Oggi sono stato ad Oresh tutto il giorno, per l'incontro diocesano dei giovani, ed ho pensato molto a lui.
Perchè è il primo missionario passionista morto e sepolto in Bulgaria. e casualmente è morto nel giorno in cui io sono nato (qualche anno dopo...). Parlo di p. Michele Hirschenauer.
Su di lui ho trovato qualche informazione, che qui pubblico, in segno di gratitudine a questo uomo del 1700 che ha donato la sua vita per i bulgari e per la nostra Diocesi di Nicopoli.
P. Michele della Purificazione (Hirschenauer), nasce in Baviera a Sultzbach (altre fonti hanno “Scherding”) il 17/09/1747; professa tra i Passionisti il 28/01/1776.
Nel 1780 partecipa alla Missione Popolare di Monte Romano (diocesi di Tarquinia; cfr. Annali, § 725, p. 335).
Il 20 aprile del 1787 viene nominato superiore del convento di Pievetorina (cfr. Annali, § 1052, p. 449).
Terminata la guerra dei Turchi con l’impero
austriaco con la pace di Svishtov, il 4 agosto 1791, e con l’impero russo il 9
gennaio 1792 con il Trattato di Jasi, Propaganda Fide richiede ancora al
Superiore Generale dei Passionisti la disponibilità di due sacerdoti per altri
sette anni.
Nel settembre 1792 partono da Roma p.
Francesco Ferreri e il tedesco p. Michele Hirschenauer; come la
volta precedente devono attendere a Bucarest l’arrivo del fermano, quindi
entrano in Bulgaria nel marzo del 1793. La loro partenza è registrata in modo
laconico negli Annali della Congregazione:
“Nel predetto mese [settembre]
partirono da Roma per andare in Bulgaria, mandati da Propaganda Fide, il p.
Francesco del Divino Amore ed il p. Michele della Purificazione, lasciando il
primo il governo del ritiro di S. Francesco dell’Anguillara, ed il secondo del
ritiro dei SS. Giovanni e Paolo, dei quali erano attualmente rettori. Dopo un
disastroso viaggio, nel quale si ammalò il surriferito p. Michele, giunsero a
Buccoreste nella Vallachia, ove si trattennero alquanto per aspettare il
firmano del Gran Signore, e di poi entrarono nella Bulgaria ed incominciarono
l’apostolico loro ministero” (cfr. Annali, § 1177, p. 485).
Il paese di Oresh nel 1930. |
P. Francesco va ad Oresh, mentre P. Michele va
a vivere a Trenciovitza insieme a don Mattia Rasdilovich. Questa convivenza tra
religiosi e diocesani è molto significativa, ed è dovuta probabilmente sia a
motivi pratici (lo studio della lingua, l’affiancamento ad un sacerdote già sul
posto), sia a motivi economici, come testimonia lo stesso mons. Dovanlia:
“P. Michele e don Mattia vivono in
perfetta comunità, e il povero p. Michele condivide con don Mattia, che si
trova in necessità, quel piccolo sussidio che riceve dalla benignità della
Sacra Congregazione” (Cfr. Relazione di mons. Pavel Dovanlia del 9 luglio 1795, in: Archivio Storico di Propaganda Fide, SC, Bulgaria 1773-1797, v. 7, f. 368)
In una lettera del 1793 a Propaganda Fide, p.
Francesco descrive lo stato di abbandono in cui si trova Oresh: manca la casa
per il sacerdote, il tetto della cappella è rovinato, in tutta la zona c’è
carestia (Cfr. Lettera di p. Francesco Ferreri, in: ASPF, SC, Bulgaria 1773-1797, v. 7, f. 335).
