24 novembre 2018

Vengo a visitare la Bulgaria. Il paese delle (poche) rose (e delle tante spine)

Se un bulgaro invita una qualsiasi persona, comune mortale o Capo di Stato che sia, dai confini del mondo o solo da uno stato confinante,  a passare un paio di giorni in Bulgaria, cosa succede di solito?
Se è stato invitato (perchè senza invito può rischiare di trovare le frontiere chiuse...), succede che viene accolto con una "pitka i sharena sol" da una fanciulla arcobalen vestita all'aereoporto di Sofia (possibilmente al Terminal 2, quello nuovo), e poi viene accompagnato a vedere il Paese delle Rose, ovvero quelle poche rose che restan fiorite tutto l'anno:
una passeggiata sul pavè giallo del centro, qualche selfie davanti al Palazzo Reale e alla Cattedrale di Alessandro Nevski, un salutino al Palazzo Presidenziale col cambio di guardia, poi un pranzetto in qualche ristorantino tipico, e poi quattro passi sul Boulevard Vitosha, traboccante di giovani e coronato dalle tipiche vetrine molto locali di Prada, Benetton,, H&M e Dolce e Gabbana, ovviamente anche McDonald's.
Se poi c'è un giorno in più, perchè no? O un salto al Monastero di Rila oppure, possibilmente in maggio, un passaggio nella Valle delle Rose, fino a Plovdiv e dintorni, lodando le fiorenti zone industriali e le strade scoppiettanti di bambini e giovani.
Il tutto condito con "quanto siamo belli, unici e bravi" e "quanto siamo progrediti e sviluppati".
Per poi tornare al Terminal 2, e arrivederci, Rose della Bulgaria.
Niente da obiettare. Chiunque accoglie un ospite in casa (che è come il pesce... dopo tre giorni...), mostra le stanze belle della casa, non il pollaio... Normale psicologia da salotto.
Un turista di solito gira un po', cerca le bellezze indicate nella guida del Touring Club, e se ne torna a casa contento a mostrare le fotografie esotiche di bellezze ataviche.

Ma se io, padre Paolo Cortesi, invito un ospite in Bulgaria, di solito gli dico: "Vieni a vedere la vera Bulgaria, il paese delle spine, quelle spine che durano 12 mesi all'anno, quelle spine su cui qualche settimana all'anno spuntano anche delle rose. Perchè non c'è rosa senza spine. Ma tutto l'anno ci sono le spine senza rose".
I miei ospiti li faccio arrivare al Terminal 1, quello scassato, eredità del glorioso passato. E poi subito via da Sofia, passando per la baraccopoli zingara, verso la provincia del Nord Bulgaria, la zona più povera e depressa d'Europa. E passiamo in macchina per i paesini, dove ogni 5 case tre sono abbandonate e crollano, ricoperte dai rampicanti. Li faccio passare tra le campagne vuote, senza case, senza aziende agricole, vuote.
E li porto nella vera Bulgaria, quella dove non ci sono le vetrine di Armani e Dolce e Gabbana, ma asili chiusi, scuole abbandonate che crollano, trattori arrugginiti abbandonati, carrozze con asini, e anziani e anziani mezzi curvi e con stampelle e bastoni. La Bulgaria che sta morendo, strozzata prima dal Radioso Socialismo e abbandonata poi dal Rampante Capitalismo. La Bulgaria dei poveri cristi, dove ti passa la voglia di fotografare, altro che pavè gialli e fioriti monasteri. Depressione, vecchiaia, decadenza, impoverimento, miseria.
E li porto fino al confine, fino alla periferia, là dove la strada finisce, sulla sponda del Danubio.
Io i miei ospiti li porto a Belene.
E faccio vedere la Belene violentata e riempita di edifici vuoti e cadenti, eretti dai fulgidi sogni atomici dei compagni di merenda di ieri e di oggi.
E faccio vedere la Belene del campo di concentramento, delle vittime del comunismo, del mio vescovo e dei preti fucilati, dei migliori bulgari (poeti, scrittori, preti, ufficiali, imprenditori, ect.) umiliati e schiacciati nel fango dal potere rosso. La Belene dei martiri e delle vittime innocenti.
E faccio vedere la mia comunità, quasi tutta di anziani, dove quest'anno non abbiamo avuto nessun matrimonio, nessuna cresima, nessuna prima comunione. Una comunità morente, di poveri cristi.
Poi, se avanza tempo, andiamo a vederci qualche monastero, o a far due passi in centro a Sofia.

Perchè a me mi piace far vedere la vera Bulgaria, a chi viene a visitare la Bulgaria.
Quella che 5 milioni di bulgari, giovani bulgari, hanno abbandonato.
3 milioni per andare a vivere a Sofia, Plovdiv, Burgas e Varna.
2 milioni per andare migranti all'estero, a mendicare pane e lavoro.
Perchè Sofia e Plovdiv son due isole felici, ben l'un per cento del territorio bulgaro. Una rosa.
Ma per me la vera Bulgaria è l'altro 99%. Novantanove spine.

E comunque, per rispetto all'ospite che invito, di solito chiedo a lui:
"Vuoi visitare la Bulgaria, quella vera, o vuoi solo farti un selfie con una rosa bulgara?".
Se risponde: "Voglio visitare la Bulgaria", lo accompagno a Belene.
Se risponde: "Voglio farmi un selfie con la rosa", ci fermiamo a Sofia, e magari un salto a Plovdiv.
Perchè non è importante quello che voglio io, ma quello che vuole lui.
C'è chi si accontenta delle rose. Che sbocciano e presto appassiscono, ed il vento le disperde.
Ma c'è anche chi vuol vedere e conoscere da dove sbocciano queste rose.
E di solito crescono sulle spine, che testarde restano ancorate alla terra.

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