18 dicembre 2010

Tra il FARE e il NON FARE... c'è di mezzo il CONTEMPLARE


Originale del 1420 circa

Nelle tradizioni natalizie occidentali molta importanza riveste il FARE: si fa l'albero, si fanno le luminarie, si fanno gli addobbi, si fa il presepio. Questo fare però spesso rischia di essere fine a se stesso, e una volta fatte, le cose fatte restano lì, in secondo piano, come un addobbo, come un riempitivo, in attesa di essere dis-fatte dopo le feste. O al massimo ci si sofferma a "guardarle", per vedere qual'è la più bella, la più originale, la più artistica. Questa "spiritualità pratica" pone l'accento sul mio fare, sulle mie capacità, sul mio impegno. Ha certamente il vantaggio di stimolare una creatività, ma anche lo svantaggio di essere molto "materialista". Quanti di noi meditano e pregano ogni giorno davanti a un presepio? Lo facciamo, lo guardiamo, e poi lo lasciamo lì, come un addobbo qualsiasi...

Nella spiritualità dell'oriente cristiano, invece, si fa poco, perchè il mistero è già fatto, è già accaduto. E allora non si dedica tempo ed energie a costruire e fare alberi, presepi e quant'altro, ma ci si mette davanti ad un'icona, e si spalanca questa finestra sul mistero, e si entra dentro il mistero del Natale con la contemplazione, la meditazione e la preghiera. Certo, molti si soffermano velocemente davanti all'icona, e poi scappano via; eppure questa "spiritualità contemplativa" ha il vantaggio di dare più valore al mistero rappresentato.

Provo allora anch'io, figlio dell'occidente materialista e del pragmatismo lombardo, a fermarmi davanti a questo segno sacramentale dipinto, e ad aprire timidamente le ante di questa finestra

Sosto davanti a questa icona che presenta il mistero della Natività del Signore secondo la raffigurazione propria delle Chiese dell'Oriente cristiano, dipinta dal santo Andrej Rublev a Mosca, intorno al 1420; egli ha suddiviso le diverse scene che si riferiscono alla Natività in tre fasce orizzontali che si ordinano intorno al centro dell'immagine, costituito dalla figura della Vergine Maria e dal Bambino.
Giuseppe
Sulla sinistra, in basso, contemplo S. Giuseppe seduto, mentre medita sul mistero della gravidanza della sua sposa; mi sta simpatico il Beppe, il carpentiere di Nazareth; resta sempre in un angolo, addirittura poi scompare dalla scena; il "silenzioso", uomo di poche parole; un uomo chiamato a decidere, nella sua libertà, cosa fare nella vita; un uomo travagliato, che fa fatica anche a dormire, assalito dalla vocina del tentatore (quell'ometto infido e peloso accanto a lui) e dalla vocina dell'angelo.
Sulla destra le levatrici lavano il bambino appena nato, come si fa con ogni bambino che viene al mondo. Ma, in questo caso, non è il Bambino ad aver bisogno di essere purificato, è piuttosto lui che santifica e vivifica l'acqua in cui viene immerso. La piccola vasca in cui viene immerso ha la forma di un fonte battesimale e l'acqua che cola dalla brocca brilla come l'oro, segno della divinità.
Nella fascia mediana è raffigurato il mistero stesso della Natività: gli angeli adorano il Verbo incarnato e i pastori, ricevendo l'annuncio dall'alto, si recano alla grotta. Distesa nel riposo, stanca dopo il travaglio, stanca dopo nove mesi di gravidanza, la donnna Maria appare al tempo stesso come Madre di Dio, incorniciata dal tappeto rosso intessuto d'oro in una mandorla di gloria. Il fatto che non guardi il bambino significa che anche lei è compenetrata dal Mistero nella fede, assorta nella contemplazione di quanto di straordinario è avvenuto in Lei: “Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19).

Le levatrici
La figura del Bambino è tutta in riferimento al mistero pasquale: il suo corpo, che ha le proporzioni di quello di un adulto, è già stretto nelle bende della morte e giace in una mangiatoia più simile ad un sepolcro di pietra. Alle sue spalle si spalanca il buio della grotta, simbolo delle tenebre del mondo in cui egli accetta di entrare e di sprofondarsi per far sgorgare di nuovo la Luce, anticipo di quella discesa agli inferi in cui libererà Adamo e i padri nella fede.

Ma l'icona della Natività invita a contemplare questo mistero di amore alla sua stessa fonte, che è la Santissima Trinità. Ecco perché, nella fascia superiore, appare un raggio semplice, simbolo dell'azione di Dio, che si divide in tre proprio sulla verticale della grotta, ad indicare che la redenzione del genere umano è opera comune delle tre Persone Divine.

I Magi salgono verso il Raggio: il loro viaggio verso Betlemme (in ebraico, la casa del pane) è infatti segno del cammino degli uomini di tutti i tempi verso Dio; mentre gli angeli adorano nell'eternità il mistero dell'annientamento del Figlio, per amore.

Hai fatto il presepio? Bravo. E' una bella tradizione cristiana occidentale.
Non hai fatto il presepio? Bravo lo stesso: l'ha già fatto una volta la Trinità, e basta quella.
In entrambi i casì, però, ricordati di quello che sta in mezzo:
tra il fare e il non fare c'è di mezzo il contemplare.
Fermati ogni giorno davanti al Mistero dell'Incarnazione:
guarda, medita, prega e lasciati immergere nella luce che brilla nella notte.

"Copia" moderna

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