29 agosto 2020

Il bue con la bua e le rane di Belene.

Tutte le mamme conoscono la favola di Esopo della rana e del bue, o no?, e la raccontano ai loro figli quando vogliono fare gli sbruffoni o si incaponiscono a fare gli adulti. Beh, quando invece voi genitori trattate infantilmente la vostra prole, o quando invece di trattarli da ometti li trattate da bambini dell’asilo… care mamme e papà o affidatari, fatevi raccontare da loro questa storia di Belene.


C’era una volta a Belene un grosso più, ma molto grosso, più grosso di quello che a Natale si mette con l’asinello nel Presepio. Un vero bue, con le corna da bue, i possenti quarti da bue, con tutte e quattro le mastodontiche zampe sue. Insomma… un normalissimo bue, di quelli che vediamo tutti i giorni per i campi. 
Questo bue aveva una forza forzuta, faceva da sé come per tre, trascinava carri da buoi, aratri da buoi e fieramente si faceva i fatti suoi. 

Un giorno, pascolando tra le paludi di Belene, fu attratto dal gracidare delle sirenee rane di Belene, e si avvicinò loro incuriosito. 
Non l’avesse mai fatto! 

28 agosto 2020

Dipende solo da te: acciocchè tu non faccia il lacchè… macchè a Napoli o Venezia! Vieni a Belene, a berti un buon caffè con me! Imperocchè è il più gustoso che c’è.

Come tutti sanno, la prima chiesa fu costruita a Belene nel 1604. Praticamente era una baracca di legno, lunga undici passi e larga 6, con quattro assi ed un po’ di
phragmides australis come tetto. Poi, evolvendosi il tutto, fu scavata una chiesetta più ampia, mezza seminterrata, dove attualmente c’è la cantina della canonica. Quindi si fece una più ampia chiesa di legno, poi completamente bruciata da una banda di criminali turchi nel 18° secolo. Dopodichè si fece su una nuova chiesa di legno, attorno alla quale poi nel 1860 venne costruita l’attuale chiesa, santuario del Beato Eugenio Bossilkov… 

Erroneamente tutti son convinti che il caffè fece ingresso in Europa da Venezia dopo il 1605, come tutti i uikisaggi sanno, cioè dopo che Charles De l’Ecluse, direttore del giardino botanico di Vienna, fece l’elogio delle saporifere antisoporifere pregiate bacche. 

A dir la verità, e a dirla tutta però, il primo distributore automatico di caffè in Europa fu posto casualmente proprio qui a Belene, nel 1604, quindi un anno prima. 

Vabbè, i nostri più acerrimi critici diran subito che allora Belene non era in Europa, ma nell’Impero Ottomano. E che gli Ottomani avevano pure quattro bocche e già da secoli si dilettavano a trangugiare miscele caffeiniche nelle loro turche brocche. 

Fatto che sta che neppure Vienna allora era in Europa, ma nell’Impero Austro Ungarico, e così pure Venezia non era in Europa, ma nella Repubblica di Venezia, e giustacchè la stessa Napoli non era in Europa, ma nel Regno di Napoli. Quindi…. Nel 1604 Belene era in Europa, tanto quanto Vienna e Napoli: e quindi il primato della diffusione del caffè in Europa spetta a pieno titolo a Belene! 

Ma lasciamo la politica e la geopolitica, e torniamo alla storia, quella vera.

25 agosto 2020

Teodòra di Belene, la signora degli agnelli.

Sono assolutamente sicuro che tutti voi conoscete molto bene il Signore Degli Anelli, con le maiuscole del caso. Probabilmente però insomma… tu non avrai sentito parlare della signora degli agnelli, con le minuscole, è vero? In questo caso, se proseguir l’ardua lettura ardirai e fin alla fine giungerai, allor saprai tutto di Teodora di Belene, la signora degli anelli. 

Molto tempo prima che, secondo alcune ipotesi, le scimmie scendessero dalle piante e gli ominidi discendessero dalle scimmie, o più biblicamente molto prima che il buon Dio facesse su Adamo ed Eva con la palta dell’Eden… gli animali vivevano felicemente sulla terra, e la tal cosa è scientificamente e biblicamente confermata. 

