31 ottobre 2020

Cacciatori e pescatori di tutto il mondo, unitevi! Forza! Venite! Belene vi aspetta a braccia aperte!

Quella mattina lo scailain della scrivania di papa Paolo VII sembrava San Gimignano, e lo sconsolato anziano pontefice si aggirava sconsolato fra le torri di fascicoli, pratiche e documenti provenienti da ogni angolo del mondo, borbottando sconsolate massime teologiche: 

“Oh Dio… da che parte cominciare oggi? Pare che ormai il verbo si è fatto carta… Se la carta cadit, tota la scienza vadit… Chi non figlia… foglia. Fumus tantus, e di solito niente arrostus….”. 

“Buongiorno, Santità! – esclamò l’occhialuto segretario, entrando bello pimpante nello studio – Secondo me… che ne dice di cominciare dalla torre più alta? Sistemata quella… poi le altre sembreranno quisquiglie, non le pare”? 

Il Papa si fermò e lo guardò sorridente: “Ma lo sai che non sei poi così del tutto fuori pista? Su, prendi il fascicolo più grosso, e vediamo un po’”. 

Don Dino Doni, il segretario, prese l’incartamento alto ben due metri e mezzo (meno male che i soffitti in Vaticano sono alti…), ed inizio a disporre le cartelle sul lungo tavolone. 

“Di che si tratta?”, chiese il Santo Padre. 

“Vediamo… qui c’è scritto… Belene…”, lesse don Dino. 

“Oh, no! Ancora Belene!?!”, esclamò Paolo VII. 

“Eh, sì, Santità! Questo posto è davvero croce e delizia di tutti i pontificati! Si ricorda delle guerre di fine ottocento con don Stanislav Petrov, e la morte del vescovo Ippolito, e poi le peripezie di don Karl Raev, e le cacciate dei migranti… Davvero un posticino speciale questa Belene!”. 

“Eccome… Questa volta… di che si tratta?!?”. 

“Vediamo… il vecchio Rettore del Santuario di Bossilkov, che poi era un giovanotto non tanto vecchio… è stato mandato dai suoi superiori, come premio per il suo infruttuoso lavoro (in dieci anni… ha lasciato il Santuario vuoto e senza nessun pellegrino, ed invece di fare novene e coroncine faceva commercio e politica… ah! Questi giovanotti inaffidabili!), è stato mandato a fare il rettore del santuario dei maori di Marae Taputaputea nell’atollo di Raiatea, dalle parti di Tahiti… Quindi… gli stessi superiori sono un po’ alla canna del gas, perché nessuno vuol accollarsi questo fallimentare santuario, senza un solo pellegrino e senza un euro di entrate, perdipiù in questo luogo disgraziato di Belene… Hanno chiesto a ben 793 possibili candidati… ma tutti, dal più vecchio al più giovane… si sono defilati. Per cui chiedono ora a Lei, Santo Padre, di mandare qualcuno a Belene, a reggere questo benedetto santuario…” 

Lo splendente e scintillante santuario maori
di Marae Taputaputea nell’atollo di Raiatea,
dove l'ex Rettore di Belene si gode la pensione.


“O Gesù caro! Pensano che io sia Super Man? Che tiri fuori i missionari dal cappello, come un mago?!? Se non vogliono… non vogliono… Chiedano al Padreterno… Magari trova un altro Giona da mandare in questa benedetta città… Chi vuoi che mando io ?!?”. 

Don Dino, illuminandosi in viso, esclamò: “Beh, Santità… A dire il vero… ci sarebbe un prete… sì… secondo me è il tipo adatto… ci sarebbe un prete capace almeno di sopravvivere a Belene qualche anno, e magari anche di fare, una buona volta, qualche miracolo….”. 

“Dici sul serio? E chi sarebbe? Lo conosco?!”, disse speranzoso il Papa. 

“Non credo. Si chiama don Piero Permalosi… E’ un vecchio parroco, e da decenni se ne sta in una parrocchietta in una valletta del Trentino, dove lo hanno confinato quando era giovane… Pare che si siano dimenticati di lui…”. 

“E cosa avrebbe di speciale questo vecchio parroco? E come fai a conoscerlo?”. 

“Beh… lo conobbi anni fa, durante un camposcuola in Trentino. Coi ragazzi fummo ospitati da lui, e insegnò loro a pescare nel laghetto parrocchiale… Da giovane si è laureato in marketing santuariale, ha fatto poi uno steig a Lourdes, e poi due anni a Fatima. E’ stato consulente per anni di Loreto e Pompei, e pure di Guadalupe. Secondo me… a Belene potrebbe far miracoli!”. 

“Beh… allora mi fido di te, e mandiamoci quel che passa il convento! Su, prepara la bolla papale e tutte le credenziali, e passiamo alla prossima questione!”. 

E fu così che don Piero Permalosi fu strappato dalla sua amena valle trentina, incorniciata dalle frasche fresche delle Dolomiti, e catapultato, papale papale, nel fango della pianura di Belene, infestata di fameliche zanzare ed afose tramontane. 

E fu così che giunse finalmente a Belene un Rettore del Santuario anziano e saggio, normale e non giovanile, serio ed affidabile che, sostenuto nientepopodimeno che dal Papa e da tutte le Gerarchie competenti, non si perse in chiacchere, ma rimboccate le maniche delle tonache sue si mise immantinemtemente al lavoro. 

