8 gennaio 2019

"Pacem in terris... bulgaricae". L'opera pacificatrice di mons. Angelo Roncalli nella Bulgaria del Nord.

Come ormai tutto il mondo sa, dal 5 al 7 maggio prossimi papa Francesco visiterà la capitale Sofia ed il paese di Rakovski in Bulgaria. Come leit motiv della sua visita il Papa ha scelto le tre parole evangeliche e angeliche natalizie PACEM IN TERRIS, parole usate da san Giovanni XXIII per la memorabile omonima enciclica.
Il riferimento a papa Giovanni, che fu visitatore e delegato apostolico in Bulgaria dal 1925 al 1934 è molto chiaro. Ecco perchè mi pare bello riproporre qui uno stralcio dell'introduzione all'epistolario roncalliano "Il lupo, l'orso, l'agnello", dal quale sinteticamente si capisce in che bel vespaio si trovò catapultato il novello vescovo bergamasco, e di come riuscì a tessere fili di riconciliazione e pace in una situazione incancrenita da anni di conflitti.
Non sono esperto del sud della Bulgaria, e non mi risulta che ci sia stato un grande lavoro pacificatore svolto da mons. Roncalli in quel di Rakovski... ma certamente un po' di pace nelle terre della Bulgaria del Nord, tra Belene e Russe, quello sì che impegnò il futuro papa e santo. E visto che la Bulgaria non è solo sotto i Balcani, è bene dare una rivisita storica sopra i Balcani.
Quindi, buona lettura, che serve a conoscere la concretezza di cosa vuol dire portare, creare e custodire la pace in una terra concreta, in questo caso la Diocesi di Nicopoli nella Bulgaria del Nord.

IL CONFLITTO TRA DON KARL RAEV E MONS. THEELEN 

Don Karl Raev, parroco di Belene
Si può affermare, senza esagerare, che il conflitto tra il sacerdote bulgaro Karl Raev ed il vescovo olandese mons. Damian Theelen ha attraversato interamente il trentennale episcopato di quest’ultimo (1915-1946), senza mai essere risolto definitivamente. Tra aspri scontri e brevi oasi di riavvicinamento, fra scambi di parole infuocate e tentativi di convivenza, tra periodi di ossessivo rincorrersi od ignorarsi, questo trentennio mostra l’incompatibilità e l’incapacità di entrambi di comprendersi, di ragionare su questioni importanti trovando soluzioni condivise; mostra anche chiaramente come il carattere, le ostinazioni e i comportamenti di un singolo possono a volte condizionare la vita di una comunità più vasta, come può essere una diocesi. 

Le questioni sul tappeto si possono focalizzare attorno ad alcuni nodi, che purtroppo non hanno mai ricevuto una soluzione chiara e decisa, provocando così incomprensioni profonde: la formazione di sacerdoti diocesani bulgari, la gestione amministrativa delle parrocchie, il sostentamento del clero, il rinnovamento della vita ecclesiale. 

La persona attorno a cui ruotano la storia, qui raccontata, e i documenti, qui presentati per la prima volta al pubblico, è certamente don Karl Raev. Al di là di ogni giudizio sulla sua persona (che non compete a noi, che restiamo neutrali), le vicende di questo sacerdote cattolico bulgaro e dell’ambiente in cui si muove sono in se stesse molto curiose e vivaci.

Mons. Damian Theelen, vescovo di Nicopoli
Per comprendere il clima e la situazione nella diocesi di Nicopoli agli inizi del ‘900, in particolare nella zona di Belene, rimandiamo a due documentati ed approfonditi studi apparsi recentemente in Bulgaria, a cura di Svetoslar Eldarov e Rumen Vataski, purtroppo non ancora tradotti in altre lingue[1]. Pur partendo da due visioni diverse (Eldarov, cattolico, è uno storico militare, e quindi analizza e interpreta in fatti secondo le dinamiche del conflitto; Vataski, ortodosso, è uno storico della Chiesa, e quindi è attento anche ad altre questioni), numerose pagine di queste pubblicazioni sulla storia dei cattolici in Bulgaria sono appunto dedicate al nostro don Karl, una figura che ha vivacizzato la vita ecclesiale, sociale e politica della prima metà del XX secolo in Bulgaria, e ci offrono un quadro abbastanza preciso su come si svolsero le vicende di Belene e della Diocesi di Nicopoli. 


Scrive il prof. Eldarov nella sua introduzione: “A differenza di molti altri eventi della storia dei cattolici in Bulgaria, i conflitti a Belene, Trenciovitza, Lagheni ed Oresh sono accuratamente documentati. Negli archivi di stato bulgari sono conservati centinaia, se non migliaia, di documenti, i quali potrebbero costituire un voluminoso corpo documentario, se si trovasse qualcuno che li sistemasse e pubblicasse[2]. E davvero, visitando non solo questi archivi, ma anche quelli delle parrocchie, quelli dei Passionisti, quelli della Santa Sede e quelli riguardanti Roncalli, si scopre che esiste una mole impressionante di documenti poco studiati e quasi completamente inediti. Qui di seguito offro una sintesi dei passaggi che interessano il nostro lavoro, insieme ad altri che parlano del contesto della vita diocesana della Bulgaria settentrionale.

I germi del conflitto: i dissidi tra i cattolici della Bulgaria settentrionale (1878-1905) 

Sarebbe storicamente superficiale ed inesatto definire il trentennale conflitto tra mons. Theelen e don Raev una questione legata a rapporti personali e privati. Infatti, pur avendo avuto un consistente peso il loro personale carattere e la loro libera volontà, tale controversia affonda le radici in una lunga storia decennale, se non secolare, di tensioni e diatribe; è in questo contesto ecclesiale e culturale che nasce e cresce e si forma don Karl Raev, ed è in questa realtà in fibrillazione che lo straniero e giovanissimo vescovo Theelen viene catapultato. Ed infine è in questo tessuto di questioni annose e complesse che viene inviato da Roma il visitatore Roncalli. Propongo perciò qui una veloce sintesi di questo periodo storico, raccontato con dovizia di particolari nei lavori di Eldarov e Vataski, da cui attingo liberamente. 

Le tensioni all’interno delle comunità cattoliche, causate soprattutto da questioni matrimoniali ed economiche, esplodono dopo la liberazione dal dominio turco (1878). Dal 1881 in poi Belene è il centro di violenti disordini, che provocano l’intervento anche della forza pubblica. I cattolici di Belene di schierano in due fazioni, che ritroveremo anche nel corso di questo epistolario: una, raggruppata intorno ai sacerdoti, difende il tradizionale modo di gestire la parrocchia, con un ruolo preminente del parroco; l’altra, unita attorno al sindaco del paese, lotta per cambiare e fornire maggiori responsabilità ai laici.