In quei giorni, più o meno nel paradisiaco luogo dove ora sorge il paesello di Belene, anche qui sulla riva del Danubio, tra i canali e le quindici paradisiache isole, ogni tipo di animale viveva tranquillamente. Visto però che gli esseri di questa zona erano un po’ più evoluti degli altri, si erano organizzati un po’, dandosi un capo che insieme ai suoi colleghi scagnozzi governasse il tutto. 

21 agosto 2020

Questo della storia è il succo: con un bel trucco, quel mammalucco di Cucco, l’oco del Capodoglio, invece di finire in padella nel bollente oglio come cacciucco, divenne di Belene il grande Capo, nel general cordoglio.

Tanto tempo fa, ma proprio tanto, cioè più o meno dopo Adamo ed Eva e prima dell’arca di Noè, per capirci, le prime creature bipedi umanoidi antropomorfiche, ovviamente non ancora sapienti come noi e nemmeno con tutta l’esperienza che abbiamo noi… stufe della loro nehandertaliana anarchica vita, decisero all’umanimità di creare i politici, e declamarono: 

“Perché dobbiamo vivere allo sbando? Perché ognuno continua a fare come vuole? Diamoci un grande Capo, che ci guidi, che amministri la giustizia, che ci rappresenti e governi! Un Grande Capo che si occupi del bene comune”. 

20 agosto 2020

Verde speranza, chi lo porta è in gravidanza

Il Regno dei Sivovi Grigiopallidi di Belene, nel suo massimo splendore, si estendeva da Belene sud fino a Belene nord, e da Belene est fino a Belene Ovest. 

Era un regno immmenso e prosperoso, che nel suo apogeo contava un castello e ben 46 case, secondo i dati dell’annuario dell’epoca. 

Secondo la tradizione locale, in onore della casata regnante dei Sivovi Grigiopallidi, tutte le case erano pitturate di grigio, tutte le strade e le piazze erano lastricate di granito grigio, tutti i lampioni e le cassette della posta erano verniciati di grigio, ed erano stati banditi da tempo i fiori e gli alberi (da che mondo è mondo purtroppo non esistono piante e fiori grigi… probabilmente quel disgraziato che ha creato il mondo si è dimenticato di questo colore…), sostituiti ovviamente con alberi e fiori di plastica grigi. 

15 agosto 2020

Un gigantesco balzo per un uomo, un piccolo passo per l’umanità.

Il giovane Pio Diociauti era un bravo credente, e tutte le domeniche andava a messa. Negli ultimi tempi però, ogni volta che usciva di chiesa, gli veniva un leggero bruciore di stomaco, accompagnato da un po’ di nausea e qualche capogiro, e da uno strano formicolio negli arti. 

Preoccupato di questi sommovimenti gastroesofagei e nervosi, andò a farsi una visita dal medico. 

Dopo il consueto cek ap e gli esami prescritti, il medico lo convocò e gli disse: 

“Senta, signor Diociauti, in base a tutti gli esami pare che lei non abbia proprio un bel niente, dal punto di vista fisico: tutto nella norma, anzi, direi che lei gode di ottima salute e sprizza di energia giovanile”. 

14 agosto 2020

Il pallino di topo Lino, il birichino topolino albino che voleva esser l’artefice del suo destino, e non capendo un acca di latino, voleva diventar il pontefice Lino

Per secoli la prosperosa colonia del popolo dei Muridi aveva prosperato sulle sponde del Danubio, più o meno dove attualmente sorge la gloriosa città di Belene. 

La terra era molto fertile, la temperatura molto temperata, il cibo abbondante, acqua a volontà: che volete che facciano i Muridi? Prosperano. 

E così i figli dei Muridi come tutti nascevano, mangiavano, dormivano, andavano a scuola, poi si sposavano o andavano a convivere, lavoravano, etc etc, etc. Il solito tran tram. 
Circa duemila anni fa avvenne questa cosa curiosa, che ancora si tramanda. 

11 agosto 2020

L’uovo, la gallina e il sesso degli angeli

Una mastodontica pozzanghera atomica di Belene
Una mastodontica pozzanghera atomica di Belene
La città di Belene è famosa, tra le tante cose, per le buche delle sue strade. Ce ne sono di tutti i colori e di tutte le misure, ma nessuno al mondo sa ancora quante siano. Quei pochi che per hobby iniziarono a contarle, sono nel frattempo invecchiati e morti, senza poter concludere la loro missione. 

