In quel tempo, quando tutto era normale e non c’era niente fuori dal comune, nel comune di Belene vivevano tre comunissime vecchiette, che trascorrevano una comunissima vita da vecchiette, e si chiamavano con tre comunissimi nomi in Bulgaria:
baba Vera (battezzata
Viara, che tradotto in italico si dice Fede),
baba Luba
(battezzata Liubka, che tradotto in italico sarebbe Carità),
baba Desca
(battezzata Nadeshda, che tradotto significa… Speranza).
Queste
simpatiche ed arzille nonnette, oltre allo stesso comune, avevano in comune
molte altre cose, tra cui il fatto che tutte e tre allevavano galline.
Una mattina,
come al solito, si sedettero sulla solita panchina sotto la solita pianta, e
cominciarono a raccontarsi le solite cose che solitamente si dicevano.
Dopo gli
aggiornamenti sul parentado, sull’evoluzione dei vari ortaggi e la solita
rapida carrellata sugli acciacchi di ginocchia, schiena e dintorni, baba Vera
introdusse un nuovo argomento, fino ad allora mai affrontato:
“Ehi, lo
sapete? Ieri, per la prima volta da che mondo è mondo, neppure una delle mie
galline ha fatto l’uovo! Neppure una, neh!”.
“Dici davvero?
– esclamò stupita la baba Luba - Ma lo sai che neanche le mie ieri han fatto le
uova!”.
“A te scoppia! – si inserì la baba Desca – Neanche le mie”!
E cominciarono
a disquisire su questo sciopero aviario, giungendo dopo qualche ora alla,
ragionevole, conclusione, con cui liquidarono questa stranezza fuori dal comune:
“Che strano caso! E’ proprio una coincidenza interessante!”.
E ritornarono
alle loro case.
Il giorno
dopo, si svolse la stessa identica scena, compreso il fatto che le galline di
tutte e tre di nuovo non avevan fatto nessun uovo.
E la cosa
continuò anche nei giorni successivi, cioè il fatto che pur beccando, ruspando e
crocchiando… nessun coccodè, e nessun uovo.
Le babe
cominciarono a preoccuparsi.
Probabilmente qualche strano virus le aveva contagiate.
Dopo due
settimane di totale assenza di uova, la baba Vera fu la prima che perse la fede,
e comunicò decisa alle sue colleghe:
“Ragazze,
basta. Ormai è lapalissiano che queste bipedi pennute non faranno mai più un
uovo, per cui… sapete che vi dico, ragazze mie?!”.
“No… non lo
sappiamo… se non ce lo dici…”, risposero entrambe.
“Vi dico che… Basta!
E’ meglio una gallina oggi, che un uovo domani. Per cui mò vado a casa, tiro
loro il collo e le metto nel frigo!”, disse decisa baba Vera, e si alzò ed ando
dritta a casa e fece come aveva detto.
Il giorno
dopo, fu la volta della baba Liuba, che frustrata da quella prolungata carestia
di uova, mentre era sulla panchina con le altre, andò su tutte le furie (dovevate
vederla: era proprio fuori dalla grazia di Dio!), si mise ad urlare isterica, a
prendere a calci le piante, a sragionare, finchè appena prima di andarsene urlò
alle altre:
“Sapete cosa
vi dico, ragazze?”.
“No… non lo
sappiamo… se non ce lo dici…”, risposero entrambe.
“Vi dico che… Basta!
adesso vado a casa, e rompo il paniere delle uova! Lo faccio a pezzi, lo
sbriciolo, lo disintegro coi raggi fotonici! E tiro pure io il collo a tutte
quelle vecchie galline spelacchiate”. Detto, fatto.
Il giorno dopo,
toccò alla baba Desca, l’unica ancora in possesso di galline viventi, pur non
ovanti:
“Ragazze, sapete
cosa vi dico?”.
“No… non lo
sappiamo… se non ce lo dici…”, risposero entrambe.
“Vi dico che… Basta!
E’ ora di farla finita! Così non si può più andare avanti! Ragazze! La speranza…
è l’ultima a morire! Per cui… ora vado a chiamare il vecchio parroco, e gli
faccio dar giù una belle benedizione alle mie pollastrelle, e vedrete che uova
faranno!”.
E così fece, ed
il vecchi parroco venne, e venne pure il giorno dopo, e venne per trenta giorni
di fila, ma… pur essendo ormai annegate nell’acqua santa, quelle dannate galline
non sfornavano neppure un ovettino kinder.
Ovviamente baba
Vera e baba Liuba iniziarono un po’ a prendere in giro la baba Desca, e cercavano
di dissuaderla. E quest’ultima stava ormai perdendo la speranza, quando il
vecchi parroco la riattizzò con questa proposta:
“Babo Desco…
mi spiace, ma le mie benedizioni non funzionano.. però… però… è appena stato
nominato il nuovo vescovo… magari la sua benedizione funziona giù meglio della
mia…”.
E fu così che
il vecchio parroco chiamò il nuovo vescovo, che repentinamente si recò a Belene
per provare a risolvere questa tragica situazione pastorale.