L’autorità diocesana, che non riesce a riportare la calma nella comunità, si rivolge allora al governo centrale. Il 4 gennaio 1882 il Vicario Generale, p. Onorato Carlesimo, invia un esposto al re Alessandro I di Battenberg, protestando contro l’ingerenza dell’amministrazione comunale nelle questioni ecclesiali. L’intervento del Re calma temporaneamente il conflitto. L’anno successivo però il sacerdote di Belene p. Gregorio Piegsa viene accusato in tribunale di incitamento della popolazione alla disobbedienza delle leggi statali, mentre il governatore distrettuale si reca diverse volte a Belene, per dimostrare il proprio sostegno al sindaco e alla sua fazione, minacciando che caricherà il parroco e il suo assistente su una barca e li spedirà in Romania.

Mons. Ippolito Agosto cp
Nell’agosto del 1883 mons. Ippolito Agosto, nominato da poco vescovo di Nicopoli, raduna tutti i sacerdoti ad Oresh, per esaminare le questioni che sono motivo di insoddisfazione da parte della popolazione, nel tentativo di cambiare la propria azione pastorale per adattarsi alle nuove condizioni del Principato di Bulgaria. Tra le altre cose, in questa riunione viene soppressa la cosiddetta “istituzione delle consacrate laiche”, che causava molti malumori nelle comunità. Riguardo alla gestione economica delle parrocchie, viene stabilito di comportarsi secondo i decreti del Sinodo Diocesano di Bucarest del 1870, ovvero attraverso consigli amministrativi parrocchiali, presieduti dal parroco. Le decisioni di questo Sinodo Diocesano consentono ai missionari di consolidare le proprie posizioni, di rafforzare i propri sostenitori, e persino di passare all’offensiva. Il 19 giugno 1884 un gruppo di 251 cattolici di Belene firma una petizione per mons. Agosto, affinché venga inflitta una sanzione canonica contro i capi dell’opposizione. L’11 settembre seguente, il cardinal Simeoni, Prefetto di Propaganda Fide, concede facoltà al vescovo di Nicopoli di comminare la scomunica ai ribelli. 



Contemporaneamente il Ministero dell’Interno invia a Belene un ispettore perché esamini i problemi sul posto. Nella relazione di quest’ultimo viene attribuita l’intera responsabilità del conflitto al clero cattolico e ai responsabili della Diocesi. Così il 25 marzo 1885 il Consiglio dei Ministri delibera che da allora in poi i sacerdoti cattolici stranieri non potranno più far parte dei consigli economici parrocchiali. Il Vescovo non accetta tale ingerenza e commina la scomunica, autorizzata da Propaganda Fide, ai rivoltosi di Belene e di altre parrocchie. Essa riesce a dissuaderli, e alla fine costringe pure i capi più recalcitranti a capitolare, portando ad un’apparente pacificazione. 



Ma i conflitti nella Diocesi di Nicopoli riprendono con rinnovata intensità nel 1892 attorno alla questione dei preti cattolici di origine e cittadinanza bulgara. Il focolaio delle tensioni è nuovamente Belene, dove il Comune invita a ricoprire l’incarico di preside don Stanislas Petrov[3]. Sostenuto dagli amministratori locali, egli fa di tutto per trasformare la tensione in un aperto conflitto. L’eco dei disordini di Belene, insieme all’attività scismatica di don Stanislas Petrov, arriva fino a Propaganda Fide, i cui Prefetti, il Cardinal Simeoni[4] prima e Ledochowski[5] poi, seguono con attenzione gli sviluppi dei vari conflitti; il 12 marzo 1892 quest’ultimo richiede al vescovo Agosto spiegazioni e confutazioni delle voci infamanti riguardanti alcuni sacerdoti della Diocesi. 



p. Onorato Carlesimo cp
Nell’aprile del 1892 una parte dei cattolici di Belene scaccia dal paese il parroco, p. Onorato Carlesimo cp, e il suo vicario, p. Silvestro Lilla cp. Don Stanislas Petrov, incoraggiato da questo atto, inizia a celebrare a Belene e nei paesi circostanti senza autorizzazione del vescovo. Propaganda Fide è costretta ad intervenire incaricando mons. Roberto Menini, vescovo di Plovdiv, di compiere una Visita Apostolica, dal 29 maggio al 4 giugno del suddetto anno[6]. Il card. Ledochowski, nella lettera in cui nomina mons. Menini Visitatore Apostolico, il 21 maggio 1892, scrive così: 

E’ da vario tempo che giungono alla Propaganda inquietanti notizie sullo stato della missione nella vicina diocesi di Nicopolis. Un tal sacerdote Stanislao Petrov bulgaro, invano ammonito da questa Sacra Congregazione, cerca, come fu riferito, di sollevare i villaggi cattolici contro il vescovo monsignor Agosto ed i missionari passionisti. Nel villaggio di Bellini le cose assunsero uno speciale carattere di gravità: fu al vescovo domandata la nomina di Petrov a parroco di quei cattolici; al che monsignor Agosto non solo si è rifiutato, ma persistendo quel villaggio a disobbedirgli, ha ritirato l’attuale sacerdote dal luogo, affidando la cura di quella popolazione per i bisogni spirituali più urgenti al più vicino missionario. Intanto dal borgomastro di Bellini mi giunge per telegrafo l’istanza perché io ordini la riapertura della chiesa del villaggio[7]

p. Silvestro Lilla cp
Gli scontri continuano per tutto l’anno successivo, e diversi sacerdoti vengono scacciati da Belene. Per porre fine a questa ribellione il vescovo in persona si reca a Belene, ma l’11 novembre 1893, egli muore improvvisamente durante l’assedio della canonica. Così racconta i fatti p. Richard Hoffman: 
Il Natale si avvicinava e gli abitanti di Belene volevano un sacerdote per le feste. Il vescovo non sapeva chi mandare dato che molti furono i sacerdoti scacciati. Prende la decisione di andare personalmente a Belene per vedere sul posto la situazione (…). Mons. Ippolito fu accolto gioiosamente e solennemente dalla popolazione cattolica di Belene, ma i nazionalisti non vennero. Si presentarono dal vescovo solo il giorno dopo, ma in modo rozzo. Chiaramente loro volevano come sacerdote P. Stanislao Petrov. Quando il vescovo, deciso, rinunciava a soddisfare il loro desiderio, essi, iracondi, impaurendo il vescovo, lo minacciarono con una sommossa. Dettero l’ordine di circondare la casa canonica e non permisero a nessuno di andare dal vescovo. Con questo volevano che il vescovo li assecondasse. E così non permisero a nessuno di portargli neppure il latte, che gli era così utile, né le uova, né il pane, e qualsiasi altra cosa, e non permettevano ai sacerdoti di uscire dalla casa (…). Il vescovo era molto dispiaciuto per questa situazione e la sua salute fisica andava peggiorando. Perse appetito e sudava molto. Un giorno P. Henrich notò che dalla pelle in parti diverse del corpo era come se sudasse sangue[8]. Ma gli assedianti non permettono al medico di visitare il vescovo malato, il quale muore. 



