29 dicembre 2018

E' morto il parroco passionista di Belene...

La chiesa della Natività di Maria a Belene (1905)
Il 28 dicembre 1803 moriva, a soli 39 anni di età, il primo Missionario Passionista che lavorò a Belene, padre Bonaventura Paolini, originario del Piemonte. Era arrivato sulle sponde del Danubio nel 1797. Mi pare bello ricordarlo oggi. Riporto qui uno stralcio dell'introduzione al mio ultimo libro, pubblicato quest'anno, il suo necrologio conservato nell'Archivio Generale dei Passionisti, e uno stralcio della lettera con cui don Mattia Razdilovich (unico sacerdote rimasto in Diocesi...) informa il vescovo malato.


Dal libro "Lettere dai confini d'Europa":

Il 1803 è un anno travagliato per i due sacerdoti rimasti, don Mattia e p. Bonaventura:
Io sono ancora a Svishtov e curo tre villaggi: Oresh, Belene e Petocladentzi. Gli abitanti di Oresh, prima di rifugiarsi qui in città, hanno dovuto sopportare il passaggio dell’esercito turco; la nostra chiesa è stata trasformata in una stalla per i cavalli. Belene ha dovuto sopportare per due settimane quasi 1400 turchi, che hanno mangiato tutte le provviste, mentre i kargheli erano accampati a due ore di distanza. Mentre fuggivano verso Svishtov, 15 belenciani sono morti per strada (…). Che le dirò di Petikladentzi? I petiklanceni sono fuggiti tutti a Svishtov, dopo essere stati saccheggiati e bastonati come animali. Molti sono stati torturati col fuoco, uno è stato ammazzato e ad un altro hanno tagliato le orecchie. I Trancioveni sono ancora imprigionati in un metiris (метирис), ed il povero don Mattia è rinchiuso con loro[1].
Nonostante questa situazione molto drammatica e precaria, i due sacerdoti fanno quello che possono per garantire un minimo di assistenza religiosa alle comunità cristiane disperse tra i villaggi, o rifugiatesi in città o in Valacchia. Ed è proprio tornando da uno di questi viaggi in Valacchia che l’inverno successivo p. Bonaventura, contrae una violenta polmonite; il 27 dicembre 1803 riesce a fatica ad attraversare il Danubio e gravemente ammalato trova ospitalità nella casa di una famiglia ortodossa a Svishtov; qui il giorno dopo muore, all’età di 39 anni e viene sepolto ad Oresh, accanto a p. Michele Hirschenauer. Verso la fine del 1803 arrivano altri due passionisti, p. Antonio Giordani[2] e p. Fortunato Ercolani[3], che sono destinati da mons. Dovanlia alla cura dei bulgari rifugiati in Valacchia.
Il 6 luglio del 1804 muore mons. Dovanlia.

28 dicembre 2018

San Thomas Becket, un politico e un vescovo interessante

E' curioso che nessuno lo chiami mai monsignor Becket... ma solo Thomas Becket.
Morto dieci anni prima della nascita di San Francesco d'Assisi, potremmo anche dire che vive agli antipodi del cristianesimo francescano.
Uomo di corte, Cancelliere del Regno d'Inghilterra, Vescovo d'èlite.
Immortalato da Eliot nel suo "Assassinio nella Cattedrale".
Un santo martire davvero interessante, antesignano di molti santi martiri vescovi e preti del XX secolo che di fronte al potere invadente ed alle invadenze del potere... non si piega e non si compromette. Lasciandoci le penne, ovviamente. Perchè il Potere non perdona chi non s'inchina. Da Giovanni Battista in poi, la storia è piena di esempi.

Noi attendiamo, attendiamo
e i Santi e i Martiri attendono
per coloro che saranno Martiri e Santi.
Il destino attende nella mano di Dio,
Lui che da forma a ciò che è ancora informe:
io ho visto queste cose in un dardo di luce di sole.
Il destino attende nella mano di Dio
non nelle mani degli uomini di stato:
costoro, chi bene chi male, fanno piani e progetti, 
mentre i loro scopi mutano nelle loro mani
secondo la trama del tempo.
Vieni, felice dicembre, chi ti celebrerà, chi ti preserverà?
Nascerà di nuovo il Figlio dell'Uomo nel giaciglio di scherno?
Per noi, le povere donne, non c'è l'azione
ma solo l'attendere e il rendere testimonianza.

(ASSASSINIO NELLA CATTEDRALE
 Festival di Canterbury, giugno 1933)

Il presepio di Belene, 2018. "Mi ha mandato per proclamare ai prigionieri la liberazione, per rimettere in libertà gli oppressi".

Lo scorso anno il Presepe della Comunità cristiana di Belene era dedicato all'opera di misericordia biblica e cristiana: "Ero forestiero, e mi avete accolto", e la Sacra Famiglia era dentro una barca, a ricordo della loro esperienza di mendicanti a Betlemme e di profughi in Egitto.
L'spirazione ci era venuta dalla esperienza di accoglienza tentata dalla nostra Comunità Cristiana durante l'anno e dal messaggio del Santo Padre per la giornata mondiale della pace 2018: "Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace".

