11 maggio 2019

Quello che ci unisce: i martiri, la carità, l'evangelizzazione.

L'abbraccio tra papa Francesco ed il patriarca Neofit,
sotto lo sguardo amorevole di Maria, madre della Chiesa.
Continuiamo a rileggere e meditare sulle parole di Papa Francesco in Bulgaria. Domenica scorsa, dopo aver parlato alle Autorità, il pellegrino vestito di bianco è andato molto umilmente ad incontrare il Patriarca Ortodosso Neofit, e con lui il Santo Sinodo.

Santità, venerati Metropoliti e Vescovi, cari fratelli,
Christos vozkrese!
Nella gioia del Signore risorto vi rivolgo il saluto pasquale in questa domenica, che nell’Oriente cristiano è chiamata “domenica di San Tommaso”. Contempliamo l’Apostolo che mette la mano nel costato del Signore e, toccate le sue ferite, confessa: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28). Le ferite che lungo la storia si sono aperte tra noi cristiani sono lacerazioni dolorose inferte al Corpo di Cristo che è la Chiesa. Ancora oggi ne tocchiamo con mano le conseguenze. Ma forse, se mettiamo insieme la mano in queste ferite e confessiamo che Gesù è risorto, e lo proclamiamo nostro Signore e nostro Dio, se nel riconoscere le nostre mancanze ci immergiamo nelle sue ferite d’amore, possiamo ritrovare la gioia del perdono e pregustare il giorno in cui, con l’aiuto di Dio, potremo celebrare allo stesso altare il mistero pasquale.

Con molta semplicità Francesco parte dalla realtà della Chiesa di Cristo ferita, ferita da questa divisione che ci trasciniamo da secoli: non è fuggendo dalla realtà, o ignorando questa realtà, che raggiungeremo la gioia e la fraternità, ma è mettendoci dentro la mano. Fa male allungare, tendere la mano, prendersi per mano... ma è l'unico modo per professare la nostra fede in Gesù.
Interessante questo approccio "fisico", concreto, questo mettere insieme la mano nelle ferite. Ritroviamo la fede e l'unità non ragionando e mettendoci d'accordo... ma dandoci una mano e dando una mano al Risorto. Ecco allora cosa significa, dove concretamente possiamo darci la mano:


L'icona dei beati martiri bulgari Josafat, Kamen, Evgeni, Pavel
che la Comunità di Belene ha regalato a papa Francesco.
Casualmente, dietro avevamo scritto:
"LE ROSE PIU' BELLE DELLA BULGARIA PER TE, FRANCESCO.
DALLA COMUNITA' CATTOLICA DI BELENE, CON AFFETTO"
In questo cammino siamo sostenuti da tanti fratelli e sorelle, ai quali anzitutto vorrei rendere omaggio: sono i testimoni della Pasqua. Quanti cristiani in questo Paese hanno patito sofferenze per il nome di Gesù, in particolare durante la persecuzione del secolo scorso! L’ecumenismo del sangue!  Essi hanno diffuso un profumo soave nella “Terra delle rose”. Sono passati attraverso le spine della prova per spandere la fragranza del Vangelo. Sono sbocciati in un terreno fertile e ben lavorato, in un popolo ricco di fede e genuina umanità, che ha dato loro radici robuste e profonde: penso, in particolare, al monachesimo, che di generazione in generazione ha nutrito la fede della gente. Credo che questi testimoni della Pasqua, fratelli e sorelle di diverse confessioni uniti in Cielo dalla carità divina, ora guardino a noi come a semi piantati in terra per dare frutto. E mentre tanti altri fratelli e sorelle nel mondo continuano a soffrire a causa della fede, chiedono a noi di non rimanere chiusi, ma di aprirci, perché solo così i semi portano frutto.