mons. Henry Doulcet cp
Sulla cattedra episcopale gli succede il suo segretario, p. Henri Doulcet, e la tensione comincia gradualmente a diminuire. Privato di un sufficientemente ampio sostegno degli abitanti del paese, don Stanislas Petrov è costretto a riconoscere le sue colpe e a chiedere perdono. Il 29 agosto 1894 egli firma un pentimento, in cui riconosce la propria colpa e promette di non violare in futuro la disciplina della Chiesa. Dopo la lettura di questa dichiarazione in tutte le parrocchie della diocesi, don Petrov viene riabilitato e nominato parroco a Veliko Ternovo.

Nel 1895 viene nominato parroco di Belene l’assunzionista bulgaro p. Ivan Pistic. L’anno successivo arriva come vicario p. Luigi Dimitrov, pure lui bulgaro e assunzionista. Così, per la prima volta nel periodo successivo alla Liberazione, i cattolici di Belene ottengono due sacerdoti di origine e cittadinanza bulgara. Nonostante ciò la tensione nei paesi cattolici, soprattutto a Belene, continua a covare sotto le ceneri. I Belenciani non sono soddisfatti dei loro nuovi sacerdoti, anche se connazionali. Con reclami a varie istituzioni civili ed ecclesiastiche, gli avversari dell’autorità diocesana continuano a manifestare opposizione a qualsiasi scelta. Parlamentari, uffici ministeriali e partiti politici si schierano dalla parte dell’una o dell’altra fazione. Nel 1897 i due sacerdoti bulgari vengono pure loro scacciati da Belene.

Il vescovo Doulcet decide allora di affidare la chiesa esistente della Natività alla minoranza ribelle contro gli stranieri, e di istituire una nuova parrocchia per coloro che sono interessati più alla qualità che alla nazionalità del clero. Nasce così la parrocchia di S. Antonio da Padova, il cui primo parroco è il polacco, di cittadinanza tedesca, don Wilibald Chok. La sua origine slava non è apprezzata dagli avversari dell’autorità diocesana, e il 2 aprile 1898 c’è addirittura un tentativo di assassinarlo. Il colpo sparato a Belene non colpisce il bersaglio, ma tuttavia ha una grande eco nelle relazioni internazionali, provocando una vera e propria crisi diplomatica: il Console Tedesco reagisce molto duramente e costringe il governo ad aprire un’inchiesta per punire i colpevoli; ma il caso viene archiviato per mancanza di prove. 



Nel febbraio del 1899 il Governatore di Svishtov confisca le chiavi della chiesa di S. Antonio per impedirne l’ingresso al parroco. In questa occasione il Console Tedesco reagisce ancora una volta con una nota ufficiale. Dopo altri scandali e diversi tentativi di negoziare accordi attraverso la mediazione del Ministero, il 10 marzo 1899 quattro rappresentanti dei cattolici di Belene e p. Silvestro Lilla, delegato del vescovo, sottoscrivono a Sofia un protocollo di riconciliazione. L’accordo prevede che i sacerdoti in servizio a Belene siano “nativi bulgari e cittadini bulgari”, ma se non ci fosse tale possibilità, allora possano essere “di un’altra nazionalità slava”. I beni ecclesiastici verranno gestiti da un consiglio eletto, presieduto dal sacerdote. Così per un po’ a Belene regna una tregua tra le due fazioni in lotta. A coloro che si schierano tra gli oppositori degli stranieri rimane la vecchia chiesa della Natività di Maria, in cui nelle festività viene a celebrare il sacerdote don Peter Djurovic da Vidin, e gli altri ottengono la nuova chiesa di S. Antonio di Padova, completata nel 1901 e servita da don Wilibald Ciok. 



Nel dicembre dello stesso anno, durante una assemblea nel salone della Società Letteraria di Sofia, il prof. Alessandro Teodorov-Balan tiene una conferenza su “I bulgaro-cattolici nel distretto di Svishtov e la loro lotta”, con la quale butta ulteriore benzina sul fuoco. Tra le altre cose, proclama: “La resistenza di una parte dei cattolici di Belene contro la gestione dei Passionisti ha generato tra i belenciani due fazioni: i “Collaborazionisti”, che si schierano con la malvagità dei propri dominatori italiani, ed i “Patrioti” che lottano per rimuoverla, per ottenere un clero cattolico bulgaro, non soltanto di nascita, ma anche di cuore e di patriottismo. Questi partiti hanno propri sostenitori anche negli altri tre paesi”. Questa conferenza, successivamente stampata come libro, diventa un testo fondamentale per la politica statale nei confronti delle comunità cattoliche. 



Nel frattempo a Belene il conflitto riprende con rinnovato vigore e si estende anche altri paesi. Il 5 novembre 1902, in seguito ad un forte esaurimento fisico e psichico, muore don Atanas Naskidov, nominato due anni prima parroco della parrocchia della “Natività”, e don Wilibald Ciok se ne va da S. Antonio. Così, dopo molte lotte, Belene si ritrova ancora con due sacerdoti passionisti stranieri né bulgari né slavi, padre Silvestro Lilla per la parrocchia della Natività e p. Richard Hoffman per quella di S. Antonio. Questo segna l’inizio di una nuova fase nei conflitti del paese, che producono lo scenario già familiare, fatto di telegrammi, lettere, petizioni e richieste delle due fazioni in lotta. 



Una lettera del 7 luglio 1903 al prefetto di Russe, scritta da alcuni alti dirigenti ministeriali di Sofia, mostra molto chiaramente il clima ideologico di quegli anni:
Questi passionisti italiani, con il loro metodo di educazione spirituale e di gestione ecclesiale, hanno spinto i figli della Bulgaria e cittadini cattolici di Belene, Oresh, Lagheni e Trenciovitsa, a scendere nel più basso livello della coscienza umana e nazionale, quella dei primitivi proto-bulgari. Contro questa devastazione spirituale e questa inciviltà dei Passionisti italiani nelle comunità bulgare dei villaggi cattolici, da oltre cinquant’anni si è sviluppato, per necessità, un movimento che alla fine si è trasformato in una vera e propria guerra ecclesiale. I cattolici bulgari della diocesi di Nicopoli stanno facendo del loro meglio per sbarazzarsi dei nemici della nazione bulgara, italiani o sacerdoti cattolici stranieri che siano, per ottenerne propri sacerdoti cattolici, bulgari di nazionalità, nascita e sentimenti. In questa situazione è un dovere morale e politico del governo bulgaro quello di sostenere la lotta dei propri cittadini contro l’autorità ecclesiale straniera, che sfrutta arbitrariamente le proprietà, l’onore e l’intelligenza di questi bulgari, e li trasforma in estranei, non-bulgari e miserabili”. 