Anche quest'anno ci siamo ispirati alla vita della nostra Comunità Cristiana, che ha celebrato il XX anniversario della beatificazione di mons. Eugenio Bossilkov, e dal messaggio del Santo Padre per la giornata mondiale della pace 2018: "La buona politica è al servizio della pace".

Ecco allora il presepio 2018 dedicato ai martiri del XX secolo e ai fratelli cristiani perseguitati per la loro fede, vittime della cattiva politica e dell'odio.
Tra di loro nasce il Figlio di Dio, e ripropone l'annuncio del profeta Isaia:

Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l'unzione,
e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio,
per proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi,
e predicare un anno di grazia del Signore.

Come tutti sanno la Comunità Cristiana di Belene custodisce l'unico santuario al mondo dedicato al beato vescovo martire passionista bulgaro Eugenio Bossilkov, che ha sperimentato (insieme a milioni di altre persone innocenti) l'oppressione del regime comunista, e che prima di essere fucilato ha vissuto nel buio e freddo spazio di una cella di prigione.
La Comunità Cristian di Belene vorrebbe anche custodire l'Isola Persin, luogo dove decine di migliaia di innocenti, dal 1949 al 1989, hanno sperimentato la durezza e l'oppressione del Campo di Rieducazione attraverso il lavoro forzato del regime comunista.
Proprio per questo la nostra Comunità cerca di far memoria di tutte le vittime innocenti, specialmente dei regimi del XX secolo.
Ecco che allora quest'anno il nostro Presepe assume la forma di una cella di prigione che attende la venuta del Salvatore e del Liberatore.
Il cielo dentro questa cella è pieno di stelle con i volti di martiri "certificati" del XX secolo: cattolici, ortodossi e protestanti, di ogni continente.
Lo stesso cielo è pieno anche con stelle nelle quali vediamo il volto dei fratelli ancora oggi perseguitati ed imprigionati a causa della loro fede.
Buon Natale di Gesù a tutti gli amici di Belene e di Cosebulgare!



8 dicembre 2018

Costruire ponti, connettendo i luoghi della Memoria

Alcuni volti degli studenti torturati ed uccisi a Pitesti (Romania)
Nei giorni scorsi ho avuto l'onore [1] e l'onere [2] di rappresentare la Bulgaria (io, povero curato di campagna straniero...) ad un incontro internazionale presso l'università di Bucarest, a cui hanno partecipato rappresentanti di Musei e Luoghi della Memoria di Portogallo, Spagna, Gran Bretagna, Croazia, Russia, Germania, Grecia, Georgia, Kazahistan e Romania.
Essendo e sentendomi l'ultimo arrivato, tra persone ben più competenti ed esperte, con il mio inglese balbettante ed arrugginito dai tempi del liceo, ho dovuto ammettere con un po' di vergogna che la Bulgaria è un po' in ritardo nel campo della memoria delle vittime dei totalitarismi.
In Bulgaria esiste un museo per tutto (per il vino e per il miele, per le locomotive ed i tappeti, per la birra e per l'asino, per l'arte socialista e per il dittatore comunista...), ma non esiste nessun museo nè per le vittime del nazismo, nè per quelle del comunismo. E i ben circa 50 campi di concentramento esistiti nel XX secolo... sono totalmente sepolti e spariti dalla faccia della terra.
Ovviamente non son problemi miei, ma della Bulgaria e del popolo bulgaro.
Comunque, ho provato a raccontare quello che abbiamo provato a fare qui a Belene, io e centinaia di altri amici, dall'8 settembre 2012 al 31 gennaio 2017: cioè trasformare Belene in un luogo della memoria, in stile europeo [3].

1 dicembre 2018

A che gioco giochiamo? La partita della Memoria di Belene.

Ho la fortuna di conoscere padre Paolo Cortesi da almeno una quarantina d'anni,
e non so se qualcuno lo conosce così bene come me.
Qualcuno non ci crederebbe di sicuro, ma lui di sicuro è un tipo timido, riservato, introverso. Un bel tipo. Dagli zero ai 10 anni lo chiamavano la statuina di cera: non parlava quasi mai, stava sulle sue, faceva quello che gli dicevano. Ed è ancora così. Non ama certo parlare di se stesso, e se potesse starsene come un buon Cincinnato a curare il giardino e ad allevare maiali, lo farebbe con enorme passione. Così come cerca di fare ogni cosa con enorme passione. Non a caso è un passionista appassionato... Comunque, torniamo indietro un attimo.

Poi, in quagli anni, cioè gli anni 80, anni di Papi polacchi e di Madri Terese e di muri crollanti, gli hanno detto: "Devi vincere la tua timidezza!", bisogna combattere per qualche causa, si deve compiere una missione, la partita della vita si deve giocare.
Per combattere... ci vuole addestramento.
Per compiere una missione... ci vuole preparazione.
Per giocare una partita... ci vuole allenamento.
(Il sugo comunque è questo, anche se lo condivano con la più neutra perifrasi Formazione Iniziale).
Aldilà delle metafore belliche (fuori di moda), delle metafore avventuriere (lasciamole a Sandokan ed Indiana Jones...), penso che quella sportiva o calcistica sia comunque più adatta ad inquadrare il tipo.