Ce ne sono di tutti i tipi: da quelle a forma di tana di coniglio a quelle di cratere lunare, da quelle frastagliate a quelle con la circonferenza perfetta. Ci sono le buche scoppiagomma e quelle sussultanti, alcune son profonde altre son gioconde. Ci son pure quelle a ciambella, con l’asfalto a forma di atollo corallino, poi ci son quelle traditrici chiamate sabbie mobili: una sottile crostina sopra, con sotto voragini nascoste, ed appena ci metti il piede o la ruota… patatrack! Vai giù come un pesce lesso. 

Ci sarebbero poi quelle a forma sinuosa, che come serpenti serpeggiano a destra e a manca, quelle recidive, che riempiono e poi si riformano. 

Insomma, se le collegassero con dei canali, faremmo concorrenza a Venezia. Ma Belene Venezia non è, e solo Dupkigrad, cioè la Città delle Buche. 

Un giorno, dopo un discreto temporale, baba Tonta e baba Storna, audendo augelli far festa, si misero in testa oltre al loro fazzoletto anche l’idea di uscire a far due passi e raccoglier un po’ di lumache. 

La micidiale bianca neve ed i sette Nànovi di Bèlene

Non so se hai mai trascorso un inverno nei Balcani. Provare per credere. 
Credimi, fa un freddo birichino, e tormente di neve, e temperature artiche siberiane. 
Mica bao bao micio micio. Quando arriva il generale Inverno, si scaldi chi può! 
Addirittura, qualche volta, durante gli inverni più rigidi ed invernosi, anche la superficie del grande fiume Danubio ghiaccia. Non è proprio come la banchisa dell’Antartide od il pack della baia di Hudson, ma ugualmente blocca la circolazione delle navi, e quindi… arriva la cavalleria! 
In passato addirittura mandavano i bombardieri a bombardare le lastre di ghiaccio, perché se si incastrano formano una specie di diga, e poi il Danubio esce dal suo caldo letto, e son guai. 

9 agosto 2020

Il pomo di Adamo e l’Angelo custode

L’arcipelago di Belene, come tutti sanno, è un vero paradiso per i pescatori. Formato da quindici stupende isole, isolotti ed isolette, attraversati da canali, canalini e canaletti, questo miracolo della natura è un vero paradiso per tutte le creature acquatiche. L’unico neo è… che qualche stupido ci sta costruendo proprio in mezzo una centrale atomica, distruggendo da quarant’anni l’habitat e l’ecosistema… ma questa è un’altra storia, che magari scriverà la Greta Tunberg di turno… Tornando a noi.. 

Un giorno, in questo spettacolare spettacoloso paradiso venne a pescare, con la sua barchettina il giovane belenciano Anghel Pasitelov (in italiano Angelo), accompagnato dalla sua mogliettina Stracchina Pasitelova (che in italiano non vuol dire Stanca, ma più o meno Paurosa). 

Come tutti i pescatori, Angelo quieto e vigilante pescava, mentre Stracchina, come tutte le mogli dei pescatori, ripuliva il pesce pescato e lo metteva nella sacca col ghiaccio. 
Le ore, in questo paradiso fiumestre, passavano lente e sornione. 
Ad un tratto, dopo una giornata placida e tranquilla, Angelo chiama la moglie e le dice: 
“Stracchina… guarda là… guarda cosa ho preso all’amo…”. 

7 agosto 2020

Vera Kosanera, la ciarliera megera che a Belene faceva la parrucchiera solo nella nera sera

Di per sé non è educativo giocare alle lotterie, al lotto e al superenalotto, tentando la fortuna. Molto più cònsono e pure economico educarsi a lavorare, e portarsi a casa lo stipendio. Magari non si farà una fortuna, ma almeno ci si procura il pane quotidiano con un onesto lavoro. 

Fatto sta che Fortunata Kesmetova di Belene non ascoltava queste prediche dei preti, e fu così che dopo anni di fedeli puntate in diversi giochi a premi, di migliaia di colpi andati a vuoto e di qualche decina di casuali piccoli premi di consolazione… questa volta perdindirindina vinse l’ambito e lauto Primo Premio. 

E quell’anno il Primo Premio della Lotteria Transdanubiana era nientepopòdimeno che una settimana di vacanza gratis nella Città Eterna, cioè Roma. 

