9 novembre 2020

Chi stappa e chi tappa, alla fine è sol question di zappa.

Ci son eventi, lontani nel passato, che nel tempo diventano mitologici, e lasciano tracce in tutte le civiltà. Tra noi uomini, per esempio, il Grande Diluvio, detto anche il Diluvio Universale, ha lasciato il segno tra i Sumeri, gli Ebrei, gli Atzechi, i Maya, gli Atzechi, persino tra i Temuan della Malesia. 

Tra le formiche si raccontano varie cose attorno alla Grande Carestia, detta anche Carestia Universale, che attanagliò l’attuale penisola balcanica in un lontano, lontanissimo passato. E fu davvero grande: durò decine di anni, provocò morte, desolazione ed una colossale emigrazione verso meno martoriate terre. 


Per decenni dal cielo non discese neppure una goccia d’acqua, e nessuno vide neppure una goccia di rugiada. All’inizio seccò tutta l’erba, poi seccarono le piante, quindi iniziarono a prosciugarsi i fiumi, poi i laghi, infine anche il Mar Nero. Nel giro di due anni, per migliaia di chilometri, non restò più neppure una goccia d’acqua. 

Potete immaginare la desolazione e lo sconforto delle sconsolare formichine, che pur essendo più parsimoniose delle cugine cicale, tuttavia nel giro di qualche mese finirono tutte le scorte di cibo. 

Diversi milioni di loro morirono di fame e di stenti, ed i loro resti rinsecchiti son ora fossili a disposizione dei paleontologi. 

Altre centinaia di milioni presero armi e bagagli, e fecero il loro san Martino verso più verdi e umidi terre. 

Qualche migliaio, ostinate, si rifiutarono di morire e di partire, e si barricarono sulla sponda del Danubio, sfruttando fino all’ultima goccia del moribondo e rinsecchito fiume. Speravano in un miracolo. Caparbiamente trascorrevano i loro aridi giorni, ripetendo: “Prima o poi… pioverà!”. 

Dopo molti anni, rimaste ormai in poche decine, arrivate ormai agli sgoccioli le ultime gocce d’acqua delle pozzanghere del prosciugato Danubio, queste testarde formichine di Belene non sapevano più ormai a che santo votarsi, ed ormai erano rassegnate a morire stecchite, quando un giorno, all’improvviso… 

… nel cielo apparve una cosa bianca, enorme, bislunga ed un po’ arrotondata. 

“Guardate! Una nu… una nuv… una nuvola!”, disse Gina, la formichina più vecchia, l’unica che da bambina ne aveva vista una, ed ancora si ricordava come era fatta una nuvola. 

“Ma va là, vecchia cieca! Hai le traveggole! Non può essere: le nuvole non sono rettangolari e affusolate, coi bordi lisci e regolari… E’ sicuramente un aereo!”, ribattè il Tone, il formicone sapientone. 

“No! E’ una balena!”, disse Enrichetto, il formichetto. 

“Ma và! E’ Supermen!”, rispose ridendo Lucetta, la formichetta. 

Mentre le formiche di Belene disquisivano sull’identità di tale fenomeno materializzatosi in cielo, dal cielo si udì una voce, che disse: 
“Care amiche formiche! Ma che Supermen, aerei e balene d’Egitto! Sono solo una vasca da bagno!?! Non si vede? Mi par lampante!”. 

Le formichine, inizialmente scettiche, si consultarono, ed alla fine concordarono: “Eh, sì, pare proprio una enorme vasca da bagno!”. 

Poi aggiunsero, rivolgendole la parola col naso e le antenne all’insù: “Ma… che ci stai a fare lassù? Di solito le vasche da bagno… non stanno nelle case?”. 

“Beh… sì… In teoria ed in pratica, sì. Beh… adesso non è che io voglio criticare il principale (certe volte fa cose strampalate e campate in aria...), ma il Padreterno stamattina mi ha riempito di chiara, fresca e bagnata acqua, e poi mi ha detto di andare sopra di Belene, e di darvi una spruzzatina”. 

“Usti! Alleluia! – esclamarono in coro le formiche – Una enorme gigantesca mastodontica vasca piena d’acqua! La Grande Carestia è finita! Ragazzi, stappiamo lo sciampagn!”. E si misero a stappare la loro preziosa riserva di sciampagn. 

Intanto la Vasca da Bagno Volante staccò il tappo, e una pioggia abbondante si riversò sopra Belene. 