Questa, a grandi linee, è la situazione di Belene quando nel 1905 viene ordinato sacerdote il belenciano don Karl Raev. 

La formazione e i primi anni di ministero di don Karl Raev (1891-1915) 

Don Karl RAev
Karl Genov Raev (Карл Дженов Раев) nasce a Belene il 4 marzo 1881 e viene battezzato lo stesso giorno[9]. Le realtà con cui ci si nutre da piccoli contribuiscono certamente a formare una persona, lasciando in essa segni indelebili. Certamente questo è accaduto al piccolo Karl, cresciuto nell’ambiente conflittuale sopra descritto. E’ curioso notare come nella sua Autobiografia don Karl abbia solamente tre ricordi collegati ad eventi specifici della sua infanzia: la guerra balcanica, il giornale liberale “Libertà” e il lavoro presso la Biblioteca Pubblica. Tre elementi che poi riemergeranno nel corso della sua vita, appunto segnata dal conflitto, da aspirazioni nazionalistiche e liberali, dall’attività di scrittore.
Entra nel seminario minore degli Assunzionisti di Karaagac, nei pressi di Edirne[10] il 29 novembre 1895, dove resta fino al termine degli studi nel 1905[11]. Questa scelta, operata certo dai genitori e non dal ragazzo quattordicenne, lascia trasparire già alcune posizioni; il fatto di escludere una formazione sacerdotale presso i Passionisti e presso la Diocesi di Nicopoli parla chiaro. Certamente contribuì a questa scelta, anche se non possiamo documentarlo, il nuovo parroco, l’assunzionista bulgaro p. Ivan Pistic, arrivato a Belene proprio nel 1895; è altamente improbabile che questa scelta sia stata operata senza il suo consenso. 
Nel settembre 1900 si trasferisce a Tzarigrad (Istambul), presso il Seminario Maggiore dei medesimi Padri Assunzionisti. I cinque anni che qui trascorre gli allargano gli orizzonti, sia nel campo culturale, sia in quello ecclesiale.
Nel dicembre del 1903 torna nella sua Diocesi d’origine, precisamente a Russe; l’anno seguente lo troviamo come insegnante di lingua bulgara nella scuola diocesana vicino alla Cattedrale. Viene ordinato sacerdote diocesano nel marzo 1905 a Ruse da mons. Henri Dulcet. 
A Pasqua dello stesso anno il vescovo lo invia a Belene, suo paese natale, come vicario parrocchiale di padre Silvestro Lilla, nella chiesa della Natività di Maria: “7 aprile. Arrivo di monsignor Enrico Doulcet con don Carlo Raeff a Belleni. Sua Eccellenza, lasciato don Carlo qui per coadiutore al p. Silvestro, è ripartito per Rusciuk la mattina seguente”[12]
L’anno seguente p. Silvestro abbandona Belene, e al suo posto il Vescovo nomina come parroco il venticinquenne don Karl Raev, che con grande entusiasmo ed energia si dedica alla comunità, creando scuole e biblioteca, scrivendo libri, etc. Le acque sembrano così calmarsi, ma è solo la quiete prima della tempesta. La goccia che fa traboccare il vaso e lo fa progressivamente esplodere è la questione della guida della Diocesi di Nicopoli, che da molti decenni era amministrata da vescovi passionisti stranieri, e che dal 1913 al 1915 è praticamente vacante. Infatti il 21 marzo 1913, dopo un governo di 17 anni segnato da scontri e scandali, il vescovo Henry Doulcet, su diretto intervento di papa Pio X, si dimette, lascia la diocesi e torna in Francia, dove morirà il 27 luglio 1916. Dopo la sua partenza viene nominato come vescovo di Nicopoli il suo segretario, Leopold von Baumbach. A causa però della debole salute, e forse anche per altri motivi, egli non viene a risiedere nella diocesi, ma preferisce curarsi a Bucarest. Tuttavia continua ad aggravarsi e rassegna le dimissioni, ritirandosi a Roma, dove poco dopo muore (25 aprile 1915).

La questione della successione nella diocesi di Nicopoli tocca da vicino le parti più interessate, cioè i cattolici locali, il governo bulgaro e la Santa Sede. Nei documenti risuona chiaramente la voce di don Karl Raev, che il 3 maggio 1915 fa appello al Ministero della Religione perché approfitti dell’occasione ed insista per un vescovo bulgaro, come di recente hanno avuto nella Bulgaria del Sud, e fin dall’inizio gli uniati. Al ministero sono convinti che adesso è il momento opportuno per attuare il vecchio sogno, che la diocesi di Nikopol abbia un vescovo bulgaro, e in questo senso nell'estate del 1915, attraverso la mediazione della nunziatura di Vienna, vengono fatte pressioni alla Santa Sede. Dopo un vivace scambio di opinioni, viene raggiunto un compromesso: la Bulgaria si impegna ad accettare il vescovo nominato dalla Santa Sede, se costui si impegna a incaricare come parroci sacerdoti preferibilmente bulgari o cittadini bulgari, e solo in mancanza di tali candidati verrà richiesto il consenso preventivo del Ministero per la nomina di sacerdoti stranieri.