Pur non facendo nomi (e ce ne sarebbero tanti!) Francesco ha indicato (seguendo in pieno il magistero dei suoi predecessori) nell'ecumenismo del sangue la prima via concreta dove siamo uniti, e dove uniti siamo chiamati a fare memoria. Sono ancora profondamente addolorato e deluso dal fatto che gli organizzatori della Visita Papale non abbiano avuto il coraggio di inserire un momento (magari pure ecumenico) perchè il Papa e tutti noi con lui potessimo rendere omaggio a questi testimoni della Pasqua. Magari venire a Belene era troppo... ma un fiore davanti al Memoriale nel parco del Palazzo della Cultura... o una sosta di 5 minuti davanti al monumento di p. Flavian Mankin a Rakovski... Pazienza. Sarà per la prossima volta. Questo omaggio verbale del Papa, fatto nel Palazzo Sinodale Ortodosso... è comunque uno stimolo enorme alla Chiesa Ortodossa Bulgara, che non brilla per la memoria dei martiri del XX secolo... Ed è uno stimolo ulteriore anche per me, per cercare insieme di far memoria di questi fratelli e sorelle. Anche la Chiesa cattolica in Bulgaria non brilla per la memoria dei martiri del XX secolo. Molto deboluccia, e dedicata quasi esclusivamente ai "nostri" martiri. Da anni partecipo alle varie commemorazioni delle vittime del XX secolo, e a volte mi piange il cuore. Per esempio, due settimane fa sono stato al Cimitero Centrale di Sofia, per partecipare alla commemorazione delle vittime del Genocidio Armeno... eravamo 15 persone (la capitale ha 2 milioni di abitanti...), ero l'unico sacerdote... insieme a 14 armeni: direi che siamo un po' debolucci sulla memoria... Comunque, spero davvero che tante persone si aprano e collaborino nella memoria dei martiri e delle vittime innocenti.

Santità, questo incontro, che ho tanto desiderato, succede a quello di San Giovanni Paolo II col Patriarca Maxim, durante la prima visita di un Vescovo di Roma in Bulgaria, e segue le orme di San Giovanni XXIII, che negli anni qui trascorsi tanto si affezionò a questo popolo «semplice e buono» (Giornale dell’anima, Bologna 1987, 325), apprezzandone l’onestà, la laboriosità e la dignità nelle prove. Mi trovo anch’io qui, ospite accolto con affetto, e provo nel cuore la nostalgia del fratello, quella salutare nostalgia per l’unità tra i figli dello stesso Padre, che Papa Giovanni ebbe certamente modo di maturare in questa città. Proprio durante il Concilio Vaticano II, da lui indetto, la Chiesa ortodossa bulgara inviò i propri osservatori. Da allora i contatti si sono moltiplicati. Penso alle visite di delegazioni bulgare, che da cinquant’anni si recano in Vaticano e che ogni anno ho la gioia di accogliere; nonché alla presenza a Roma di una comunità ortodossa bulgara, che prega in una chiesa della mia diocesi. Mi rallegrano la squisita accoglienza qui riservata ai miei inviati, la cui presenza si è intensificata negli ultimi anni, e la collaborazione con la comunità cattolica locale, soprattutto in ambito culturale. Sono fiducioso che, con l’aiuto di Dio e nei tempi che la Provvidenza disporrà, tali contatti potranno incidere positivamente su tanti altri aspetti del nostro dialogo.

Prima di passare agli altri due ecumenismi, Francesco fa questa parentesi legata alla nostalgia del fratello. E riassume il cammino percorso negli ultimi decenni, valutandolo positivamente. Un cammino da continuare e da consolidare. Non solo nell'accoglienza squisita reciproca, ma anche nella collaborazione culturale.

Intanto siamo chiamati a camminare e fare insieme per dare testimonianza al Signore, in particolare servendo i fratelli più poveri e dimenticati, nei quali Egli è presente. L’ecumenismo del povero.

Tracciata molto sinteticamente (in altre visite lo approfondisce più dettagliatamente) la collaborazione nelle opere di misericordia è certamente il luogo dove si vede il volto di una Chiesa unita. Essere misericordiosi insieme. Molto interessante questa via da percorrere..

A orientarci nel cammino sono soprattutto i santi Cirillo e Metodio, che ci hanno legati sin dal primo millennio e la cui memoria viva nelle nostre Chiese rimane come fonte di ispirazione, perché, nonostante le avversità, essi misero al primo posto l’annuncio del Signore, la chiamata alla missione. Come disse San Cirillo: «Con gioia io parto per la fede cristiana; per quanto stanco e fisicamente provato, io andrò con gioia» (Vita Constantini VI,7; XIV,9). E mentre si presagivano i segni premonitori delle dolorose divisioni che sarebbero avvenute nei secoli successivi, scelsero la prospettiva della comunione. Missione e comunione: due parole sempre declinate nella vita dei due Santi e che possono illuminare il nostro cammino per crescere in fraternità. L’ecumenismo della missione.
Cirillo e Metodio, bizantini di cultura, ebbero l’audacia di tradurre la Bibbia in una lingua accessibile ai popoli slavi, così che la Parola divina precedesse le parole umane. Il loro coraggioso apostolato rimane per tutti un modello di evangelizzazione. Un campo che ci interpella nell’annuncio è quello delle giovani generazioni. Quant’è importante, nel rispetto delle rispettive tradizioni e peculiarità, aiutarci e trovare modi per trasmettere la fede secondo linguaggi e forme che permettano ai giovani di sperimentare la gioia di un Dio che li ama e li chiama! Altrimenti saranno tentati di prestare fiducia alle tante sirene ingannevoli della società dei consumi.