Negli anni successivi il lavoro continua come
prima, fino al 1797, quando iniziano ad imperversare nella regione bande di
delinquenti di origine turca chiamati Kargheli (кърджалиите) che assaltano e
depredano in particolare i villaggi cattolici:
“Sono queste numerose bande di Turchi,
che percorrendo a centinaia i paesi, pieni di rabbia, furore assassino e morte,
ovunque passano portano la desolazione, lo scempio, il massacro, come un
torrente impetuoso che rompe gli argini e tutto allaga e distrugge” (Cfr. Lettera di p. Massimo Romano del 18/09/1841).
Le lettere dei missionari parlano di donne
violentate, torture, nasi e orecchie e mani amputate, case incendiate, omicidi,
saccheggi; molte persone si rifugiano sulle colline, altre famiglie emigrano in
Valacchia.
Proprio a causa di ciò P. Michele Hirschenauer è il primo
passionista a morire in Bulgaria, all’età di 50 anni. Nel marzo del 1797, dopo
un ulteriore assalto di questi banditi, il p. Michele fugge di notte da
Trenciovitza per riunirsi ad Oresh con p. Francesco:
“Ma l’imbattersi continuamente per
strada in membra umane recise, in cadaveri fatti a pezzi, in piccoli laghi di
sangue, lo riempì di tanto orrore e spavento e sconvolse così la sua salute;
giunto ad Oresh cadde infermo e dopo pochi giorni di malattia morì il 31 marzo
1797” (Cfr. Lettera di p. Massimo Romano del 18/09/1841).
Sulla morte di questo missionario, è conservato il necrologio nell'Archivio Generale dei Passionisti a Roma (Cfr. Registro generale dei nostri religiosi defunti. Tomo II, Morti 1791 – 1846, ff. 64-67, manoscritto), che qui pubblico per la prima volta:
Sulla morte di questo missionario, è conservato il necrologio nell'Archivio Generale dei Passionisti a Roma (Cfr. Registro generale dei nostri religiosi defunti. Tomo II, Morti 1791 – 1846, ff. 64-67, manoscritto), che qui pubblico per la prima volta:
02/06/1797 – Necrologio di p. Michele Hirschenauer
[f. 64] 166. Con grandissimo
rincrescim[ent]o si ebbe la notizia il due di giugno dal p[adre] Fran[ces]co
del D[ivino] Amore, missionario in Bulgheria, che il p[adre] Michele della
Purificaz[ion]e parim[ent]e missionario in Bulgheria passò all’altra vita in
Oresce il dì 31 marzo 1797, assistito dallo stesso p. Fran[ces]co e da un altro
buon sacerd[ot]e secolare, dopo aver ricevuto li S[anti] Sacram[ent]i, e fu
sepolto nel cimiterio vicino a Mons. Canepa Battistino. La sua morte non v’ha
dubbio che sia stata preziosa nel copsetto del Sig[nor]e, perché preceduta
dall’esercizio delle sante virtù.
Noi non sappiamo la vita menata nel
secolo, perché nato in lontane parti, cioè in Sultzbach, città della Baviera,
ove battezzato il dì 18 7[settem]bre 1747 gli fu posto il nome di Michele,
essendo di cognome Hirschenauer, era dell’indole docile, delle maniere
affabili, del tratto manieroso, per[ciò] si arguisce esser stata la sua
condotta al secolo virtuosa, e lodevolm[ent]e.
Quindi venuto in Italia, abbracciò
l’istituto della penitenza, e per parecchi anni visse in esso con molta esemplarità,
e nell’esercizio di una gran penitenza, fu compagno in un lungo viaggio, e
forse in molti altri, del suo fondatore, sempre a piedi scalzi, e cibandosi
parcam[ent]e. e soffrendo molti altri incomodi. Desideroso poi di entrare in un
Istituto approvato dalla Chiesa, giacchè si era costituito religioso per un
voto fattone, né la sua delicatezza di coscienza lo faceva star quieto
nell’Istituto già abbracciato della Penitenza, [f. 65] per non esser allora
approvato come fu di poi dalla Santità del Magnate Pontefice Pio VI, detrminò
perciò di entrare nella n[ost]ra Congregazione, e fattone la richiesta fu
accettato, e dispensato dal P[adre] Preposito per aver vestito l’abito d’altra
Congregazione e Religione, conoscendo in esso meriti e qualità tali per cui era
bene appoggiare la dispensa.
