Ovviamente, questa è una storia che parla di cose successe tanto, ma tanto tempo fa, ed ogni riferimento a qualcosa di attuale è puramente casuale, anche se non sembra. A riprova di ciò, cioè del fatto che riguarda fatti e persone di tanto, ma tanto tempo fa, basti il fatto dell’estinzione degli Ottomani, degli Ottopiedi, dei Quattrocchi e dei Quattrobocche: chi mai di voi ha visto in giro qualcuno di questi esseri? Nessuno! Si sono estinti tanto, ma tanto tempo fa…
Il Gran Vizir entrò tutto trafelante e tremolante
al cospetto del Gran Sultano, adagiato sull’ottomana, e dopo i dovuti inchini, disse
tutto d’un fiato:
“Altissimo ed Onnipotente Signore dei Signori, Gran
Sultano Immenso, Signore di tutti gli Ottomani, Luce Splendente del popolo dei farlocchi
Quattrocchi, Sublime Sandalo degli ortopedici Ottopiedi, Sfamatore degli
affamati Quattrobocche, Bronzeo Chiavistello dell’Argentea Serratura della
Sublime Aurea Porta, etc. etc. etc… abbiamo un problema! Un serio problema! Sovrano
nostro: il trono vacilla!”.
All’udir questo presagio sinistro, un ciglio si
sollevò di un ciglio sopra l’occhio destro dell’ambidestro Sultano, il quale
accigliato rispose a stretto giro di posta: “Beh… se il trono vacilla… piantaci
dentro un chiodo!”.
“Fosse così semplice…”, rispose l’allarmato Vizir.
“Beh… su… dimmi allora… cosa c’è di così tanto
preoccupante?!? E’ impossibile che il nostro grande Impero vacilli! Ormai da
anni abbiamo consolidato tutto, ogni posto ed ogni avamposto è coperto, nessun
punto debole e nessun tallone di Achille è scoperto! Su, dimmi… dov’è questo
problema???”.
Il Gran Vizir rispose: “A Belene…”
“A Belene?!? Ancora?!?”, sbottò il Gran Sultano,
raddrizzandosi di scatto in piedi dalla sua ottomana.
“Eh sì… Belene, la solita Belene…”.
“Perdindirindina! E stavolta cosa è successo?!? Non
avevamo mica messo lì, in quello sperduto e mezzo disabitato avamposto una
innocua vecchietta?”.
“Certo, mio Signore: dopo gli ormai lontano
sommovimenti di anni fa, Voi avevate affidato quella insignificante postazione
alla baba Stanka… ed è appunto lei che ora sta creando problemi, ed è proprio a
causa sua che il nostro Impero rischia ora di crollare come un cstello di carte…”.
“Bene: allora cosa proponi, mio fido Vizir?”.
“Signore mio, una cosa semplice: se la serva che ti
serve non ti serve, a che ti serve tenere una serva che non ti serve? Serve un
servo che ti serva come un servo che ben ti serve. Quindi… arrestiamola, tagliamole
le orecchie, la lingua e le mani, spezziamole le gambe, e già che si siamo
tarpiamole le ali. Poi buttiamola in gattabuia per sei mesi, e quindi, dopo
aver imparato la lezione, rimettiamola al suo posto. E tutti i nostri problemi
cesseranno all’istante, e tutti vivremo felici e contenti!”.
“Bene, mio saggio Gran Vizir: la Sublime Porta
ordina che baba Stanka sia arrestata immediatamente, la di lei bocca tappata, le
di lei mani tagliate fino al gomito, e le sue gambe stese tra l’incudine ed il
martello. Così voglio, così sia!”.
“Bene, mio Sovrano adagiato sul Gran Divano:
obbedisco! Vado ed eseguo!”, disse infine il raggiante e sogghignante Vizir,
iniziando ad indietreggiare con i dovuti tradizionali inchini.
Detto, fatto: appena uscito dalla Porta, inviò a
Belene uno stuolo di intrepidi giannizzeri, che arrestarono baba Stanka, e
fecero esattamente quello che era stato loro detto. E dopo sei mesi al fresco
in prigione, rimisero la bastonata ed addomestica baba Stanka al suo posto.
(Ora, io che leggo, e che non sono né un
Sultano, né un Gran Vizir, né un Ottomano e neppure un Ottopiedi… ma una
normale persona del Ventunesimo Secolo con due mani e due piedi… mi ritrovo una
fastidiosa pulce nell’orecchio destro, che mi arrovella con questo tremendo ed
inquietante quesito:
“Ma che cosa ha
combinato a Belene questa baba Stanka, per provocare prima il vacillamento dell’intero
immenso potente Ottomano Impero, e poi per meritarsi questa terribile pena di
essere deslinguata, poi desmanata, e spietatamente spiedata come uno spiedino?
Chissà che di che crimini orrendi si è macchiata! E poi perché il saggio ed
onnipotente Gran Sultano non ha chiesto al suo Vizir cosa avesse combinato la
baba Stanka?”.)
E, prima che qui ci caschi l’asino, sciogliamo
subito questo gordiano nodo, tagliando il toro dalla sua testa, raccontandoti
la storia di Baba Stanka. E così avrai una risposta, una volta per sempre, a
tutte le tue inquietanti domande.
Quando l’Impero Ottomano giunse nel suo splendore, ed
ormai aveva conquistato tutto il conquistabile e tutto il sottomissibile
sottomesso, restava solo un piccolo sperduto e inespugnabile avamposto, dentro
i suoi confini, da sottomettere, riorganizzare e gestire: casualmente… Belene. Più
o meno la stessa storia dell’armoricheo villaggio per i Romani. Il quale però è
parto della fantasia goscinnea ed uderziana, mentre Belene esiste davvero, che
si voglia o no.
