Come tutti i giorni, il Ceschì (al secolo Francesco Damiani de Bolgher), anche quel giorno si era alzato presto e, arrivato al cantiere nel centro di Milano, sulle sponde del Martesana nel quartiere di Greco, si era messo giù a far su la molta.
Ma quel giorno (l’otto settembre alle cinque e quarantasette, per le cronache) ad un certo punto, la Madonnina tutta d’oro e tutta bella che c’è su in cima al Duomo… prese il volo e, siccome era presto e tutti ancora dormivano, senza tanto clamore (a parte la signora Ludovica Fumagalli che, trovandosi sul balcone a stendere i panni e vedendosela passare davanti, svenne e si fece un bel bernoccolo sulla tempia destra….) andò a posarsi proprio nel cantiere dove lavorava il nostro Ceschì de Bolgher, ed andò a posarsi delicatamente proprio davanti a lui che, senza smettere di sbadilare e di far su la molta, le rivolse un sorriso e le disse:
“Buongiorno, bella signora! Lei è più mattutina della stella mattutina… Come mai da ‘ste parti?”.
“Buongiorno a lei, Ceschì! Cercavo proprio lei….”, rispose quella, con un sorridente sorriso.
“Al suo servizio, mia Signora! Dica pure”.
“Ascolta, Ceschì: su di sopra hanno urgentemente bisogno di te, per un urgente lavoro di ristrutturazione. Gli angeli, gli arcangeli, i cherubini ed i serafini si son fatti subito avanti per accaparrarsi questo appalto, ma… Ma lassù ci è giunta voce che tra le valli orobiche vive un muratore più esperto degli angeli… e dopo un’accurata indagine e raccolta di informazioni, abbiamo scoperto che tu sei il più miglior muratore bergamasco di tutta la bergamasca. E così mio figlio ed il vecchio, con gran disappunto degli angeli & company, molto spiritosamente mi han chiesto di venirti a dire che gradirebbero molto il tuo intervento….”.
Ovviamente il povero Ceschì, che era buono come il pane, sentendosi molto onorato di essere stato trovato degno di poter dare una mano a riparare qualcosa di rovinato nel Regno dei Cieli (mica per l’orgoglio di andar su di sopra a fare un selfi e poi farsi bello davanti agli amici, neh! Solo onorato), spontaneamente, di sua natura, rispose subito:
“Al vostro servizio! Finisco giù qui, poi domani vengo su da voi”.
La Madonnina, con gli occhi sorridenti, allora gli disse:
“Grazie, Ceschì, a nome di tutta la famiglia. Però… il lavoro da fare non è su di sopra….”
“Ah no?”.
“No. Guarda… Ci sarebbe da andare a ristrutturare una chiesetta. Non è la più grande, neppure la più ricca e neppure la più famosa, ma… per noi è la più bella, la più preziosa, la più importante, e ci sta molto a cuore… Sai, con gli anni si è un po' rovinata, l’hanno raffazzonata un po’… ma a noi ci piacerebbe tornasse al suo splendore originario…”
“Nessun problema! Dì pure al vecchio che ci penso io. Dov’è che è ‘sta chiesetta?”, chiese il Ceschì.
“Si trova a Belene…”, rispose la madonna.
“Belene? Mai sentito. E’ qui vicino?”.
“Beh… sarebbe in Bulgaria, sulla sponda del Danubio…”
“Ustì! Ci vorrà un mese per arrivarci col mio Transit…”, esclamò perplesso il Ceschì.
“Beh… più o meno… Però, se sei pronto, e mi dai una mano… ti do un passaggio io adesso immediatamente, e ti porto là….”, gli propose la Madonna.
“Eccomi! Mai rifiutare un passaggio gratis! Andiamo!”.
E fu così che il Ceschì de Bolgher mise la sua ruvida e bituminosa mano nella dorata e tenera mano della Madonnina di Milano, ed in quattro e quattrotto, in un batterdocchio si ritrovarono sulla spiaggia del Danubio di fronte a Belene.