Nei primi dieci minuti, ovviamente, le formichine belenciane, euforiche ed estasiate, ballarono sotto la pioggia e sotto le stelle, a piedi nudi nel parco. Ma dall’undicesimo minuto in poi… cominciarono i guai. 

Mentre nelle loro teste ballavano idee di deserti che fiorivano e guizzabondi torrenti di latte e miele… ai loro piedi il fango cresceva, cresceva, cresceva… arrivando fino alle ginocchia, e poi alle spalle. 

E se all’inizio sguazzare nel fango fu un visibilio, dopo l’undicesimo minuto divenne una tragedia, ed iniziarono i lamenti, e tutte le formiche, attonite e prese dal panico, iniziarono a fuggire, gridando: 

“Ohimè! Siam perduti! Affondiamo nel fango, e non abbiam sostegno! Che disonore, soccombere luridi ed infangati morire! Basta! Basta! Che qualcuno ci metta un tappo!!!”. 

Tutte furono attonite e prese dal panico e fuggirono… tranne una. 

Il formichino Gino, infatti, un giovane ed inaffidabile ragazzino, provò a proporre un’alternativa per aprire un’altra prospettiva, ma i più saggi ed affidabili e formidabili formiconi lo misero subito a tacere, mettendogli un tappo in bocca e prendendolo a calci nel deretano. 

A titolo di cronaca, per i posteri, disse solo: “Fratelli e sorelle, questa acqua è un dono del Cielo!!! Perché non prendiamo in mano la zappa, e non scaviamo qualche canale, e raccogliamo l’acqua in un laghetto? Avremmo così un’isola d’acqua per i prossimi anni, con tutti gli annessi e connessi..”. Comunque… 

Le formiche anziane, quelle sagge ed esperte di tutto, ordinarono a quelle più giovani di mettersi le ali in spalla, e di bloccare, fermare, annientare, sopprimere, impedire quel Diluvio Universale. 

Pronti ed obbedienti allora, tutti i giovani formichini (tutti… tranne Gino, che se ne restò buono buono in un angolo a leccarsi le ferite), si misero le ali e, afferrata una grossa pietra, la sollevarono fin sopra la Vasca Volante, e la usarono come tappo, fermando quello tsunami distruttivo. 

E tutte le formiche belenciane tirarono un sospiro di sollievo, per lo scampato pericolo: erano riuscite a bloccare tutto quel ben di Dio di acqua, che li stava travolgendo e sconquassando. 

E fu così che la Vasca da Bagno Volante, se ne andò e sparì per sempre. 

E sparirono per sempre pure tutte le formiche di Belene, perché la Grande Carestia e morirono tutte di sete e fame. Beh… tutte, tranne una. 

Il formichino Gino, infatti, pur essendo in netta minoranza e solo, non si era unito all’isteria collettiva, e così si salvò. Mentre tutti, con gli occhi rivolti al cielo seguivano il tappamento della Vasca, lui si mise a raccogliere tutte le bottiglie di sciampagn abbandonate nel fango e, dopo averle stappate, le riempì di fresca acqua. Quindi prese la sua zappa, scavò una buca profonda, e ci nascose tutte le bottiglie piene d’acqua. 

E mica lo disse ai suoi fratelli e sorelle, altrimenti non sarebbe bastata per tutti. Si diceva, tra sé e sé: “In fondo… che colpa ne ho io se loro son stolti ed io saggio? Ho provato a dir loro che c’era una prospettiva diversa… Che colpa ne ho io, se non han saputo riconoscere che l’acqua del cielo era un gran bel ben di Dio? Che colpa ne ho io se invece di prendere in mano la zappa, si son messi a guardare tra le nuvole? Se mi avessero ascoltato… invece di trattarmi come uno scemo inaffidabile… avremmo acqua in abbondanza! Che crepino tutti! Che colpa ne ho io? Se la son cercata loro!”. 

E così andò: tutte le formiche di Belene creparono di sete dalla prima all’ultima, dopo aver riempito le loro tombe con le lacrime del senno di poi. Tutte, tranne Gino il formichino, ovviamente. Il quale vivo e vegeto sgambetta ancora sulle sponde del Danubio di Belene, centellinando ed assaporando quel meraviglioso ben di Dio dell’acqua discesa dalla Vasca da Bagno Volante e dai lui saggiamente imbottigliata.

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