Annunciare il vangelo... una cosa ben diversa dal proselitismo o dal cercare di aumentare ognuno i propri adepti. Il Vangelo è unico. Qui bisognerebbe approfondire... e riprendere in mano la Evangelii Gaudium (che purtroppo non ha ancora una versione cartacea in bulgaro...). Passare da chiese e comunità che si occupano delle proprie pecore a comunità missionarie, che escono... Creare nuovi linguaggi per comunicare coi giovani del XXI secolo... Creare percorsi non confessionali (p.e. il catechismo per i nostri bambini della prima comunione...) ma evangelici, come p.e. una scuola della Parola aperta a tutti, momenti di preghiera stile Taizè aperti a tutti... 


Comunione e missione, vicinanza e annuncio, i Santi Cirillo e Metodio hanno molto da dirci anche per quanto riguarda l’avvenire della società europea. Infatti «sono stati in un certo senso i promotori di un’Europa unita e di una pace profonda fra tutti gli abitanti del continente, mostrando le fondamenta di una nuova arte di vivere insieme, nel rispetto delle differenze, che non sono assolutamente un ostacolo all’unità» (S. Giovanni Paolo II, Saluto alla Delegazione ufficiale della Bulgaria, 24 maggio 1999Insegnamenti XXII,1 [1999], 1080). Anche noi, eredi della fede dei Santi, siamo chiamati ad essere artefici di comunione, strumenti di pace nel nome di Gesù.
In Bulgaria, «crocevia spirituale, terra di incontro e di reciproca comprensione» (Id., Discorso durante la Cerimonia di benvenuto, Sofia, 23 maggio 2002Insegnamenti XXV,1 [2002], 864), hanno trovato accoglienza varie confessioni, da quella armena a quella evangelica, e diverse espressioni religiose, da quella ebraica a quella musulmana. Incontra accoglienza e rispetto la Chiesa Cattolica, sia nella tradizione latina che in quella bizantino-slava. Sono grato a Vostra Santità e al Santo Sinodo per tale benevolenza. Anche nei nostri rapporti, i Santi Cirillo e Metodio ci ricordano che «una certa diversità di usi e consuetudini non si oppone minimamente all’unità della Chiesa» e che tra Oriente e Occidente «varie formule teologiche non di rado si completano, piuttosto che opporsi» (Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Unitatis redintegratio, 16-17). «Quante cose possiamo imparare gli uni dagli altri!» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 246).

Le differenze e le diversità non impediscono la comunione, anzi! Altrimenti ci sarebbe l'uniformità, l'appiattimento, non la comunione. E come la comunione tra uomo e donna è possibile se c'è amore, così i fratelli cristiani, se si vogliono bene, possono essere uniti: nella memoria dei martiri, nel servizio ai poveri e nell'annuncio del Vangelo.

Santità, tra poco avrò la possibilità di entrare nella Cattedrale Patriarcale di Sant’Aleksander Nevskij per sostare in preghiera nel ricordo dei Santi Cirillo e Metodio. Sant’Aleksander Nevskij, della tradizione russa, e i Santi fratelli, provenienti dalla tradizione greca e apostoli dei popoli slavi, rivelano quanto la Bulgaria sia un Paese-ponte. Santità, cari Fratelli, assicuro la mia preghiera per voi, per i fedeli di questo amato popolo, per l’alta vocazione di questo Paese, per il nostro cammino in un ecumenismo del sangue, del povero e della missione. A mia volta domando un posto nelle vostre orazioni, nella certezza che la preghiera è la porta che dischiude ogni via di bene. Desidero rinnovare il ringraziamento per l’accoglienza ricevuta e assicurarvi che porterò nel cuore il ricordo di questo incontro fraterno.
Christos vozkrese!

Molto bella questa conclusione di Francesco, che tende la mano ed invita nuovamente a camminare insieme assieme ai martiri, verso i poveri e portando la gioia del Vangelo. Per cui... camminiamo!
Certamente sarà faticoso (mica tutti la pensano come il Papa, e mica tutti desiderano percorrere queste strade...), ma per chi vuol camminare, per chi sente questa nostalgia del fratello... avanti tutta. E ci sono davvero tantissimi cristiani che anche qui in Bulgaria stanno già da anni camminando insieme.


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