Il conflitto tra don Karl Raev e mons. Damian Theelen (1915-1925)

mons. Damian Theelen cp
Vescovo di Nicopoli, il 21 maggio 1915, viene nominato da papa Benedetto XV il passionista olandese Damiano Theelen, un giovane trentottenne mai stato prima in Bulgaria. Fu un bel boccone amaro per il nostro focoso don Karl, vedere frustate le sue richieste e contrariate le sue aspirazioni; da come poi ci testimoniano i documenti, è un boccone che non ha mai digerito del tutto nei trent’anni successivi, tant’è che ancora nel 1946, dopo la morte del suo amato vescovo Theelen, scrive alla Santa Sede chiedendo un vescovo “bulgaro”: e stavolta verrà accontentato! Non solo, verrà nominato addirittura un suo compaesano, il passionista p. Eugenio Bosilkov. Come gli scriveva spesso Roncalli… ci vuole tanta pazienza!
Ricevuti dal Nunzio Apostolico di Bruxelles i documenti necessari per circolare nei paesi europei in guerra, Theelen si reca a Roma. Da qui, dopo essere stato consacrato vescovo il 15 agosto, si reca in Bulgaria. Il 24 agosto arriva a Russe e presenta i suoi omaggi al governo bulgaro. Da Sofia lo invitano gentilmente a recarsi il 29 agosto al Ministero, per discutere sul futuro della Diocesi di Nicopoli. Il 9 settembre il re Ferdinando firma il decreto di mobilitazione generale, e dopo nemmeno un mese la Bulgaria entra in guerra. Comincia così, in questo clima di guerra esterna ed interna, il trentennale episcopato di mons. Theelen.
Nell’autunno del 1918 mons. Theelen (appoggiandosi alle autorità francesi che occupavano la Bulgaria del Nord) entra in conflitto con le autorità governative a riguardo delle nomine dei parroci. Durante la guerra infatti alcuni sacerdoti passionisti stranieri erano stati rimossi dalle loro parrocchie, internati come prigionieri e sostituiti con sacerdoti bulgari provenienti dalla Diocesi di Sofia-Plovdiv; trovandosi ora di nuovo liberi, il Vescovo li rimette nelle loro parrocchie allontanando i bulgari. Dopo un estenuante braccio di ferro, nel marzo 1919 il Primo Ministro e Ministro degli Interni, Teodor Teodorov, cede e permette a Mons. Theelen di nominare i parroci che vuole, inviandogli la seguente lettera: “Comunico a Vostra Eccellenza che, siccome le circostanze in cui venne sottoscritto il Protocollo del 12 gennaio 1918 sono cambiate, di conseguenza le relazioni tra il Ministero a me affidato e Vostra Eccellenza saranno regolate come erano precedentemente, e che per il presente non c’è più bisogno di osservare quel Protocollo. Inoltre vorrei sottolineare che prendo atto delle vostre promesse, che cioè Vostra Eccellenza farà tutto il possibile per introdurre nella sua diocesi, in un futuro prossimo, un clero bulgaro, il quale sarà senza dubbio di benefico per il progresso spirituale, morale e religioso dei suoi fedeli bulgaro-cattolici”.

Dopo aver rimosso i sacerdoti bulgari da Malcika, Bregare e Mahmudia, mons. Theelen affronta la piaga più dolorosa, cioè Belene.
Contemporaneamente, per far fronte al rischio concreto che i conflitti nella Diocesi di Nicopoli ricevano una sgradita attenzione internazionale, proprio quando la Conferenza di Pace di Parigi sta per decidere il destino della Bulgaria, il primo ministro Teodorov vuole avere a disposizione informazioni più accurate e il 12 maggio 1919 invia l’ispettore Ivan Krastev. Costui trova a Belene due parrocchie: “Natività di Maria” con 1760 parrocchiani e il parroco Karl Raev con il coadiutore Peter Arov; “S. Antonio” con 1600 parrocchiani e il sacerdote Anton Markov. Alcuni parrocchiani di don Markov sono insoddisfatti da lui, e desiderino che ritorni il loro precedente sacerdote, p. Richard Hoffman, in quel tempo a Endje. Ivan Krastev vede in ciò l’ingerenza nascosta di mons. Theelen.

Protetto dalla fiducia di tutti i responsabili del dipartimento religioso, don Karl Raev si sente immune al potere del suo vescovo; ma per la prima volta la solida base della sua insistenza inizia a incrinarsi quando il Ministero designa per Belene due sacerdoti provenienti dalla diocesi di Sofia-Plovdiv. Don Raev resiste alcuni mesi, minacciando il suo vescovo con “una notte di San Bartolomeo”, se si fosse permesso di venire a Belene, e bombardando il Ministero degli Affari Religiosi con telegrammi, lettere e reclami.

Nel febbraio del 1920 mons. Theelen toglie il titolo di Parroco a don Karl, e lo sostituisce ufficialmente con Pietro Arov[13]. Alla fine del mese, pure il comandante delle forze francesi in Bulgaria segnala il comportamento di don Karl all’attenzione del Ministro degli Esteri e Religioni. In questa situazione la conclusione logica è inevitabile; il 25 maggio del 1920 Karl Raev sottoscrive un protocollo con il quale consegna tutti i libri della chiesa della Natività di Maria a don Peter Arov. 
Persa una battaglia con il suo vescovo, Karl Raev non perde però la sua fiducia nella vittoria finale per la diocesi di Nicopoli. Con incredibile tenacia, al di là di ogni umana comprensione, egli continua ad opporsi non solo all’intera gerarchia cattolica, ma anche alla maggioranza degli abitanti di Belene. Nonostante le ripetute inchieste ed indagini abbiano dimostrato infallibilmente la loro colpevolezza, Raev e Petrov continuano a sabotare la vita ecclesiale e religiosa della diocesi. Il 16 ottobre mons. Theelen sollecita ancora una volta il Ministero perché adotti misure per la rimozione dei due sacerdoti, ma la sua lettera viene archiviata.
L’11 novembre 1920, a causa dell’insopportabile terrore psicologico da parte di Karl Raev, i sacerdoti Peter Arov e Anton Marcov abbandonano Belene e tornano nella loro Diocesi. Lo stesso giorno, su invito di Raev, arriva in paese don Stanislav Petrov, diventato ormai insopportabile a Tranciovitza. Quando il 14 novembre i due si stanno preparando per la messa, una folla inferocita attacca la casa parrocchiale, sfonda la porta e li scaccia via. Sul luogo del misfatto arriva immediatamente il governatore del distretto di Svishtov, iniziano interrogatori e indagini, e viene aperta un’inchiesta dal procuratore militare.
Don Raev ipotizza che dietro questo assalto ci sia la longa manus di mons. Theelen, ma quest’ultimo smentisce categoricamente ogni sua responsabilità nell’accaduto. Nei successivi cinque anni don Karl risiede a Svishstov, nella soffitta di una anziana signora, in condizioni molto precarie; riesce tuttavia a trovare lavoro presso il locale Liceo, come insegnante di francese; da qui, con inesauribile energia, continua ad arricchire ritmicamente il deposito ministeriale con la sua produzione epistolare. 
Il 19 gennaio 1921 viene convocato un primo Tribunale Diocesano ad Oresh, che cita in giudizio don Karl per: “Insubordinazione ed insulti al suo Ordinario; espulsione dell’inviato del vescovo ed impedimento dell’esercizio della sua giurisdizione; esercizio dell’ufficio di parroco senza la legittima approvazione”[14]. Il giorno successivo don Karl viene condannato con una prima sentenza. Ma neppure questa lo ferma.
Il 16 maggio 1921 Karl Raev si reca a Sofia e consegna agli sportelli del Dipartimento Religioso un’ulteriore raccolta di circa 120 pagine, con un centinaio di lettere diligentemente copiate a mano e tutta una serie di documenti sulle sue imprese nel corso dell’anno precedente. Nonostante le proteste contro di lui nella comunità di Belene, Raev rimane intoccabile, come in passato. All’inizio del 1922 egli riesce perfino a presentare un ricorso presso il Tribunale Militare di Ternovo contro gli abitanti del paese. E il Procuratore di Ternovo convoca 350 testimoni da Belene, che si trova ad un centinaio di chilometri da Ternovo! Solo dopo la richiesta di Damiano Theelen, un secondo magistrato conduce gli interrogatori sul posto. Però costui si comporta arrogantemente con i testimoni, li interroga in presenza di Raev e Petrov, si informa sulle loro appartenenze politiche. Di fronte ai reclami ricevuti, il Ministero sollecita il Dipartimento giudiziario del Ministero della Guerra per indagare. La Legazione francese di Sofia e la Nunziatura Vaticana di Bucarest esprimono indignazione per lo strambo processo con note ufficiali. 
A motivo del suo comportamento globale, ma soprattutto per quest’ultima vicenda, il 7 marzo del 1922, il Tribunale Ecclesiastico Diocesano, con una seconda sentenza, lo condanna alla privazione del ministero sacerdotale. Il verdetto viene comunicato al responsabile del Distretto di Svishtov, con la richiesta di non permettere in nessun caso al sacerdote destituito di comparire in pubblico con gli abiti sacerdotali. Ma neanche questo scoraggia Karl Raev. 
Appena due giorni dopo la condanna, egli lancia al vescovo Damiano Theelen un ultimatum, il cui contenuto riflette chiaramente il suo stato mentale: “Conformemente agli orrendi fatti divulgati dalla vostra combriccola, ho deliberato e decreto che sgomberiate immediatamente la Diocesi di Nicopoli, sequestrata perfidamente dal vostro Ordine, la quale passa immediatamente sotto l’ufficio, la gestione e la proprietà del suo naturale e diretto pretendente; perché se aspettate e rimandate questa cosa all’inevitabile distruzione, che avverrà in conseguenza, avrò allora sete di vendetta spietata”. 

