Salvo' molti ebrei dallo sterminio nazista e poi, in nome della liberta' religiosa, sfido' il regime comunista.
A presiedere la cerimonia e' stato il Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, Monsignor Angelo Amato. "Se prima la grande tentazione era dovuta alla durezza della persecuzione - ha affermato il porporato -, oggi, piuttosto, la quasi impercettibile complicatezza della vita, la distrazione e una certa misteriosa stanchezza interiore sono gli ostacoli che impediscono di terminare con lo slancio dell'amore quella corsa verso l'eterna felicita' della quale parla San Paolo. E' come se una certa melanconia opprimesse i nostri cuori. Eppure, come oggi la testimonianza dei martiri risuona e risplende di nuovo dal silenzio e dal buio della paura, cosi' e' con noi anche...
...quella forza della fede che puo' darci speranza e avvenire".
La beatificazione di Bogdanffy, ha sottolineato Amato, "rompe il silenzio di molti decenni e inaugura con la maesta' e la forza misteriosa della liturgia il culto pubblico di quei numerosi testimoni, che hanno sofferto come martiri o confessori per la verita' di Cristo e della Chiesa".
Bogdanffy venne consacrato vescovo di Nagyvrad dei Latini il 14 febbraio 1949, nella Nunziatura di Bucarest. Le autorita' reagirono tempestivamente e un mese e mezzo dopo la sua consacrazione, il 5 aprile, venne arrestato. Ecco il motivo: l'adesione fedele a Cristo, alla Chiesa e al Papa. Per questo ha accettato, con amore generoso, anche la morte. L'Arcivescovo Patrick O'Hara lo disse gia' nella Nunziatura, durante la consacrazione: "Szilard, fratello mio, io ti consacro vescovo per il martirio". L'Arcivescovo Amato ha poi indicato il beato come sacerdote, educatore e martire esemplare. "Emblematico - ha notato tra l'altro - e' il suo gesto di nascondere alcuni ebrei nel seminario di Nagyvrad, dissimulando la loro identita', per sottrarli a morte certa". Terminata la guerra, la Romania fu fortemente condizionata dalla campagna negativa scatenata dal regime comunista contro la Chiesa. Bogdanffy nel 1949 venne arrestato e fu prima destinato ai lavori forzati in una miniera di piombo, quindi in un campo di sterminio presso il Mar Nero. Si ammalo' di polmonite e, privato intenzionalmente delle necessarie cure e medicine, mori' il 2 ottobre 1953.
Servizio di Fausta Speranza:
La terribile persecuzione comunista non cambiò la capacità di amare del vescovo martire Szilárd Bogdánffy. Questo il suo insegnamento. Un insegnamento prezioso in particolare nella nostra epoca sottolinea il cardinale Erdö, definendola un’epoca “così stanca e in fondo disgustata e delusa”. “Gli uomini non possono sottrarci la vita nella sua interezza, perché non possono uccidere l’anima, sottolinea il cardinale. Solo Dio è padrone della sorte dell’anima umana”. E il vescovo proclamato Beato ha vissuto la persecuzione, il carcere senza mai rinnegare la propria fede in Dio, nella sua misericordia, nella Chiesa: “attraverso la sua sofferenza e la sua morte ha dimostrato – dice il cardinale Erdö - che siamo stati chiamati a una tale gioia, a una tale felicità, che è più grande di questa vita terrena”. Per questo è esempio e motivo per noi di speranza. Lui che, come altri, è vissuto “durante gli anni pesanti e bui della guerra e del fanatismo comunista”. Il cardinale Erdö sottolinea che “la beatificazione del vescovo martire Szilárd Bogdánffy rompe il silenzio di molti decenni e inaugura con la maestà e la forza misteriosa della liturgia il culto pubblico di quei numerosi testimoni, che hanno sofferto come martiri o confessori per la verità di Cristo e della Chiesa”. E ricorda che “anche in Ungheria, appena un anno fa è stato elevato all’onore degli altari il Beato vescovo martire Zoltán Meszlényi, primo martire cattolico riconosciuto di quell'epoca”. E poi sottolinea: “La fedeltà e la perseveranza eroica di tanti vescovi, sacerdoti e fedeli cattolici latini ed orientali scaturiva dalla fede sincera. Nelle carceri si sono incontrati anziani e giovani, romeni e ungheresi. A loro erano sufficienti poche parole per capirsi, perché avevano in comune la fede e la speranza.” Tornando all’oggi il cardinale afferma che “è come se una certa malinconia opprimesse i cuori” e dunque “la testimonianza dei martiri risuona e risplende di nuovo dal silenzio e dal buio della paura: è con noi anche quella forza della fede, che può darci speranza e avvenire". “La distrazione e una certa misteriosa stanchezza interiore” sono gli ostacoli che impediscono slanci d’amore, avverte il cardinale. La capacità di amare invece non è mai venuta meno al vescovo martire. Al termine della celebrazione, mons. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, e tra i prossimi cardinali nel Concistoro del 20 novembre, ha ricordato così il nuovo Beato:
“Chi arrestò il Servo di Dio era spinto non da motivi oggettivi, ma dall’odium fidei. Si voleva costringerlo con ogni mezzo ad abiurare dalla sua fede cattolica. La gente diceva che nel campo di lavori forzati di Capul Midia c’era un’unica porta, quella d’entrata. Era un vero inferno. Cibo scarso, maltrattamenti continui, mancanza di riposo (non si poteva dormire sdraiati, ma solo appoggiati ai bordi del letto), interrogatori sfiancanti (spesso duravano ininterrottamente fino a 82 ore), freddo, sporcizia. Tutto era programmato con l’intento di annientare psicologicamente e fisicamente i detenuti. Ovviamente l’accusa di alto tradimento o di spionaggio rivolta al vescovo Bogdánffy non aveva nessun riscontro concreto. Mesi dopo, fu trasferito nella prigione di Nagyenyed, nella cella n. 120. Ormai il suo fisico era troppo indebolito da anni di sofferenze e torture. Ammalatosi di polmonite, gli furono rifiutate le cure. Morì il 2 ottobre 1953".
“Anche in un simile contesto – sono parole di mons. Amato – padre Szilárd cercò sempre la via della carità e della fratellanza, manifestando una cura particolare per i poveri e gli oppressi”:
“Nel suo apostolato, il Servo di Dio esercitò coraggiosamente il suo ministero. Ad esempio, durante il regime nazista, rischiando la vita, nascose molti cittadini ebrei nella sede della Scuola di Teologia. Inoltre, i testimoni affermano, che, nonostante la situazione disumana del carcere, il vescovo Bogdánffy non fece mai mancare i suoi generosissimi atti di carità verso gli altri detenuti. I martiri continuano ancora oggi a spargere il loro sangue benedetto per testimoniare la buona notizia del Vangelo di Gesù Cristo, che è un annuncio di fratellanza, di carità verso tutti, di pace. Il sacrificio del vescovo Bogdánffy è la testimonianza concreta della vitalità della chiesa cattolica romena, della sua fedeltà all’unità della Chiesa e del suo amore al Santo Padre.”
Mons. Amato ricorda qualcosa di più della vicenda umana del nuovo Beato:
“Szilárd Bogdánffy, nato nel 1911, era un apprezzato professore di teologia e fecondo giornalista. Nel 1939 fu arrestato dalla Gendarmeria rumena ed espulso dalla nazione. Trasferitosi a Budapest e completati gli studi all’Università, nel 1940 ritornò a Nagyvárad dove insegnò teologia e dove fu anche direttore spirituale. Conosciuta la figura e la spiritualità di sant’Angela Merici, fondò il Terz’Ordine che si ispirava alla Santa. Negli anni, si guadagnò la stima del Servo di Dio, Mons. Giovanni Scheffler, Vescovo diocesano di Szatmár e amministratore apostolico di Nagyvárad, il quale lo nominò segretario della cancelleria vescovile e consigliere episcopale di entrambe le diocesi, affidandogli anche l’amministrazione del seminario di Szatmárnémeti, autorizzandolo a trattare a Bucarest gli affari delle diocesi. Il Servo di Dio visse durante gli anni della feroce dittatura comunista, che si accaniva contro la Chiesa cattolica con l’intenzione di annientarla. In questo clima anticlericale, don Szilárd Bogdánffy fu ordinato clandestinamente Vescovo, presso la nunziatura di Bucarest, dall’Arcivescovo Patricius O’Hara. Era il 14 febbraio 1949. Subito dopo, nell’aprile del 1949 fu arrestato con l’accusa di alto tradimento e di spionaggio e trasferito in varie prigioni. Nel 1953 lo troviamo nella prigione di Capul Midia sul Mar Nero, che era un vero e proprio campo di sterminio”.
Nella giornata di oggi – sono parole del cardinale Erdö - “risplende il raggio di sole dal profondo pozzo della storia, e la verità e l’amore a lungo sepolti ci illuminano di nuovo come esempi di forza che crea pace e coraggio per la riconciliazione”.
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