Ma neppure le
benedizioni e gli esorcismi del nuovo vescovo riuscirono a srappare un coccodè
a quelle disovizzate galline.
La speranza di
baba Desca stava per esalare infine l’ultimo respiro, quando il nuovo vescovo,
da vero saggio, suggerì:
“Mah… Secondo
me… questo è un caso serio, che nessun parroco o vescovo può risolvere… Come
dice il proverbio: tutte le galline portano a Roma. Per cui… chiamiamo il Papa.
Lui sì che può far miracoli!”.
E fu così che
il Papa stavolta venne a Belene, ed andò dritto dritto nel pollaio della baba
Desca. Tutto il comune si era riunito intorno alla casa di baba Desca, per
vedere questa cosa fuori dal comune: il Papa che benediceva le galline di baba
Desca!
E, secondo
voi, le galline fecero l’uovo?!?
Macchè! Neppure
al Papa diedero ascolto, e continuarono a razzolare tranquille e pacifiche. Ed
il Papa se ne tornò a Roma.
Baba Desca
allora perse ogni speranza.
Dopo che tutti
se ne furono andati, andò in cucina, prese un coltellaccio, tornò nel pollaio,
afferrò una delle galline, le appoggiò il collo sul ceppo, alzò il coltello in
alto, e come Abramo si preparò a sferrare il ferale colpo sulla propria
creatura, iniziò a sferrarlo e…
“Ferma!”, si
sentì una voce gridare. “Ma sei impazzita?”.
Baba Desca si
paralizzò, col braccio armato fermo a mezz’aria e col collo della malcapitata
gallina nell’altra mano. E chiese tremante, all’uomo barbuto ed affannato che
si era affacciato nel pollaio: “E tu chi diavolo sei?!?”
“Beh… Salve,
baba Desca! Non sono un diavolo… son solo un povero diavolo di un pescatore. Sono
il Piero… Non mi riconosci? Quello di Cafarnao… Mi scuso per il ritardo… Ma per
arrivare qui a Belene è proprio un traffico! Non c’avete l’aeroporto, il treno
non funziona da vent’anni, neppure un’autostrada… solo una specie di gruviera
piena di buche… Comunque il Papa ha chiesto al Grande Capo di intervenire per
questa faccenda devastante e terribile, e Quello mi ha detto di venire qui alla
svelta, prima che qualcuno si facesse male… Mi scusi ancora per il ritardo… ma
son contendo di essere arrivato in anticipo, prima dell’irreparabile
gallinicidio. Sa, babo Desco… viene prima la gallina, e poi l’uovo: quindi…
niente gallina… niente uovo…”
“Eh! La fa
semplice lei! Qui ci son le galline… ma niente uova! Come la mettiamo allora?
Se prima vien la gallina e poi l’uovo… perché qui non vengono le uova!??!”.
“Lasci fare a
me, babo!”.
“Va bene. Facci
pure come le pare. Tanto ormai… la frittata è quasi fatta”, disse rassegnata una
scettica e cinica baba Desca, avendo ormai lasciato ogni speranza dopo esser
entrata nel pollaio. E si avviò verso casa, lasciando san Pietro solo nel
pollaio.
Stava per
varcare la soglia della propria casa, quando la baba Desca, non credendo ai
propri orecchi, risentì l’amato suono da tempo immemorato ormai dimenticato:
“Coooocccccodè!
Cooocccodè! Coooccodè!” (penserete voi, no?).
Invece il
suono che sentì fu:
“Chiiiccchrichììì!
Chiccchhhirichì! Chicchirichìììì!”.
E si precipitò
nel pollaio.
E qui, quasi
quasi mi commuovo, a raccontarti la scena di baba Desca che riceve un bell’uovo
fiammante, dorato, quasi pasquale, dalle mani di san Pietro.
E la baba
Desca, raggiante, guardare ora l’uovo in mano di san Pietro, ora il gallo ai
piedi di san Pietro.
Il quale
disse: “Cara baba Desca… mi spiace dirle, che le sue galline purtroppo non faranno
mai più le uova, son ormai troppo vecchie, e neanche il Padreterno può far
questo miracolo! Per cui… tiri pure loro il collo, e le metta in frigo, e si
ricordi che… gallina che becca…. Cioè, che gallina vecchia fa buon brodo!”.
“Sì… beh… mah…
Ma allora da dove viene quest’uovo?!?”
“Dal mio gallo,
ovviamente! Perché, su, dai, lo san tutti, che prima dell’uovo e della gallina,
viene il gallo! Lassù eravamo un po’ commossi per la vostra tragedia, per cui
il Principale, commosso profondamente, mi ha detto di regalarvi il mio gallo,
che farà del suo meglio per darvi qualche uovo al giorno”.
E fu così, che da quel giorno, non essendoci più galline nei pollai di baba Vera, baba Liuba e baba Desca, il gallo di San Pietro iniziò a sfornare per loro delle gustosissime e celestiali uova.
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