“Bene, Ceschì. Io adesso torno su a casa, che c’ho tanti lavori da fare. Tu va’, e ristruttura la nostra bellissima chiesa! Ci vediamo all’inaugurazione neh!”.
“Va bene. Al lavoro! Grazie per il passaggio, neh! Ciao, Maria! E salutami i tui, neh!”.
La Madonnina se ne tornò sulla sua guglia, ed il buon Ceschì, imprenditore edile orobico, risalì la sponda e si diresse entusiasta verso la chiesa che sorgeva lì vicino.
Arrivato lì, si mise ad osservarla attentamente, e dentro e fuori, e sopra e sotto, e davanti e didietro, ed alla fine di questa competente ed accurata ricognizione, disse rivolgendo gli occhi al cielo: “Oh, Dio mio! E’ proprio messa giù male! Così ad occhio… ci vorrà qualche anno per tirarla insieme…”.
E dal Cielo venne una voce: “Un anno… due anni… dieci anni… Prenditi il tempo necessario, non importa, ci volessero anche venti anni… Tu sei il mio muratore prediletto… Su, tira su le maniche e comincia a lavorare.”
E così, senza perder altro tempo in chiacchiere, il Ceschì inziò ad andare in giro per Belene a cercare il materiale per rifar su la chiesa.
“Prima di tutto… la sabbia ed il cemento!”, si disse, ed andò sulla spiaggia con la carriola.
Iniziò a riempirla, ma quasi subito un’orda di bambini si precipitò attorno a lui con far minaccioso, armati di rami e bastoni:
“Ehi, tu, straniero! Che cavolo stai facendo con la nostra sabbia?”.
“Buon giorno bambini! Prendo su solo qualche carriola, per rifar giù la vostra chiesa…”.
Quelli, all’unisono, a maggioranza bulgara, risposero perentoriamente:
“Ma neanche per sogno! Ribaltala subito giù! Primo, la nostra chiesa è bellissima così come e tu, straniero dei nostri stivali, non hai nessun diritto di metterci su la mano. Secondo, da che mondo è mondo la sabbia è qui, e noi bambini veniamo qui per giocare e farci i nostri castelli di sabbia. Ci siamo capiti, pezzente presuntuoso e provocatore?!?”
“Oh… scusate il malinteso… sono io il colpevole… avrei dovuto presentarmi… Mi chiamo Francesco Damiani da Bolgare, faccio il muratore bergamasco, e il Padreterno mi ha mandato qui in mezzo a voi per rimettere a posto la sua chiesa…”
“Ma va là, rimbambito! Che scemate dici? Figurati se il Padreterno manda uno sterlucco come te! Questa è bella! E poi, come ti abbiam detto, la nostra chiesa sta bene così com’è. Va’, va a farti un giro. Pussa via!”.
E, non essendoci alcun spiraglio per una risoluzione diplomatica della inerente raccolta di sabbia, il povero Ceschì se ne andò, con la sua carriola vuota, a cercar qualche sacco di cemento.
Casualmente ne trovò centinaia di bancali, tutti belli in fila ed impacchettati, proprio lì vicino alla chiesa. Si avvicinò ad alcuni colleghi che lì oziavano all’ombra, bevendosi un caffè e fumandosi una sigaretta, e gentilmente disse loro:
“Salve, colleghi! Non è che potreste darmi qualche sacco di cemento per risistemare la vostra chiesa”?
Quelli, prima attoniti ed incuriositi, poi scoppiando in una fragorosa risata, dissero ridendo:
“Ah, ah, ah! Si vede che sei proprio forestiero…”.
“Beh, sì, comunque… il proprietario della chiesa mi ha mandato qui per tirarla un po’ insieme, e visto che qui avete tanto cemento… non è che potete darmi qualche sacco. Semplice no”?
