Da un mese ormai mi trovo sulle sponde bulgare del Danubio, e pur sentendomi ancora un po' spaesato (soprattutto per la lingua), ci sono molte cose che mi fanno "sentire a casa".
Stamattina, per esempio, è stata grande la sorpresa mentre mi aggiravo tra gli scaffali della Metro di Pleven per fare la spesa: sul banco delle verdure ho trovato l'insalata che veniva da... Cicola!!! (Per chi non lo sa, è il mio "villaggio" natio, ubicato sulle ultime propaggini collinose della Val Cavallina, in quel di Bergamo).
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L'insalata di Cicola... in vendita in Bulgaria! |
Mi ha colpito molto trovare questo prodotto sugli scaffali di questo paese (miracoli della globalizzazione!). Soprattutto mi ha stupito perchè la Bulgaria è un paese quasi totalmente agricolo, con chilometri e chilometri di immense campagne, e quasi tutte le casette hanno orti coltivati a verdure... è proprio curioso che si venda qui l'insalata di Cicola, qui dove se ne potrebbero produrre milioni di tonnellate, a costi molto più competitivi (un operaio qui prende tra i 100 e i 200 € di stipendio mensile....). Il colmo poi sarebbe (mi informerò!) che tra i braccianti agricoli che lavorano a Cicola (indiani, pakistani, marocchini...) ci fossero anche emigarti bulgari!
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L'etichetta non tradisce: Carobbio degli Angeli... |
Prendo spunto da questa curiosità gastronomica per meditare anche su altri aspetti di questa globalizzazione, che a prima vista è piacevole, ma non so fino a che punto favorisce la creatività, lo sviluppo, la crescita e l'arricchimento locale.
A livello nostro, di vita cristiana, ho notato per esempio che i testi della catechesi dei ragazzi sono quelli della CEI (Venite con me, Sarete miei testimoni, Vi ho chiamato amici...), tradotti dall'italiano al bulgaro.
I canti in chiesa sono quelli italiani, tradotti in bulgaro (Noi canteremo gloria a te, Guarda questa offerta...).
Capisco che queste scelte siano state fatte per "tamponare" un vuoto... Come sul mercato, quando manca l'insalata locale, si inserisce quella orobica.
Ma l'ideale, il sogno, il desiderio, sarebbero quelli che sul posto nasca, cresca e germogli qualcosa di bello.
Chissà...
Magari, fra qualche anno (mi perdonino quelli di Cicola, che magari venderanno di meno...) una nuova azienda agricola bulgara e di bulgari produrrà e venderà insalata bulgara...
Magari fra qualche anno (mi dispiace per le librerie Paoline ed LDC...) qui si stamperanno testi di catechesi inventati da catechisti e pastori bulgari, pensati per i bulgari, adatti alla realtà bulgara.
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Una rosa, appena fiorita a Bèlene |
La globalizzazione, anche nel campo ecclesiale, è certamente una realtà che sul momento arricchisce, tampona buchi, crea circolarità. Ma se non si governa, ha l'effetto di soffocare e ritardare la creatività locale: "Che bisogno c'è di fare qualcosa di nuovo? Tanto le cose ci sono già... Tanto ci pensano gli italiani... Perchè rischiare qualcosa di nuovo?". Penso che questo aspetto "conservatore" e congelatore della globalizzazione influisca non poco sullo sviluppo e sul fiorire delle realtà locali.
Bene. Se son rose fioriranno, dicono dalle mie parti.
Qui non so ancora cosa dicono, nella cultura popolare e proverbiale locale.
So solo che a Bergamo le rose smettono di fiorire ad ottobre...
Qui invece, siamo al 17 novembre e continuano a fiorire!
Auguro davvero al popolo bulgaro e alla chiesa bulgara di sbocciare, di rifiorire,
dopo il lungo inverno dell'occupazione ottomana,
dopo il lungo inverno del regime comunista,
dopo questo inverno di disoccupazione, emigrazione ed impoverimento.
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Rose appena fiorite, nel giardino dei Passionisti a Bèlene |