1 settembre 2011

Belene, un paese molto tranquillo!

Belene. Al centro, la chiesa della Natività di Maria
Se si studia un po' la storia di Belene... si scopre come in passato sia stata una comunità molto vivace. Tanto per darvi un assaggio, pubblico qui un piccolo brano (pagg. 29-34) che ho tradotto da Светлозар Елдъров: Католиците в България (1878-1989); su questo link potete leggere l'originale in bulgaro.
Chiedo scusa se c'è qualche imprecisione di traduzione (sono ancora alle prime armi...), ma il senso si capisce.

Don Stanislas Petrov 
    Dopo una breve tregua, alla fine degli anni ‘80 e all’inizio degli anni ’90 del XIX secolo, i conflitti nella Diocesi di Nicopoli riprendono con rinnovata intensità nel 1892, questa volta viene alla ribalta la questione dei preti cattolici di origine bulgara e di cittadinanza bulgara.
    Il focolaio delle tensioni è nuovamente Belene, ma al suo centro si staglia la figura di don Stanislas Petrov di Oresh, laureato nel seminario dei Passionisti di Cioplea (Bucarest), insegnante presso la scuola maschile cattolica di Russe. Nel 1892 è invitato dalle autorità municipali di Belene a ricoprire l’incarico di preside nel paese, dove nuovamente si registrano serie tensioni tra i cattolici. Sostenuto dall’amministrazione del comune e del distretto, e a quanto pare da alcune forze politiche, il suddetto insegnante fa di tutto per trasformare la tensione in un aperto conflitto.

    Il suo arrivo, infatti, coincide con un intervento proveniente da Oresh sul giornale “Libertà”, probabilmente inviato dallo stesso don Stanislas Petrov; intervento con cui si decrive il comportamento dei sacrdoti italiani “con tinte molto fosche”. La redazione del giornale istiga la morbosità dei lettori più superficiali con la seguente nota: “Se non avessimo avuto paura di sconvolgere il comune senso del pudore, i lettori avrebbero potuto leggere i resoconti di scandali e atrocità mai sentite prima da nessuno”. Nei numeri successivi però il giornale non torna più sull’argomento, che nel frattempo si evolve. 


P. Onorato Carlesimo cp
    Nell’aprile del 1892 una parte dei cattolici di Belene scaccia dal paese il parroco, p. Onorato Carlesimo, e il suo assistente, p. Silvestro Lilla. Incoraggiato da questo atto, don Stanislas Petrov diventa più audace. Senza autorizzazione del vescovo, egli inizia a celebrare a Belene e nei paesi circostanti. L’eco degli scandali di Belene e di Oresh, insieme all’attività scismatica di don Stanislas Petrov, arriva fino alla Congregazione di Propaganda Fide a Roma. Il cui Prefetto, il Cardinal Simeoni, segue con attenzione gli sviluppi del conflitto e fin dal 12 marzo 1892 richiede al vescovo Ippolito Agosto dettagliate spiegazioni e documentate confutazioni delle “voci infamanti” riguardanti alcuni sacerdoti cattolici della Diocesi. Da Roma viene disposto di istituire un processo canonico, secondo le norme della Chiesa, contro don Stanisla Petrov; dopo che le accuse vengono confermate, esso stabilisce per lui la pena – sospensione dei diritti sacerdotali ed esclusione dai sacramenti per 6 mesi. 

Mons. Ippolito Agosto cp
    L’11 novembre 1893, per pura coincidenza, proprio al culmine dei disordini di Belene, muore il vescovo mons. Ippolito Agosto, che allora si trovava nel paese. Questo decesso verrà in seguito utilizzato contro i ribelli, formulando l’accusa di una partecipazione intenzionale e attiva alla morte del vescovo diocesano. Sulla cattedra episcopale gli succede il suo segretario, p. Enrico Doulcet. La morte del vescovo segna il culmine dei disordini di Belene, dopo di che la tensione comincia gradualmente a diminuire. Privato di un sufficientemente ampio sostegno degli abitanti del paese, don Stanislas Petrov è costretto a riconoscere le sue colpe e a cercare perdono presso le autorità diocesane. 

