3 novembre 2018

Tutti a scuola! Per chi suona la campanella?

La Comunità Cattolica commemora i fedeli defunti, oggi al cimitero di Belene.
Ogni volta che entro in un cimitero (e durante l'anno entro centinaia di volte nei cimiteri), ogni volta mi sembra di entrare a scuola...
Sì, perchè il cimitero, le tombe, i morti, la morte... è una grande scuola, dove ogni giorno suona la campanella, e la Morte, maestra di Vita, chiama. Ma per chi suona la campanella?
Non per i morti. Per loro suoniamo la campana grande, coi suoi profondi e cupi rintocchi.
La campanella suona per i vivi. E li invita a venire a scuola, perchè inizia la lezione.
E sia che vogliamo o non vogliamo, la Morte viene, e ci da la sua lezione.

A volte viene, sottilmente silenziosa, come la campanella di reboriana memoria "che impercettibile spande un polline di suono".
A volte viene, suonando la fanfara, scatenando belliche devastazioni con i cannoni di Navarone, o sconquassamenti tellurici e sensazionali tornadi.
E ci andiamo, al cimitero, anche se non vogliamo, anche se vorremmo starci alla larga.
Ci andiamo, per accompagnare i nostri nonni, i nostri genitori, i nostri figli, i nostri fratelli e sorelle, i nostri amici e conoscenti, persone importanti per noi...
Una scuola sempre aperta, che non ha mai giorni di vacanza.
Una scuola dove è bene abituarsi ad andare, fin da piccoli, perchè abbiamo molto da imparare.
E non ci sono banchi, nelle aule dei cimiteri, davanti alle cattedre senza gambe delle lapidi tombali.
In questa scuola si sta solo in piedi, qualche volta in ginocchio.
Ed è una scuola per tutti, per poveri e ricchi, per credenti e non credenti, per grandi e piccini, per buoni e cattivi.
Ecco, il cimitero è una scuola dove non vorremmo mai entrare... ma dove entreremo, da morti, tutti.
Ma allora non avremo più niente da imparare per vivere.
Tanto vale andare a scuola da vivi, per imparare a vivere.

Il cimitero, scuola di Memoria
Ogni volta che entro in un cimitero il primo impatto è quello di essere proiettato nel passato.
Passeggio, e tutti le date che leggo sono nel passato.
Osservo i volti nelle foto, e tutte queste persone sono persone del passato.
Una immensa cassaforte di storia e di storie, che custodisce e nasconde il mio passato, come la terra custodisce le radici invisibili delle piante.
E potrei fermarmi ore e ore, davanti ad ogni nome ed ogni volto, ad ascoltare storie e ripensare a parole, fatti, gesti, emozioni, sogni, gioie e dolori di chi ha vissuto, amato, sofferto, lottato, sbagliato, lavorato...
Chi sarei io senza il mio passato, senza chi è passato?
La morte, i morti stessi, ci raccontano il passato, il nostro, il mio passato.
E ci invita a custodirlo, a non dimenticarlo, a coltivarlo.
A tornare e ritornare e custodire e ripulire e lasciare un fiore e accendere un lume.
Perchè la campanella suona per me vivo, e mi dice vieni. Vieni per ricordare.
Ed ogni volta che esco, che io smemorato ricordo, sono più ricco e più forte.

Il cimitero, scuola di Speranza
Ogni volta che entro in un cimitero, è come se si innesca dentro di me una scintilla, una reazione a catena nel nucleo più interno, e che diventa quasi un grido, quasi un bisbiglio di un urlo silenzioso: "Non può finire tutto così, non può essere la fine di tutti così, è assurdo se tutto finisce qui, in questo abbraccio di terra e silenzio".
"Per cosa son nate tutte queste persone? Per cosa han studiato, lavorato, amato, lottato, sofferto? Per cosa sono esistite? Perchè sono al mondo io, solo per finire qui? Non ha senso... è assurdo se tutto finisce qui".
E allora sboccia il germoglio di una indicibile speranza.
Sì, perchè dentro un cimitero di tombe adornate di luce e colore, imparo la speranza. La certezza che la vita è un pellegrinaggio, e la morte un passaggio, che c'è ancora vita, dopo la morte, che qui tutto è un attesa di un alba, il sospiro di un porto desiderato, la nostalgia di un abbraccio che sicuro ci attende alla fine, oltre la fine del cammino.
Perchè la campanella suona per me vivo, e mi dice vieni. Vieni per sperare.
Ed ogni volta che esco, che io disperato spero, sono più ricco e più forte.

Il cimitero, scuola di Vita
Ogni volta che entro in un cimitero, quasi stritolato tra la memoria e la speranza, quasi sommerso dai flutti dei ricordi e ripescato dalla brezza dell'attesa di vita eterna, quasi a cavalloni delle onde della memoria e della speranza... imparo a vivere.
Perchè il cimitero, i morti, i defunti, questa immensa famiglia di addormentati, questa stracolma sala di attesa di un treno di vita eterna, mi insegnano che nudo nasco, e nudo muoio. Che le cose importanti nella vita non sono le cose che possiedo (per un po'...), ma come vivo ogni cosa.
Perchè mi insegna cosa vuol dire essere un pellegrino, un migrante in cammino.
Mi distilla, mi passa al setaccio, mi scuote, per vedere che uomo sono.
Perchè la campanella suona per me vivo, e mi dice vieni. Vieni per vivere.
Ed ogni volta che esco, che io mortale vivo, sono più ricco e più forte.

PS.

Comunque, al di là del filosofeggiare, da come curiamo il nostro cimitero, possiamo intuire se siamo bravi studenti o no.
E vedendo i cimiteri bulgari... capisco perchè i bulgari sono smemorati, disperati e un po' morti dentro. Non tutti, certo.
Se non impariamo a ricordare, a sperare e a vivere e non andiamo a scuola... le erbacce crescono.

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