Ma la Diocesi reagisce convocando nuovamente il Tribunale Ecclesiastico, che il 20 luglio 1923 lo condanna per la terza volta, aggiungendo la degradazione. Don Karl non si rassegna e si appella al Tribunale Ecclesiastico di Bucarest, che su alcune questioni gli da perfino ragione, con una sentenza del 5 luglio 1924. 

L’intervento pacificatore di mons. Roncalli (1925-1930)

Mons. Angelo Giuseppe Roncalli
Nel frattempo è maturata, presso Papa Pio XI e le Congregazioni Vaticane, la decisione di intervenire definitivamente nella questione di Belene e complessivamente in tutte le questioni aperte in Bulgaria, con la scelta di inviare un Visitatore Apostolico, intento che si realizzerà appunto nel 1925 nella persona del bergamasco mons. Angelo Giuseppe Roncalli.
Nell’agosto del 1924, per preparare il terreno a tale Visita Apostolica, il Papa in persona invia p. Cyrille Korolevskij[15] nei Balcani. Egli si era già recato lì nell’aprile del 1923 insieme a mons. Tisserant, alla ricerca di libri e manoscritti per la Biblioteca Vaticana; la loro relazione sui cattolici bulgari di rito bizantino ispirò appunto al Papa la decisione di inviare un Visitatore[16].

P. Cyrille, dopo aver visitato la Romania per studiare la successione del Vescovo di Bucarest e la riforma dei Seminari, arriva in Bulgaria; la sua è una missione segreta per studiare un possibile modo per rimuovere mons. Theelen dalla Diocesi di Nicopoli e risolvere drasticamente i problemi; inoltre egli viene incaricato di analizzare la realtà scolastica bulgara (per l’eventuale apertura di un seminario e di scuole cattoliche), e raccogliere informazioni sulla Lega Macedone. Le istruzioni che riceve iniziano presentando in generale l’affare di Belene, leggendolo in chiave prettamente politica:
Il Vescovo di Nicopoli, Monsignor Theelen, ed il clero a lui fedele sono soggetti da un pezzo a difficoltà create dalle ostilità di un sacerdote ribelle (tal Raeff), il quale al solo ed unico intento di vendicarsi di una punizione canonica giustamente inflittagli (la degradazione), accusa continuamente di antipatriottismo Monsignor Theelen presso le autorità amministrative e governative e, aiutato dalle medesime autorità, rende impossibile ai sacerdoti inviati dal Vescovo, la permanenza nel distretto di Beeleni. In questo distretto un gruppo di seguaci di Raeff, con l’appoggio del Governo vuol imporre all’Ordinario delle riforme a tendenza scismatica; e a questo scopo vengono usati tutti i mezzi: ultimamente, per esempio, i due sacerdoti fedeli al Vescovo, sotto la calunniosa imputazione di complotti politici, furono arrestati ed internati. Recentemente essi sono stati liberati (…). Tuttavia essi non possono essere rimandati a Beeleni (…).
È da notare che il prelodato Vescovo non sembra sia in molte buone relazioni con le autorità civili del luogo. Egli, olandese di nascita, ha bensì delle eccellenti qualità; ma gli si rimprovera di non aver il tatto che richiederebbe la difficile situazione bulgara. Egli ha qualche volta fatto ricorso, persino nell’immediato post-guerra, alla protezione francese; ciò che ha provocato il risentimento del Ministro degli Esteri che recentemente gli ha anche dichiarato di stimare come offesa alla Bulgaria ogni ricorso ad autorità straniere. Anche quindi sulla situazione di Monsignor Theelen sarebbe opportuno raccogliere qualche sicura notizia.
Occorre anche studiare il modo di risolvere definitivamente la questione di Beeleni.
(…) La questione particolare di Beeleni, sembra collegata con l’altra più generale della campagna per avere clero esclusivamente bulgaro. Questa campagna è appoggiata dal Governo: trattando della questione scolastica, un Ministro ebbe a dire a Monsignor Theelen: ‘Nous reprendrons la question quand l’évêque et tout le clergé seront bulgares’.
A questo proposito è da notare che la S. Congregazione di Propaganda Fide con foglio del 24 marzo 1924, nel chiedere alla Segreteria di Stato che fosse richiamata all’attenzione dell’eventuale Visitatore della Bulgaria, sulle ostilità dell’attuale Governo bulgaro contro i cattolici, domandava anche che fosse raccolta, per la Propaganda, qualche utile notizia circa le relazioni tra clero estero (Padri Passionisti) e clero indigeno nella diocesi di Nicopoli[17].