E visto che qui siam nel mondo reale, e non nei
fumetti, venne il giorno che, finalmente, visto che a Belene non ci abitavano
Asterix e Obelix, e nessuno beveva pozioni magiche, anche Belene cadde in una
delle otto mani degli Ottomani. E venne così fagocitata nell’impero.
L’amministrazione del Sultano vi eresse un piccolo
avamposto, e siccome nessuno si presentò al concorso pubblico per occuparsi di
quello sperduto ed insignificante posto, venne presa una vecchietta a caso, una
tal baba Stanka, di origini orobiche, e messa lì con quest’ordine da eseguire: “Stai
lì a Belene e custodisci questo avamposto”. Chiaro, semplice, limpido.
Baba Stanka all’inizio, un po’ di malavoglia,
sentendosi una piccola formica dentro l’enorme marchimgegno degli ingranaggi
imperiali, se ne stette un po’ lì frastornata, spazzando un po’ il piazzale
della magione, tirando via le tiramore dai muri, bagnando i fiori in giardino e
pagando le bollette della luce.
Ma dopo qualche settimana, annoiandosi un po’,
visto che a Belene non succedeva un bel niente, anzi, giorno dopo giorno i
vecchi morivano ed i giovani se ne andavano in cerca di fortuna altrove, la
baba Stanka disse al gatto:
“Caro il mio felino… che ne dici se facciam
qualcosa, invece di star qui a girarci i pollici, mentre tutto va a rotoli?”.
Il gatto, ovviamente rispose, come tutti i gatti: “Miao!”.
E fu così che baba Stanka cominciò a dipingere i
bianchi impolverati muri della magione abbandonata: una Gioconda qui, un Giudizio
Universale là, una Primavera a destra, una Cappella Scrovegni a sinistra, un
Picasso di qua, in Goghèn di là…
Nessuno credeva ai propri occhi: queste copie erano
molto più belle, più nuove, più scintillanti, più stupefacenti degli originali.
E così dai dintorni curiosi ed appassionati iniziarono ad andare a Belene, a
vedere coi propri occhi quegli stupendi dipinti ed affreschi.
L’instancabile baba Stanka, vedendo affluire
cotesti visitatori, oltre a preparare per loro un ottimo caffè turco, si mise
pure ad allargare il giardino intorno alla magione: zappando, diserbando,
piantando fiori e piante… alla fine si formò intorno alla magione uno stupendo
giardino, più bello della svizzera Insel Mainau. E tutti i visitatori, tornando
a casa, raccontavano con stupore ed entusiasmo non solo la bellezza dei
dipinti, ma pure la rigogliosità del parco.
E fu così che la fama di Belene sorpassò il Danubio
ed i confini dell’impero. Ormai una marea di visitatori, un’invincibile armata
di curiosi, desiderosi di vedere coi propri due occhi le bellezze cromatiche di
Belene e calpestare coi propri due piedi gli stupendi viali del giardino di
Belene, si riversava da ogni dove in Belene, che da sconosciuto periferico
avamposto dell’Impero, divenne in quattro e quattrotto il posto più famoso del
mondo, che ogni essere vivente si proponeva di visitare almeno una volta nella
vita.
E fin qui sarebbe stato tutto paradisiaco, e bello,
vista l’invasione pacifica di appassionati d’arte e bellezza. Ma…
Ma visto che non è una favolosa favola, ma solo una
storia della più prosaica storia, i responsabili degli avamposti vicini, rosi
dall’invidia per questo successo di Belene e rabbiosi di essere trascurati e rimanere
nell’angolo, si rivolserò al gran Vizir con questo appello:
“Illustre etc etc etc… Gran Visir! Noi tutti
Sangiacchi dei Sangiaccati Danubiani, con somma preoccupazione per la salute e
la stabilità del nostro Impero, siamo costretti ad informarla del tentativo in
corso, orchestrato dalla baba Stanka di Belene, di raccogliere a Belene schiere
e schiere di terribili stranieri, per poi farle penetrare nell’Impero e
prenderne possesso. Li sta armando ed addestrando. Ormai non c’è più tempo: la
falla nella diga del nostro confine è aperta! La sproniamo ad intervenire al
più presto prestissimo! I Balcani stan tremando! La fine è vicina! Ci salvi da
questa terribile invasione, e ci liberi dalla tremenda baba Stanka! Orsù,
presto! Ci salvi e salvi l’Impero, e le saremo tintinnantemente riconoscenti… e
magari… alle prossime elezioni… potremmo candidarla e votarla come prossimo
Sultano….”.
Il Gran Vizir, che non aspettava altro per la sua
insaziabile avidità di denaro e sete di potere, senza neppur raccogliere
ulteriori e dirette informazioni, e prendendo per oro colato ogni virgola
scritta dai suoi Sangiacchi (in fondo… era firmata NOI TUTTI SANGIACCHI… una
netta maggioranza bulgara, e quindi tutto quanto scritto corrispondeva), partì
subito per Istambul, alla volta della Sublime Porta, onde non perdere sì
ghiotta occasione, per farsi qualche soldino e magari… diventar un giorno
sultanino.
Il resto della storia lo sai già.
Resta da dire che la povera baba Stanka, ancor
oggi, dopo tanti anni, si chiede: “Ma come mai mi han trattata così (cioè
lingua tagliata, mani mozzate, gambe spezzate, ali tarpate, mesi di cella…)?!?
Cosa ho fatto di male? Mi hanno messo a far la custode di quattro muri vuoti… e
io ho fatto solo la polvere, pitturato un po’ i muri e piantato due fiori… Boh!
Valli tu a capire questi qui… Saran pure Ottomani e Ottopiedi, ma in quanto a
cervello… ZERO!”.
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