5 agosto 2020

Apriti cielo! Dalle caucasiche steppe in visita a Belene arriva Stalin Giuseppe!

La notizia fece subito il giro del mondo socialista, arrivando come un’onda di tsunami pure nei più lontani suoi satelliti, che ruotavano nell’universo comunista.

Fra una settimana… Stalin Giuseppe visiterà a Belene il Cantiere della Centrale Atomica.

Siamo nel 1900 e fischia, e probabilmente questa notizia non ci fa né freddo, né caldo, né tiepido.

Ma allora… apriti cielo! Stalin viene a Belene?!? Prova ad immaginare: una cosa più eclatante della Madonna che appare a Lurd… una cosa più straorbitante che vincere alla lotteria Italia 600 milioni di euri… una cosa più stratosferica che avere a cena in casa Salvini e Greta Tunberg! Una cosa dell’altro mondo!

La gioia collettiva, l’entusiasmo collettivo, i collettivi collettivi furono travolgenti.

4 agosto 2020

Francesco Spreafìco, rivoluzionario bolscevìco, in arte Checco Ficosecco

“Ma Francesco, tu non capisci proprio un fico secco!”, cominciò così il primo giorno d’asilo del piccolo Francesco Spreafico, con questo rimprovero della suora, accompagnato poi dall’eco canzonatorio di tutti gli altri bambini in coro, a ritmo battendo le mani: “Checco-Fico-Secco! Checco-Fico-Secco….”. Ci volle poi mezz’ora per farli tacere, mentre il fiero Francesco, detto d’ora in poi per tutta la sua breve vita Checco Ficosecco, con fierezza e schiena dritta, per niente intimorito da cotanta gogna mediatica, si allontanava dalla sala, attraversando il cordone d’impuberi, lasciandoseli alle spalle con una scrollatina di spalle.

Cos’era successo, per giungere a tale epocale crisi? Quali rivolgimenti storici e sociali avevano prodotto tale spaccatura nella società asilifera, al punto di provocare così nette posizioni antitetiche?

Subito tutti penseranno che Francesco è un bambino irrequieto, difficile, oppure come si dice oggi “bisognoso di speciali attenzioni”, magari di un sostegno apposito. Chissà che magagne soffre in famiglia, per esprimerle così violentemente all’asilo…

Invece Francesco è un bambino sanissimo, addirittura un po’ timidino, che se ne sta solitamente sulle sue. Quel fatidico giorno all’asilo, giorno memorabile che cambiò per sempre la sua vita e lo trasformò nel mostruoso rivoluzionario bolscevico Checcho Ficosecco, andò così.

Il piccolo Francesco Spreafico, di anni 3, se ne stava lì buono buono a giocare con le foglie cadute delle piante. Immaginava che le grandi foglie dei platani fossero enormi portaerei, mentre quelle del tiglio più modesti incrociatori, e le foglioline più piccole aerei da combattimento. In quel preciso momento stava riproducendo sulla sabbia del cortile la battaglia delle Midway, con le foglioline giapponesi che si abbattevano implacabili sulle portaerei americane.

In quel frangente scese nel cortile suor Frustrata, si avvicinò al piccolo Francesco, e cominciò a parlargli:

“Beato te che te ne stai lì sereno a giocare con le foglie! Sapessi che guerra oggi… La superiora si è dimenticata di pagare la tassa dei rifiuti, e così ci siam beccate la multa. E poi il governo ladro ha tagliato i fondi alle scuole paritarie, con quei perfidi comunisti che se potrebbero ci inchioderebbero alle porte delle chiese e ci strozzerebbero con le budella dell’ultimo gesuita. Suor Santina poi è caduta in cantina e si è rotta la clavicola; a suor Gioconda gli è girata la stonda ed è andata a sbattere con la macchina contro una pianta. Mio nipote ieri ha divorziato, ed in Siria han cominciato il decimo anno di guerra. Tre bambini stamattina c’han la diarrea ed hanno già affrescato quattro volte il pavimento, uno ha vomitato sulla tovaglia nuova… C’è pure la trentaduesima ondata di coronavirus, e porca l’oca scaloppa, quest’anno la Juve non ha vinto lo scudetto, anzi, è retrocessa in serie B…. Quindi, dimmi tu, Francesco, cosa diavolo dovrei fare io? Cosa mi consigli? Ma mi stai a sentire? Dimmi, cosa ti ho detto?”

