16 dicembre 2020

Il Papa ha scelto un missionario Passionista come Vescovo di Nicopoli in Bulgaria, ed il nuovo Vescovo ha scelto di abitare nel tugurio di Belene.

Altri tempi, altre persone, altre situazioni... ma molto simili ad oggi.

Nel 1804 la piccola e scalcagnata Diocesi di Nicopoli, nella Bulgaria settentrionale, rimase orfana del suo vescovo, il bulgaro Pavel Dovanlia, morto dopo lunghi anni di malattia a Bucarest, il 6 luglio 1804. Un episcopato il suo iniziato nel lontano 1776, cioè ben 28 anni prima.

Ho riletto oggi, con curiosità, una lettera del 1841 del mio predecessore, padre Carlo Romano, parroco di Belene, nella quale tra le tante cose racconta di come fu scelto il primo vescovo passionista in Bulgaria:

"Padre Francesco Maria Ferreri giunse a Roma quando trattavasi di dare un successore al defunto vescovo di Nicopoli ed un Pastore a quelli abbandonati ed oppressi Cattolici.

Pio VII che reggeva in quei giorni la Cattedra di S. Pietro, accolse amorevolmente e con quella benignità che lo distingueva, il p. Ferreri, reduce per la seconda volta dalla missione di Bulgaria, e sentendo dalla sua propria bocca i grandi travagli e pericoli ai quali erano esposti i missionari in quella provincia, le continue persecuzioni a cui soggiacevano i Cattolici, e le fatiche ed gli stenti sostenuti per tanti anni onde salvar quella Cristianità, ammirò in lui una vivezza di zelo illuminato e prudente, una sodezza di pietà e di dottrina, un ardore sì grande di carità, che ne restò colpito, e fin da quel punto fissò gli occhi sopra di lui per provvedere la vacante Sede di Nicopoli".

Colpisce molto il fatto che lo stesso papa, Pio VII, durante il periodo di discernimento per la scelta del Vescovo di Nicopoli, accoglie personalmente ed amorevolmente il nostro missionario passionista rientrato in Italia dopo il suo secondo settennio di servizio a Propaganda Fide. Colpisce, perchè da Propaganda poteva (e sicuramente l'ha fatto) avere documenti ed informazioni; ed invece sceglie di incontrare di persona, per sentire dalla bocca di un semplice missionario di periferia la situazione e la realtà della nostra Diocesi.

Stupisce l'ammirazione del Papa per questo missionario con l'odore delle pecore, e le qualità che ammira in lui e di cui resta positivamente colpito non sono certo i titoli accademici, dottorati e baccellierati (che tra l'altro... padre Ferreri non aveva), neppure le raccomandazioni o le cordate (che di certo lo sconosciuto Ferreri non aveva), ma lo zelo e l'ardore missionario, la fede soda e semplice, il suo amore per quella povera e scalcagnata terra e gente.

La lettera del 1841 di padre Carlo Romano continua così:

"Difatti, prima che spirasse l'anno 1805, nominollo a quel vescovado, premio ben dovuto ai suoi meriti ed alle sue virtù. Egli due volte aveva fatto il viaggio di Bulgaria. Quattordici anni aveva instancabilmente faticato in quella missione, quando appunto più incolto e men dissodato era il terreno. Aveva sofferto dai Turchi persecuzioni, prigionia e battiture, di cui riteneva ancora i segni nel suo corpo; imperocché avendogli le percosse offese notabilmente i tendini del collo non poteva più liberamente muoverlo. Malgrado tutto questo chinò umilmente il capo all'enorme peso che gli veniva imposto, pronto ad incominciare una carriera più dolorosa delle precedenti pel desiderio vivissimo di giovare alle anime dei suoi cari prossimi".

La nomina a Vescovo di Nicopoli non fu certo un premio, neppure una carica ambita (altro è essere nominati Vescovi di Milano, Parigi, Vienna....). Piuttosto fu una bella croce: due o tre preti, decine di comunità sparse a centinaia di km di distanza, problemi politici, sanitari, economici, mancanza di soldi e di strutture... una diocesi più piccola di molte parrocchie...