    Il 29 agosto 1894 egli firma un “pentimento”, in cui riconosce la propria colpa e promette di non violare in futuro la disciplina della Chiesa. Dopo la lettura di questa dichiarazione giurata in tutte le chiese della diocesi, don Stanislav Petrov viene riabilitato e in seguito riceve la nomina di parroco a Ternovo. 

    Nel frattempo, nel marzo del 1894, il nuovo Prefetto della Congregazione di Propaganda Fide, il Cardinal Ledokoski, incarica l’arcivescovo mons. Roberto Menini, Vicario Apostolico della diocesi di Sofia-Plovdiv, di indagare sulle cause dei disordini a Belene e negli altri paesi cattolici. Secondo le raccomandazioni fatte da quest’ultimo ed per soddisfare in parte il desiderio della popolazione locale, nel 1895 viene nominato parroco l’assunzionista bulgaro p. Ivan Pistic. L’anno successivo arriva come aiutante p. Luigi Dimitrov, pure lui bulgaro e assunzionista. Così, per la prima volta nel periodo successivo alla Liberazione, i cattolici di Belene ottengono due sacerdoti di origine bulgara e con cittadinanza bulgara. Secondo la versione del prof. Alessandro Teodorov Balan, questo è lo scopo principale della loro “guerra ecclesial-nazionale”, e con il suo raggiungimento dovremmo aspettarci la fine dei disordini. Questo tuttavia non accade, la qual cosa suggerisce che i conflitti di Belene non seguono la logica e gli schemi dell’eminente professore. 

    In questa vicenda si dimostrano molto più consistenti gli impulsi esterni, la cui esistenza egli nega. Privati della loro arma principale, gli oppositori dell’autorità diocesana cercano in giro il modo per aumentare la tensione, e lo trovano nelle pubblicazioni dei giornali. Nei successivi due-tre anni la vicenda di Belene e degli altri paesi cattolici diventa in soggetto molto amato dalla stampa locale. Non avendo altre opportunità, gli stessi giornali inventano gli scandali. Nel 1894, a causa di una pubblicazione contro i sacerdoti stranieri dei paesi cattolici sul giornale “Rusenetz”, presso la Corte Distrettuale di Russe viene depositata una causa per diffamazione contro i corrispondenti da Belene, i quali vengono condannati secondo la Legge sulla stampa. Naturalmente il corso della causa e il verdetto del 16 gennaio 1895, consentono alla stampa di tener continuamente vivo e attraente il tema cattolico. 

Tutti i Passionisti della Diocesi di Nicopoli nel 1890ca
    [...] La tensione nei paesi cattolici, soprattutto a Belene, negli anni seguenti continua a covare sotto le ceneri. I Belenciani non sono soddisfatti dei loro nuovi sacerdoti, anche se loro connazionali. Alcuni articoli di giornale arrivano perfino a mettere in dubbio la loro origine bulgara, pur di rendere comprensibile ai lettori l’insoddisfazione da parte dei parrocchiani.
    Con lettere e comunicazioni a varie istituzioni civili ed ecclesiastiche – alla S. Sede e alla congregazione di Propaganda Fide a Roma, all’Assemblea Nazionale e al Consiglio dei Ministri a Sofia – gli avversari dell’autorità diocesana continuano a manifestare opposizione a qualsiasi scelta che non coincide del tutto con i propri interessi. Alcuni di questi interventi parlano apertamente di intervento di parlamentari, di uffici ministeriali e di partiti politici nel conflitto, schierati dalla parte dell’uno o dell’altro schieramento. In particolare in questi anni si vede molto chiaramente che i conflitti di Belene e negli altri paesi dei Pauliciani autoctoni sono dovuti non tanto al disaccordo con l’autorità diocesana, ma piuttosto alla loro discordia interna. Solamente la cacciata dei due sacerdoti bulgari da Belene nel 1897 dimostra che i risultati e i proclami della lotta non sempre coincidono. 