Vestito il n[ost]ro abito di novizio
nel 1775 e fatta la Professione, dopo l’anno del suo noviziato passato
lodevol[ent]e, fu tutto intento a praticar le virtù e vivere da vero religioso,
ed ajutare il prossimo con ascoltare le loro confessioni, e a rendersi un vero
modello di Gesù Cristo, onde fu giudicato idoneo ad esser fatto Rettore, come
avvenne, nel Ritiro di Pievetorina di nuova fondazione, affinchè
coll’esemplarità della sua vita, colla sua savia condotta, e coll’amore ed
attaccam[ent]o alla solitudine, al Ritiro, ed alla santa osservanza, gettasse
in quel Ritiro come i fondam[ent]i della vita santa e virtuosa che sempre poi
dovevano menarvi i religiosi della Passione, fosse specchio a tutti quei Popoli
circonvicini di santità e di perfezione.
Terminato il suo triennio nel sud[dett]o
Ritiro di Pievetorina, per le sue lodevolissime doti fu fatto Rettore di questa
Casa de’ SS. Gio[vanni] e Paolo, ove dissimpegnò assai bene il suo officio,
finchè per ordine della Congreg[azion]e di Propaganda Fide fu scelto col P.
Fran[ces]co del D[ivino] amore per Missionario di Bulgaria, e accadde la [f.
66] sua partenza il 3 7[settem]bre 1792, dopo esser stato Rettore di questa
Casa circa un anno e mezzo.
La sua dimora in Bulgaria è stata di
circa quattr’anni e mezzo, ma tutta intralciata di patim[ent]i per una carestia
occorsa, per mancanza di denaro, e che per le guerre dell’imperio non se gli
poteva far giungere in tempo, per la podagra da cui era stato credo più volte
attaccato, per vari altri accidenti, che ognuno si può immaginare essergli
occorsi in un Paese straniero, e Turco, ove non regna che l’impudicizia, il
malanimo e l’empietà. Finalm[ent]e si ammalò circa la metà di feb[brai]o di
febbre putrida con infiammaz[ion]e di milza, e si ridusse ad mortis portas, ma grazie al Sig[nor]e uscì di pericolo, ed a
poco a poco ricuperò la salute. Mentre però era convalescente gli convenne
molto strapazzarsi, perché essendo invasi tutti quelli villaggi di Turchi,
dipendenti da quel Governatore di Vidino che l’anno antecedente fu combattuto
dal Governat[or]e di Nicopoli, unito con altri Potenti, e che perciò portavano
per vendicarsi la desolazione ed il terrore in più di 60 villaggi, convenne al
P. Michele di fuggire più volte così debbole di salute come era, e nascondersi
nel più folto delle macchie, ove fu cercato a morte, fremendo specialm[ent]e
uno de quei Turchi, e dandosi botte nel petto perché non gli riusciva trovarlo.
Ricuperata come si disse la salute, il buon missionario si diede a scorrere [f.
67] ora più che mai per quelli villaggi, istruendo, confortando e compatendo
quella povera ed afflitta gente, e animandola a patire.
Il 25 di marzo si ritirò in Oresce
dove era il P[ad]re Francesco, e quivi il dì 27 fu assalito dalla febbre con
dolori acutissimi di podagra e di sciatica con idropisia di petto, o piuttosto
colla podagra datagli al petto, che dopo tre giorni, cioè il dì 31 del d[ett]o
mese di marzo, come si disse da principio, lo tolse di vita pieno di meriti per
il S[ant]o Paradiso, in età di anni 50 non compiti, de’ quali 22 ne ha passati
nell’esercizio delle religiose virtù nella n[ost]ra Cong[regazio]ne, ove la di
lui memoria sarà sempre in benedizione.
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