“Porca l’oca scaloppa! Porca l’oca scaloppa!”, rispose raggiante Francesco.

“Ma Francesco, tu non capisci proprio un fico secco!”, sbottò suor Frustrata.

E da qui in poi la storia di Checco Ficosecco la conoscete, più o meno.

Probabilmente, vado a naso, al piccolo Francesco Spreafico di anni 3 non gliene importava un fico delle frustrazioni che suor Frustrata gettava su di lui. A voler proprio spaccare il capello in cinque… Francesco era proprio il contrario, e ne capiva molto assai di fichi, sia secchi, che molli e gustosi.

Ed in un lampo di genio aveva capito che quell’asilo parrocchiale era una gabbia di matti, per cui voltando le spalle agli starnazzanti coasilini strillanti: “Checco Ficosecco”!, e a quelle suore un po’ suonate, quello stesso primo giorno abbandonò l’asilo e se ne andò.

E dopo aver radunato compagni trovati per strada, più o meno delusi quanto lui dal regime antiquato e folle di certi asili, fondò con loro un movimento di massa per rovesciare quell’elitè aristocraticata, fondando nel contempo asili dove i bambini eran tutti uguali e facevano i bambini, giocando e saltando a loro piacimento, senza esser stressati dalle frustrazioni dei grandi.

E fu così che all’età di tre anni iniziò l’attività sovversiva e rivoluzionaria di Checco Ficosecco, rivoluzionario bolscevico.

2 agosto 2020

La favolosa favoletta di Enrichetta, la vecchietta ranocchietta che invece di star lì a farsi la ceretta con la pinzetta, imparò in fretta ad andare in bicicletta, e filò via come una ragazzetta dalla scatoletta ristretta della sua paludetta benedetta.

“Aiuto! Aiuto!”, mi sembra di sentire. 

Me ne sto qui da mezz’oretta a mollo nella mia piscinetta, galleggiando a morto nel silenzio tombale della canicola augustana, interrotto solo dalla brezza e dal fruscio delle fresche frasche. 

“Aiuto! Aiuto!”, di nuovo mi par di sentire, come un gracchiante gracidio lontano. Non c’è in giro un cane… chi vuoi che abbai? Forse qualche formica? 

“Aiuto! Aiuto”, stavolta il vento mi porta questa vocetta un po’ più distinta. 

Mi alzo in piedi nella piscina, e mi guardo in giro. 

“Boh! Io non vedo nessuno”, mi dico, tra me e me. Ritorno a distendermi come un morto, assaporandomi la solitudine del luogo e la totale ignavia del momento. 

1 agosto 2020

Corpo di mille balene! La Santa Maria vola via, mica resta in Belene a bagnomaria!

Come tutti sanno, il Cristoforo Colombo, dopo essere tornato colla sua bella caravella Santa Maria dalla scoperta dell’America, mica si mise comodo in poltrona come un pensionato. Anzi! Mentre ancora era sulla via del ritorno, già sognava ed organizzava la prossima avventura, un’impresa mai realizzata da nessuno fino allora: partendo da Lisbona, avrebbe circumnavigato l’Europa, dimostrando che l’Europa non è un continente appiccicato all’Asia, ma che l’Europa è un isola. Non importa se un’isola felice o bellicosa. Solo che era un’isola.

Arrivato a Lisbona, fatto rifornimento di vettovaglie, cambiato la ciurma, imbarcato cartografi, antropologhi, astrofisici, geologi, agronomi ed esperti vari, partì.

Passate le colonne d’Ercole si diresse ad Est, costeggiando prima le coste della Spagna, poi quelle della Francia, sostando a Montecarlo per vedere il Gran Premio degli asini da corsa, scese poi lungo le rive dello stivale italiano, risalì lo stivale dall’altra parte, poi scese lungo la croazia, la dalmazia, la grecia e finalmente giunse ad Istambul. Fatta una visita alla moschea di Santa Sofia, con la sua Santa Maria attraversò i Dardanelli e risalì verso la Crimea.

Ma in Crimea non ci giunse mai, perché ad un certo punto disse al timoniere: “Eccoci, finalmente! Svolta decisamente a sinistra!”. E quello fece come gli aveva detto il Cristoforo.