    L’intervento della Chiesa Ortodossa contro il metropolita Clemente di Ternovo, che agisce come sostenitore ufficiale dei cattolici di Belene amareggiati verso il governo bulgaro, e l’accusa nei suoi confronti di allontanamento dall’ortodossia, tema sollevato in molte occasioni, rivela un ulteriore impulso e un ulteriore obiettivo del conflitto, i quali danno origine alla diceria di un tentativo di proselitismo religioso nei confronti della confessione maggioritaria. 

La parrocchia "S. Antonio di Padova"
   Il vescovo Doulcet capisce subito che i conflitti tra i cattolici di Belene sono irrisolvibili, e perciò decide di affidare la chiesa esistente della Natività alla minoranza ribelle contro gli stranieri, e di istituire una nuova parrocchia per coloro che sono interessati più alla qualità che alla nazionalità del clero. Nasce così la parrocchia di S. Antonio da Padova, il cui primo parroco è il polacco, di cittadinanza tedesca, Wilibald Chok.
    La sua origine slava non è apprezzata dagli avversari dell’autorità diocesana, e il 2 aprile 1898 c’è addirittura un tentativio di assassinare il parroco. Il colpo sparato a Belene non colpisce il bersaglio, ma tuttavia ha una grande eco nelle relazioni internazionali, provocando una vera e propria crisi diplomatica. Con una nota del 7 aprile, il Consolato Generale Tedesco reagisce molto duramente ed è categorico nel costringere il governo bulgaro ad aprire un’inchiesta e punire i colpevoli, e si informa poi molte volte sull’andamento del processo a riguardo che si svolge nella Corte Distrettuale di Svishtov. Il caso tuttavia viene archiviato, per mancanza di prove, o meglio per la riluttanza da parte delle autorità di scoprire gli autori del crimine. 

    Con lo stesso spirito inizia e con lo stesso risultato si conclude anche l’intervento del vescovo Doulcet. Il rifiuto dell’amministrazione statale nei confronti del capo dipartimento religioso del MVRI, di soddisfare le sue richieste per una giusta punizione, indigna perfino il prof. A. Teodorov-Balan. Solitamente molto tollerante e sempre ossequioso sul ruolo del governo nel conflitto, questa volta è costretto a rimproverarlo, definendo la risposta al MVRI “assurda” e “molto offensiva”. 

Mons. Henry Doulcet cp
     L’intervento del governo nel conflitto di Belene è molto evidente e diretto, quando ai primi di febbraio del 1899 il Governatore Distrettuale di Svishtov semplicemente confisca le chiavi della chiesa cattolica per impedirne l’ingresso a p. Wilibald Ciok e ai suoi sostenitori. In questa occasione il Consolato Generale Tedesco reagisce ancora una volta con una nota del 21 febbraio, con la quale insiste sul rigoroso rispetto dell’art. 5 del Trattato di Berlino e dell’art. 40 della Costituzione bulgara. Mentre il conflitto si estende anche all’estero, gli oppositori dell’autorità diocesana presentano una mozione alla IX Assemblea Nazionale ordinaria, con la quale richiedono di fissare regole per il governo ecclesiastico dei cattolici, come quelle che già esistono per i bulgari ortodossi. La richiesta viene esaminata il 14 dicembre 1898 e trasmessa per una ulteriore verifica al Consiglio dei Ministri. 