Da subito cercò di rilanciare il Santuario, e nel giro di pochi anni si arrivò a superare i dieci milioni di pellegrini all’anno! Ogni giorno, migliaia di persone da tutto il mondo raggiungevano Belene, e questo trasformò per sempre Belene in un paradiso: migliaia di posti di lavoro, alberghi, ristoranti, tutte le strade asfaltate, addirittura un porto ed un aeroporto. Da mille vecchi abitanti, nel giro di dieci anni Belene diventò una vera città di centomila abitanti. 

E, alla sua morte, padre Piero fu pure fatto santo subito, e le sue spoglie ora giacciono nel Santuario di Belene, esposte alla venerazione dei fedeli. 

Ma come avvenne questo miracolo? 

Appena arrivato a Belene, padre Piero disse: “Ragazzi, dimenticate il passato. Quello che è stato è stato. Guardiamo avanti! Tiriamoci su le maniche e al lavoro! Basta con la politica, comunisti di qui e di là… Il Beato Eugenio è stato da bambino un valente pescatore e da adulto un sublime cacciatore, per cui: pescatori e cacciatori di tutto il mondo, unitevi! Venite a Belene, il paradiso della caccia e della pesca! Venite a me, oh voi tutti assetati, ed io vi farò pescatori di trote e cacciatori di merli!”. 

E fu così che subito fece inaugurare quel bellissimo monumento che si trova all’ingresso di Belene, insieme al Sindaco, al Nunzio apostolico, al Presidente della Repubblica: la statua di bronzo alta venti metri di Eugenio Bossilkov che alza al cielo una scintillante doppietta, ed ai suoi piedi le fedeli riproduzioni dei fidi Rex e Dux, i suoi amati cani da caccia. 

Davanti al santuario venne poi costruita una tensostruttura, dove iniziarono le sagre settimanali, con un calendario strapieno e vivace: le più famose e partecipate da tutto il mondo furono la Sagra del Cinghiale, il Festival dello Storione, la Sagra del Fagiano e quella della Trota. Ma anche quelle della Beccaccia, delle Arborelle, della Lepre, della Carpa e delle Anatre non sfiguravano. 

Cominciarono a venire migliaia di persone da tutto il mondo, uniti nella comune passione per la caccia e per la pesca. 

Il negozio parrocchiale “Fish & Mit” fu poi una genialata: tutti gli attrezzi ed i gadgets necessari a caccia e pesca, con stampata su la faccia di Eugenio! 

E che dire della rivista “Caccia e Pesca: Dimensioni Nuove”, con i suoi 278 milioni di abbonati in tutto il mondo, strumento fondamentale per coltivare la passione degli appassionati?!? 

Padre Piero poi, in collaborazione con il Parco Naturale e le Istituzioni, riuscì ad organizzare ogni settimana una battuta di caccia specialistica (una volta solo cinghiali, un’altra solo fagiani, poi lepri, cerbiatti e cervi… addirittura fece arrivare anche qualche elefante e rinoceronte dall’Africa, per gli appassionati di caccia grossa). Gli spari delle doppiette iniziarono a rallegrare ogni ora dei giorni e delle notti, con la loro frizzante allegria. 

Ed anche per i pescatori la pacchia non fu da meno: gare e concorsi di pesca, sia con le barche e le reti sul Danubio, che nelle centinaia di nuovi laghetti di pesca sportiva che Padre Pietro, in collaborazione con le Istituzioni, fece scavare e realizzare nell’immensa pianura di Belene. 

E migliaia di altre attività, documentari in TV, convegni, concorsi, visite per le squole… caccia e pesca, una religione universale con milioni di fedeli… 

Padre Pietro aveva davvero capito il segreto e la spiritualità del Beato Eugenio Bossilkov: la caccia e la pesca. Fu questo il segreto del suo successo! 

E fu così che, quest’onda di consenso e di entusiasmo travolse Belene, e se oggi la nostra città è diventata la più bella, la più famosa, e la più visitata dei Balcani, il merito lo dobbiamo tutto a padre Pietro Permalosi. 

E sapete la cosa bella? C’è una folla, una ressa di preti che vorrebbe venire oggi a lavorare a Belene… Ma finche c’è don Piero… per loro non c’è speranza! 

Ah… dimenticavo. Il vecchio Santuario, quella chiesa mezzo diroccata e vuota che prima si trovava in via Stratsin 2, non andandoci più nessuno (i pescatori infatti che vengono a Belene a pescare… vanno a pescare, mica a pregare. E lo stesso dicasi dei cacciatori, che vengono a cacciare) fu giustamente riconvertito da don Piero in uno stupendo Museo Storico ed Interattivo della Caccia e della Pesca. Un successo pure questo: punto fermo per tutte le donne ed i bambini dei cacciatori che, in attesa del ritorno dei loro cari dalla caccia e dalla pesca, possono passare il tempo formandosi nella cultura ittica e nell’arte della caccia. Ecco in sintesi il miracolo operato da don Piero Permalosi. Che senza impegolarsi nella politica, sostenuto da tutta la Chiesa e collaborando con le Istituzioni, trasformò Belene nel Paradiso dei Cacciatori e dei Pescatori.

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