“Sei proprio un teedello! No. Questo cemento serve per costruire condomini e case per i lavoratori della Centrale Atomica! Da quarant’anni costruiamo case per loro. Finora abbiam fatto su ben cinquemila appartamenti”
“Usti! Non lo sapevo… E… quanti sono questi lavoratori? Saranno migliaia..,”?
“Quanti? Nessuno, ovviamente!”.
“Beh… Molto ovvio, sì. Due sacchi di cemento per la chiesa…?!?”.
“No! Pussa via! E non farci più perder tempo: noi stiamo costruendo il futuro radioso e splendido di prosperità per Belene!”.
E, non essendoci alcun spiraglio per una risoluzione diplomatica della inerente raccolta di cemento, il povero Ceschì se ne andò, con la sua carriola vuota, a cercar qualche pietra.
Infatti, si può far su una chiesa anche con le pietre a secco, senza sabbia e cemento. Viene un po’ più rustica, ma vien su comunque.
Casualmente si imbattè in un bel mucchio di pietre, e chiese gentilmente alle donne che c’erano sedute lì davanti a chiaccherare:
“Buongiorno, belle signore! Non è che potrei prender su qualche bella pietra qui per far giù nuova la vostra chiesa?”.
Non avesse mai aperto bocca! Quelle donne, inviperite, iniziarono ad insultarlo, a tirargli sassi, pomodori, uova ed affini, ed infine, dopo averlo alquanto umiliato ed insozzato, gli dissero:
“Pussa via, lestofante! Come ti permetti di venir qui a rubarci le nostre pietre?!? Come ti permetti, insolente, di gettare nella nostra comunità caos e disordine? Ma va a quel paese! Questo mucchio di pietre è qui da almeno duemila anni! E quando vogliamo incontrarci, noi ci diciamo: Sì, dai cara, ci vediamo al mucchio di sassi a farci due chiacchiere! Se ora tu ce le porti via… Dove ci incontreremo? Sai cosa succede, a quelli come te, che vengono a stravolgere le nostre tradizioni? Li mettiamo in croce!”.
Il povero Ceschì allora se ne andò, con la sua carriola vuota, non essendoci alcun spiraglio per una risoluzione diplomatica della inerente raccolta di pietre.
Tornato nei pressi della chiesa e rivolgendo gli occhi al cielo, e spalancando le braccia sconsolato, disse:
“Oh, capo: io ci ho provato! Ma senza sabbia, senza cemento, senza pietre… mica sono mago Zurlì o Erri Potter, neh! Quindi, o buon Gesù, guarda un po’ giù, o io me ne torno a casa e tu ti trovi un altro muratore”!
In quel mentre un piccolo bambino si avvicinò a lui, con un secchiellino da sabbia pieno di sabbia, e gli disse: “Ehi, Ceschì! Ho saputo che ti serve sabbia giovane e fresca per far giù nuova la nostra chiesa… Non ne ho molta, ma quella che ho te la do: eccola! Posso dar giù una mano anche io?”.
In quel mentre un uomo sudato e trafelato si avvicinò a loro, con un sacco di cemento sulla spalla destra, e gli disse: “Ehi, Ceschì! Ho saputo che ti serve del cemento solido e stabile, per far giù nuova la nostra chiesa… Non ne ho molto, solo un sacco, ma quello che ho te lo do: eccolo! Posso dar giù una mano anch’io?”
In quel mentre una donna vecchietta, col suo fazzoletto in testa, il bastone in una mano ed un sasso nell’altra, si avvicinò e disse: “Ehi, ragazzi! Ho saputo che c’è da far giù nuova la nostra chiesa, e che servon pietre vivaci… Non ne ho molte, solo una: è un caro ricordo del passato, ma… lo do volentieri per far giù di nuovo bella la nostra chiesa”.
Il Ceschì, commosso da cotanti donì, allora disse:
“Bene, ragazzi! Tiriamoci su allora le mani, e al lavoro! Si ricomincia da tre!”.
E con quel bambino, quell’uomo e quella donna, il buon Ceschì iniziò a ricostruire la chiesa di Belene. Ed il uork è ancora in progress…..
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