    Dopo un’altra serie di scandali, come già descritto, e dopo diversi tentativi di negoziare accordi attraverso la mediazione del MVRI, il 10 marzo 1899 quattro rappresentanti dei cattolici di Belene e p. Silvestro Lilla, delegato del vescovo dioceno, sottoscrivono a Sofia un protocollo di riconciliazione. L’accordo prevede che i sacerdoti in servizio a Belene siano “nati bulgari e cittadini bulgari”, ma se non ci fosse tale possibilità, allora possano essere “di un’altra nazionalità slava”. I beni ecclesiastici verranno gestiti da un consiglio ecclesiale eletto, presieduto dal sacerdote. L’ingresso delle ragazze nell’ordine delle “suorine” può essere compiuto solo dopo il 21° anno di età, con l’entrata in monastero, o almeno con l’apposizione di un segno riconoscibile sull’abito. Nel caso del rapimento della fidanzata, il sindaco del paese insieme al consiglio parrocchiale sono tenuti ad accertare se lei acconsente a sposare il proprio rapitore, prima di concedere loro la celebrazione del matrimonio legale. Se la ragazza rapita si rifiuta di contrarre matrimonio, essa deve essere immediatamente restituita ai propri genitori, e il colpevole va assicurato alla giustizia. 

     Così per un po’ a Belene regna, se non proprio la pace, almeno una tregua tra le due fazioni in lotta. A coloro che si schierano tra gli oppositori degli stranieri rimane la vecchia chiesa della Natività di Maria, in cui nelle festività viene a celebrare il sacerdote Pietro Djurovic da Vidin, e gli altri ottengono la nuova chiesa di S. Antonio di Padova, completata nel 1901 e servita da p. Wilibald Ciok

   Di tanto in tanto tra i capi e i membri delle due parrocchie continuano a schizzare scintille, soprattutto quando si tratta di distribuire i profitti delle rendite delle proprietà ecclesiali. Tutto continua relativamente tranquillo fino a quando sopraggiunge un nuovo stimolo esterno. 

Aleksander Teodorov Balan
    Il 23 dicembre 1901, durante una solenne assemblea nel salone della Società Letteraria bulgara, il prof. Alessandro Teodorov-Balan tiene la conferenza su “I bulgaro-cattolici nel distretto di Svishtov e la loro lotta”. In essa egli sviluppa la tesi già esposta per il parallelismo degli eventi di Belene e degli altri paesi con la lotta del popolo bulgaro contro il clero greco durante il Rinascimento. Il prof. Balan si spinge ancora oltre.
La resistenza di una parte dei cattolici di Belene contro l’intera gestione dei Passionisti – scrive – ha generato tra i belenciani due fazioni: i “Collaborazionisti”, che si schierano con la malvagità dei propri dominatori italiani, ed i “patrioti” che lottano per rimuoverla, per ottenere un clero cattolico bulgaro, non soltanto di nascita, ma anche di cuore e di patriottismo. Questi partiti hanno propri sostenitori anche negli altri tre paesi”.
    Il prof. Balan mette così in rilievo soltanto uno degli elementi della polemica tra i cattolici dei quattro paesi, e cerca di semplificare con esso la sua vasta complessità, così da renderla conforme alla sua tesi prestabilita. Nel contesto del conflitto, fin dal suo inizio, i termini che egli usa per descrivere le fazioni cattoliche non compaiono nei documenti. Dopo di che non solo diventano popolari, ma si trasformano con nuove varianti – tranne le originarie “Patriottici” e “Collaborazionisti”, si comincia a parlare di “Nazionalisti” e “Antinazionalisti”, oppure di partito “Bulgaro” e “Italiano”, un modo molto più semplice per mettere in chiaro chi sono i buoni e chi i cattivi. Arricchito con nuova documentazione proveniente dal MVRI e da altre fonti, questa conferenza si trasforma in uno studio e viene pubblicata sulle pagine delle “Cronache della Società Letteraria bulgara”, e nel 1902 viene stampato sotto forma di libretto autonomo. 

    Da qui in poi il libro del prof. Balan viene considerato come un testo fondamentale, e comincia a svolgere un ruolo attivo nella formulazione e nell’attuazione della politica statale nei confronti dei conflitti trai cattolici di Belene e degli altri villaggi di “pauliciani autoctoni”. 

