... par di sì. L'ora di punta della storia, crocevia trafficato più del solito.

Dando però un occhiata in giro... poca brigata, vita beata. C'era ancora posto per molti, per tutti, nella stalla di Betlemme. C'è ancora posto, negli scatoloni da porre in soffitta. Per quelli arrivati in ritardo. E per quelli mai arrivati. E per quelli tirati dentro il vortice.

Dove sono gli abitanti di Betlemme? Quelli delle porte chiuse, quelli tutti presi dalle feste, che non hanno una stanzetta per far riposare una donna incinta? Quelli rintanati al calduccio? Non se ne sono visti molti in giro, pare nemmeno uno. Neppure il giorno dopo, per vedere che fine han fatto quei due di Nazareth venuti dalle nostre parti...
Buon per loro, ma purtroppo ci pensano gli sgherri di Erode Re a tirarli dentro, a sfondare porte e finestre, a strappare loro i figli, cercando il Figlio.
Ma arrivano in ritardo gli ammazzatori di bambini, e questi poveri piccoli se ne partono troppo presto.

Un vero è proprio dramma, questo di Betlemme, che rimettiamo in scena ogni anno, incastrando tutti i pezzi, le comparse, uno ad uno. Un bel trambusto, che smontiamo ed inscatoliamo con cura.
Sarà che l'Epifania tutte le feste si porta via... ma più che una festa a me mi pare un bel dramma, drammatico. Un bel trambusto questo arrivo dal Cielo.