L’opinione di p. Korolevskij su mons. Theelen non è proprio delle migliori. Nella sua relazione del 18 novembre 1924, relativa all’individuazione di un nuovo Vescovo per Bucarest, che possa creare e formare un valido clero diocesano romeno sia latino che orientale, egli inizia così:
Candidati possibili. Escludo subito una combinazione tra quelle che potrebbero presentarsi a prima vista. Dacché Mons. Damiano Theelen, Vescovo di Ruščuk, si è reso impossibile in Bulgaria appunto per il suo soverchio amore verso i Francesi e l’influenza politica francese, non si potrebbe trasferirlo a Bucarest? Ma chissà se Mons. Theelen non intenderebbe introdurre di nuovo i Passionisti, alla di cui Congregazione appartiene, nella diocesi di Bucarest, che hanno dovuto abbandonare? Di più, Mons. Theelen non conosce affatto nulla della situazione ecclesiastica orientale, e non è a Ruščuk che avrebbe potuto studiarla: anche lui è imbevuto del pregiudizio che soltanto i Latini sono buoni cattolici, non sa niente della situazione in Rumenia e seguirebbe le indicazioni dell’ambiente locale[18].

P. Korolevskij raccoglie ed esprime altre pesanti opinioni su Mons. Theelen, nel terzo capitolo della relazione sulla Bulgaria che scrive per la Segreteria di Stato il 9 dicembre 1924:
Mons. Theelen si è compromesso subito dopo la sua venuta in Bulgaria, e le conseguenze di questo primo sbaglio non soltanto durano ancora, ma sono state aggravate dalla sua posteriore condotta. Quando arrivò in Bulgaria, già si sapeva che questo Regno non avrebbe conservato più a lungo la neutralità nel conflitto mondiale, anzi non era nessun dubbio che si sarebbe schierato a fianco della Germania e dei suoi Alleati. Mons. Theelen chiese una udienza dallo Zar Ferdinando per ossequiarlo. Venne ricevuto con molta cortesia e deferenza. Nel decorso della conversazione, lo Zar gli domandò di quale nazionalità era: ‘Majesté, je suis Hollandais, mais mon cœur est français!’. Ferdinando non insistette, ma raccontò la sera stessa il fatto al ministro Radoslavov. 
In seguito, passato il periodo della guerra e subito dopo il ritorno del Ministro francese, Sig. Giorgio Picot, allorché Mons. Peev trattava direttamente i suoi affari colle autorità bulgare, Mons. Theelen non fece mai un passo senza passare pel tramite del Ministro di Francia. Nei primi mesi, allorché l’esercito alleato occupava ancora la Bulgaria, il Governo bulgaro divorò in silenzio questa umiliazione, ma ben presto diede a capire che non era del suo gusto. Un giorno, il Ministro dell’Interno disse a Mons. Theelen: ‘Monsignore, anche se le cose che Lei chiede sono giuste, non gliele concederemo, ogniqualvolta passerà pel tramite della Legazione francese’. Finora tutto è stato inutile, ed il Vescovo di Ruščuk non cessa di ricorrere in ogni cosa al Sign. Picot[19]

P. Cyrill continua la sua relazione raccontando altre “imprudenze e sbagli” commessi da mons. Theelen nei confronti di mons. Peev, dei ministri del Governo e di alcuni amministratori pubblici, concludendo che le prospettive per il futuro di questo vescovo non saranno certo rosee.
In conclusione egli torna sul caso di don Carlo: “Le relazioni di Mons. Theelen col Governo bulgaro non sembrano essere in procinto di migliorarsi molto, anche se il Gabinetto Zankov venisse ad essere rovesciato, perché non è soltanto con i Ministri che queste relazioni sono difficili, ma con gli uffici ministeriali stessi, i quali rimangono anche quando cambiano i Ministri. Nell’affare Raev sembra che Mons. Theelen, pur avendo ragione, sia andato troppo lontano: poteva limitarsi a sospendere il sacerdote ed a privarlo della sua parrocchia, tanto più che il Raev, per quanto mi è stato detto, non insiste più per essere reintegrato nella sua parrocchia ed assolto dalla sospensione, ma soltanto dalla degradazione, e non manifesta veruna disposizione di riprendere il ministero sacerdotale[20]. Come si vede, pur sottolineando la validità degli interventi di mons. Theelen, l’emissario del Vaticano riconosce in essi una durezza spropositata.
Le conclusioni della Relazione sono abbastanza drastiche: viene suggerito alla Santa Sede di rimuovere e sostituire il vescovo olandese, pensando già ad un successore; addirittura si suggerisce come migliore soluzione la soppressione della Diocesi di Nicopoli, creando in tutta la Bulgaria un unico Vicariato Apostolico.

Mons. Angelo Giuseppe Roncalli
Nell’aprile del 1925 arriva in Bulgaria il Visitatore Apostolico, mons. Angelo Giuseppe Roncalli; nell’agosto del 1925 visita Belene e Svishtov, inserendosi direttamente in questo conflitto quarantennale, incontrando personalmente il suo coscritto don Karl Raev e successivamente anche l’ormai anziano don Stanislas Petrov.
Da subito mons. Roncalli si prende a cuore questi sacerdoti travagliati, accompagnandoli non solo nella riabilitazione canonica, ma anche nella conversione personale e nei loro bisogni materiali[21]. Non mi dilungo qui a ripercorrere tutte le varie tappe e sfumature di tale complessa opera di riconciliazione: solo una lettura integrale dell’intero epistolario può mostrarcela pienamente.
Molto sinteticamente: il 29 settembre don Karl Raev parte per Roma insieme al Pellegrinaggio Bulgaro; a conclusione di questo si ferma a Roma, dove vive un periodo di esercizi spirituali, necessari per la sua riabilitazione. Tornato in patria soggiorna per qualche tempo a Russe, presso mons. Theelen, poi per un anno ad Endje (Tsarev Brod), presso le Benedettine Missionarie. Solo nel 1926 Raev si trasferisce a Shumen, dopo la sua graduale riabilitazione.
Don Stanislav Petrov invece abbandona completamente la lotta e svolge serenamente il suo nuovo incarico a Veliko Ternovo. Nel 1930 subisce un ictus, e trascorre il resto della sua vita immobilizzato a letto, nella sua casa natale di Oresh, dove il 15 marzo 1937 muore, in pace con se stesso e con la Chiesa Cattolica.