    Nell’autunno del 1903, preoccupato che il Vaticano non fosse “falsamente informato” riguardo ai conflitti in Bulgaria, il prof. Balan tenta di trovare un collegamento diretto. Con l’aiuto del dipartimento religioso del MVRI egli ottiene l’attenzione del diplomatico bulgaro a Roma Dimiter Minchovich, con la richiesta di sondare il parere degli alti funzionari degli uffici vaticani. Siccome il protocollo diplomatico non gli concede questa possibilità, Dimiter Minchovich ricorre all’aiuto del vescovo Lazar Mladenov, ex Vicario Apostolico per gli uniati bulgari in Macedonia, che dopo un breve periodo di rientro nell’Ortodossia nel 1894, ha lasciato la diocesi e si è trasferito a lavorare in Vaticano. Lazar Mladenov stabilisce realmente un contatto con il Prefetto di Propaganda Fide, il card. Gotti, trasmettendogli la richiesta del diplomatico e riportandone la risposta. Egli afferma che “nel caso dei paesi dei cattolici bulgari, si potrebbe raggiungere un accordo utile per entrambe le parti, se il governo bulgaro incaricasse una apposita persona per entrare in contatto col Vaticano”. Questo è a tutti gli effetti l’invito per stendere un Concordato, e non a caso il card. Gotti cita l’esempio del Montenegro, il quale ha già stabilito un tale accordo con la Santa Sede. Tale risoluzione del problema è però ancora troppo lontana dalla mente degli statisti e dei politici bulgari. L’archivio del Dipartimento religioso del MVRI conserva anche altri documenti che testimoniano di come il prof. Alessandro Teodorov Balan sia uno dei principali protagonisti dei disordini nei paesi cattolici. 

    Nel frattempo a Belene il conflitto riprende con rinnovato vigore, e questa volta riesce ad incendiare anche altri paesi, che finora apparivano solo occasionalmente nei rapporti del dipartimento religioso del MVRI. Il 5 novembre 1902 muore don Atanas Naskidov, nominato due anni prima parroco della parrocchia della “Natività” a Belene, secondo il protocollo di riconciliazione. 
    E così il suo servizio tra i cattolici di Belene finisce in modo peggiore di quello dei suoi predecessori Ivan Pistich e Luigi Dimitrov, che vengono solo rimossi e allontanati; lui invece viene portato all’esaurimento fisico e psichico, che gli risulta fatale. Nel frattempo anche don Wilibald Ciok se ne va. Così, dopo molte lotte e molte ingerenze esterne, Belene si ritrova ancora con due sacerdoti, né bulgari né slavi, padre Silvestro Lilla cp per la parrocchia della Natività e p. Richard Hoffman cp per quella di S. Antonio.
   Questo segna l’inizio di una nuova fase nei conflitti del paese, che producono lo scenario già familiare, fatto di telegrammi con cui si accusano a vicenda, di lettere, di petizioni e di richieste delle due fazioni in lotta.
   Durante questo periodo gli scandali di Belene sono accompagnati da fatti analoghi a Tranciovitsa. Qui nel 1902 viene nominato parroco don Stanislas Petrov, al posto di p. Richard Hoffman. Invece di calmare gli spiriti, questa scelta infiamma il paese. Subito dopo la sua nomina, il nuovo sacerdote si aliena molti dei suoi sostenitori ed scatena il conflitto con forza ancora maggiore. Nell’estate del 1903 don Stanislav Petrov scatena un vero bombardamento di reclami, rimostranze, appelli di ogni genere ad ogni istituzione civile. Tutti quelli con cui in qualche modo si scontra o non rispondono con entusiasmo ai suoi appelli, vengono bollati come traditori e sostenitori dei “dominatori”. Il primo ministro, Ratcho Petrov, si interessa personalmente alle attività del sacerdote cattolico a Trenciovitsa, e si serve dell’intera amministrazione della regione per contribuire alla sua causa. Don Stanislas Petrov ottiene il privilegio di essere il primo ed unico sacerdote cattolico in Bulgaria finanziato direttamente dal Governo. Dal 1° luglio 1903 inizia a ricevere più di 100 leva al mese dal bilancio del MVRI, e dall’inizio del 1906 il suo stipendio viene aumentato a 150 leva mensili. Il 28 maggio 1903 Ratcho Petrov ordina al Governatore distrettuale di Russe di convincere il vescovo mons. Doulcet che la soluzione migliore sarebbe quella di spostare don Stanislas Petrov a Belene. Sebbene il vescovo e le autorità concordino su questo spostamento, egli si rifiuta di lasciare Trenciovitsa, a meno che gli venga riconosciuto il privilegio di dipendere direttamente da Roma e non dal vescovo di Nicopoli. 