Conclude il padre Carlo Romano:

"Padre Francesco Maria ricevè l'episcopale consacrazione in Roma, nella chiesa dei SS. Giovanni e Paolo, in mezzo dei suoi confratelli che lieti applaudivano alla di lui esaltazione. Disposto quindi tutto l'occorrente e licenziatosi dai suoi, partì sollecito alla volta della sua Chiesa bramoso di quanto prima trovarsi fra le sue pecorelle. Giunse in Bulgaria ai 20 gennaio del 180,6 ed è indicibile con quali trasporti di gioia e di esultanza fosse accolto da quei Cattolici il loro nuovo Pastore, di cui già avevano per tanto tempo ammirate le virtù, sperimentata la dolcezza e goduti i vantaggi della sua benefica carità.

    Conoscendo benissimo il prelato i costumi della nazione, il disordine del popolo, ed i bisogni tutti della diocesi, perito nella lingua bulgara, turca e greca, non ebbe molto a tardare per intraprendere intieramente la vita di missionario, ed incominciare le funzioni di vescovo. Stabilì da principio la sua residenza a Bellini, se residenza episcopale può chiamarsi un meschino tugurio sotterra, coperto di paglia ed elevato dal suolo di pochi palmi, in cui altro comodo non era che due anguste cellette, altri ornamenti che poche rozze supellettili, altre ricchezze che un'estrema povertà. Ma pure questo episcopio agli occhi dell'umile prelato appariva più nobile, più prezioso dei più sontuosi palazzi.

La sua modestia, la sua saviezza, il suo carattere dolce ed amorevole, le sue maniere obbliganti e cortesi, l'austerità della sua vita, il suo zelo instancabile, la sua carità sempre attiva gli guadagnarono ben presto il cuore di tutti. In Bulgaria ed in Vallachia fu sempre amato e venerato dai Cattolici, rispettato e temuto dagli Scismatici; fu in alta stima presso l'agenzia imperiale in Bukarest, e dagli stessi Turchi riscosse in molte occasioni riverenza ed omaggio. Ci si valse di tutto il suo credito e di tutta la sua autorità per riformare abusi, correggere costumi abolir superstizioni, ed esterminar il Paulicianesimo in quella contrada in cui per le profonde radici gettate una volta non lasciava tratto tratto di ripullular velenosi germogli.

Visitò tutta la diocesi non perdonando a fatiche ed a stenti, ravvivò dappertutto la fede, rinvigorì la pietà, fece rifiorire il buon costume combattendo i vizi, estirpando i disordini e riducendo a via di salute i peccatori traviati. In poco tempo riformò quella Cristianità, e se non riuscì a distruggere intieramente gli errori e le superstizioni dei Pauliciani, che trincerate si erano nei luoghi più occulti ed inaccessibili, ciò deve attribuirsi al carattere duro ed inflessibile di quei miseri erranti, ed al poco tempo che ebbe per adoperarsi in questa difficilissima impresa".

Che dire? Il Papa ha fatto una buona scelta. Perchè ha fatto un buon discernimento. Mandando un missionario, appassionato e passionista, e non un burocrate o un semplice qualcuno per riempire una casella... ha fatto un grande regalo a questa nostra piccola e scalcagnata diocesi.

Siccome sto preparando la pubblicazione dei documenti e delle lettere dell'episcopato di mons. Ferreri, vorrei concludere qui con la sua lettera autografa a Propaganda Fide, lettera con cui accetta il nuovo servizio affidatogli dal discernimento e dalla scelta del Papa:


"Illustrissimo e Reverendissimo Signore Padrone Colendissimo.

Con timore e tremore, per essere io sprovvisto delle sublimi doti che richiede il sacro carattere episcopale, ho letto il veneratissimo foglio di Vostra Signoria Illustrissima e Reverendissima, in cui mi partecipa la notizia della mia elezione al Vescovato vacante di Nicopoli, fatta dagli Eminentissimi Signori Cardinali della Sacra Congregazione di Propaganda e confermata con la suprema autorità di Sua Santità felicemente regnante.

Essendo assente da questo Ritiro il Padre Rettore, di cui fo le veci, devo ancora trattenermi qui alcuni giorni, e poi partirò per Roma per consultare, come figlio d’obbedienza, l’affare col Padre Preposito Generale, e regolarmi secondo il suo consiglio e approvazione nell’esecuzione de’ veneratissimi comandi della Sacra Congregazione.

E qui, con profondissimo ossequio, baciandole le sacre mani, mi rassegno

di V[ostra] S[ignoria] Ill[ustrissi]ma

d[evotissi]mo u[milissi]mo obb[edientissi]mo ser[vitor]e

Francesco Maria del Divino Amore

Corneto 24 agosto 1805


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