Il solitario di Ternovo (1930-1952)

Purtroppo nel 1929 don Karl Raev viene di nuovo accusato presso il Santo Uffizio da diverse deposizioni, stavolta per presunte violazioni del celibato; perciò tra luglio e novembre 1929 viene avviato a Roma un nuovo processo contro di lui[22]. Il 19 novembre 1930 il S. Uffizio sospende don Karl dalla potestà di confessare i fedeli e da qualunque altra cura d’anime, con la rimozione dal paese di Shumen[23]. Inizia così la sua solitaria ventennale esperienza di Veliko Ternovo, dove resterà fino al 1952. Anche qui ha i suoi alti e bassi nei rapporti con mons. Theelen, come testimonia la profonda crisi del 1939.
Dopo un ultimo guizzo alla morte di mons. Theelen nel 1946, con la richiesta indirizzata al Papa per nominare un vescovo bulgaro, don Karl si ritira definitivamente a Belene, in casa di parenti, nel 1952. Il Ministero sospende il sostentamento a don Carlo Raev nel 1953, pur riconoscendo che il vecchio prete vive in una situazione molto povera.
Don Carlo muore il 26 febbraio 1967 a Belene, all’età di 85 anni. Sul manifesto funebre vengono riportate le ultime parole della sua autobiografia: “In povertà sono nato, in povertà vivo, e in povertà muoio[24]. Viene sepolto nel giardino della chiesa della “Natività di Maria”, e sulla sua tomba viene posta una semplice lastra di cemento, senza nome, senza date, senza parole. Nella primavera del 2011 viene esumato, ed i suoi resti riposano ora in pace nel cimitero comunale di Belene, accanto a quelli di un altro sacerdote belenciano.

Mons. Angelo G. Roncalli con mons. Damian Theelen ed i Missionari Passionisti a Russe






[1] С. Елдъров, Католиците в България (1878-1989). Историческо изследване, София 2002. Р. Ваташки, Българската православна църква и римокатолическите мисии в Северна България и Пиринска Македония (през 20-те и 30-те години на ХХ век), Шумен 2004.
[2] С. Елдъров, cit., p. 24.
[3] Nato nel paese di Oresh, studiò nel seminario dei Passionisti di Cioplea (Bucarest), diventando però poi sacerdote diocesano. Prima di recarsi a Belene svolgeva il ruolo di insegnante presso la scuola maschile cattolica di Russe.
[4] Il cardinal Giovanni Simeoni fu Prefetto di Propaganda dal 1878 fino alla sua morte, avvenuta nel gennaio 1892.
[5] Il cardinal Mieczysław Ledóchowski fu Prefetto di Propaganda dal 1892 al fino alla morte, avvenuta nel luglio 1902.
[6] La visita con gli sviluppi delle vicende di Belene sono raccontati ampiamente in: V. Crisciuolo, Roberto Menini (1837-1916). Arcivescovo cappuccino, Vicario Apostolico di Sofia e Plovdiv, Roma 2006, pp. 603-643.
[7] OR in Archivio Diocesano Plovdiv, fondo Menini.
[8][8] Cfr. R. Hoffman, La vera storia della morte di mons. Ippolito Agosto, manoscritto, ASEB.
[9] Cfr. Copia del Certificato di Battesimo in ASEB; K. D. Raev, La mia autobiografia, dattiloscritto originale in ASEB, p. 1.
[10] Città della Tracia, attualmente in territorio turco.
[11] Cfr. Annotazione sul retro della copia del Certificato di Battesimo, ASEB; Eldarov, cit., p. 22.
[12] Cfr. Diario di p. Silvestro Lilla, manoscritto, in AGCP A 148, anno 1905.
[13] Per il periodo dal 2 febbraio 1920 fino al 4 novembre 1924 possediamo un diario manoscritto, in francese, di mons. Theelen, in cui egli annota tutte le questioni riguardanti Belene e don Karl Raeff. Probabilmente si tratta di un rapporto fatto per Propaganda, oppure per il Visitatore mons. Roncalli. L’originale, che qui non pubblichiamo, si trova in TDA-Russe, F. 318k, op.1, а. е. 120, l. 1-25.
[14] Cfr. Decreto N° 1/1921 di mons. Theelen del 1° gennaio 1921, conservato in copia manoscritta in ASEB.
[15] F. Charon, nato a Caen (Francia) il 16/12/1878, diventò prete cattolico di rito orientale nel 1902, cambiando il proprio nome in Cyrille Korolewski. Nominato assistente della Biblioteca Vaticana, ricoprì poi vari incarichi di consulenza presso la Congregazione per le Chiese Orientali e altre commissioni vaticane. Muore a Roma il 19/04/1959.
[16] Cfr. F. Della Salda, Obbedienza e Pace, p. 18.
[17] Cfr. Istruzioni per il padre Karalewsky del 01/08/1924, in: G. M. Croce, Cyrille Korolevskij. Kniga bytija moego (Le livre de ma vie), Tome III, Città del Vaticano 2007, pp. 788-789
[18] Cfr. Istruzioni per il padre Karalewsky, cit.,  p. 887.
[19] Cfr. Relazione del 09/12/1924, in: G. M. Croce, Cyrille Korolevskij. Kniga bytija moego (Le livre de ma vie), Tome III, Città del Vaticano 2007, pp. 923-924.
[20] Cfr. Relazione del 09/12/1924, cit., p. 925.
[21] Può apparire una curiosità, ma penso sia un gesto molto significativo: dal 1925 in poi don Karl Raev fu sostenuto anche economicamente, e spesso, da mons. Roncalli, come risulta dalle lettere che pubblichiamo e dalle sue agendine di Bulgaria: 1000 leva nel 1927, 1000 il 28 luglio del 1931, 1000 il 14 gennaio del 1932, 1000 il 27 giugno del 1933, 500 il 3 aprile e 1000 il 30 giugno del 1934. Mons. Roncalli gli passava intenzioni di messe, con le relative offerte (anche quando ne aveva poche per sé), lo aiutava nell’affitto dell’abitazione, contribuiva alle sue vacanze e alle sue cure.
[22] Cfr. la lettera di mons. Theelen a Roncalli del 28 novembre 1929 e di mons. Roncalli a Propaganda Fide del 30 novembre 1929, in ASV, Archivio della Delegazione Apostolica in Bulgaria, 8.
[23] Il Decreto, in latino, viene trasmesso a mons. Theelen da mons. Marchetti Selvaggiani il 30 novembre 1930. OR in TDA-Russe, F. 318k, op.1, а. е. 28, l. 123.
[24] Cfr. Annuncio funebre di don Karl Raev, conservato in ASEB.

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