    Nuovamente il capo del distretto di Nicopoli, Geremia Petrov, ordina un’indagine di polizia in base alle denunce di don Stanislas Petrov. Quest’ultimo tuttavia non è ancora soddisfatto, e spinge la cosa ancora più in alto. Il 30 giugno Ratcho Petrov informa il capo del distretto: “Abbiamo le prove che il governo del distretto ostacola la collocazione del clero nazionale a Trenciovitsa. Vi suggerisco, per evitare un vostro coinvolgimento personale, di fornire ogni assistenza legale all’aspirazione del clero nazionale anche per il controllo delle finanze ecclesiali”. Alla fine il capo del distretto di Nicopoli viene licenziato, perché Ratcho Petrov ritiene che non sia abbastanza attivo nel sostenere la causa del prete cattolico di Trenciovitsa. Come il primo ministro vede il conflitto tra i cattolici in Bulgaria lo mostra una lettera confidenziale del 7 luglio 1903 al prefetto di Russe.
  
  Il documento è firmato da Ratcho Petrov nella sua funzione di Dirigente del MVRI, dal segretario del ministero D. Tzokov, dal capo del dipartimento religioso S. Matov, ma dal testo emerge con evidenza non solo l’ideologia, ma pure lo stile del prof. A. Teodorov Balan:
  “Questi passionisti italiani, con il loro metodo di educazione spirituale e di gestione ecclesiale, hanno spinto i figli della Bulgaria e cittadini cattolici di Belene, Oresh, Lagheni e Trenciovitsa, a scendere nel più basso livello della coscienza umana e nazionale, quella dei primitivi proto-bulgari. Contro questa devastazione spirituale e questa inciviltà dei Passionisti italiani nelle comunità bulgare dei villaggi cattolici, da oltre cinquant’anni si è sviluppato, per necessità, un movimento che alla fine si è trasformato in una vera e propria guerra ecclesiale. I cattolici bulgari della diocesi di Nicopoli stanno facendo del loro meglio per sbarazzarsi dei nemici della nazione bulgara, italiani o sacerdoti cattolici stranieri che siano, per ottenerne propri sacerdoti cattolici, bulgari di nazionalità, nascita e sentimenti. In questa situazione è un dovere morale e politico del governo bulgaro quello di sostenere la lotta dei propri cittadini contro l’autorità ecclesiale straniera, che sfrutta arbitrariamente le proprietà, l’onore e l’intelligenza di questi bulgari, e li trasforma in estranei, non-bulgari e miserabili. 
A motivo di questa aspirazione nazionale, il governo cerca di sfruttare ogni occasione perché vengano collocati gradualmente nei paesi menzionati, a servizio della popolazione cattolica bulgara, preti bulgari di nascita e sentimenti e cittadinanza, o in mancanza di essi, temporaneamente si accolgano sacerdoti di origine slava, per la vera educazione spirituale e nazionale della comunità. Il Governo ha deciso di agire con tutti i mezzi leciti per ottenere lo scopo di cui sopra, e invita tutte le autorità, su tale questione, ad agire secondo la sua linea politica”. 

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