3 dicembre 2019

Una catastrofe! Stasera a Belene è morto un vescovo, martire del suo dovere.


Non c'erano ancora i computers con i loro socials, non c'erano ancora le televisioni coi loro telegiornali, ma la mattina del 4 dicembre 1893 una triste notizia iniziò a diffondersi dalle sponde belenciane del Danubio, e come un'onda arrivò ad Oresh, poi a Svishtov, poi a Dragomirovo, e poi a Pleven, a Russe, a Sofia, a Bucarest, a Roma, a Vienna, a Parigi e poi in tutto il mondo.
Alle 22.00 della sera precedente, il 3 dicembre, a Belene era morto improvvisamente, in circostanze alquanto sospette, il giovane cinquantacinquenne vescovo passionista, mons. Ippolito Agosto.

Nato ad Andora, in provincia di Savona, il 29 giugno 1838, il 30 maggio 1855 fece la sua professione religiosa tra i Missionari Passionisti.
Il 21 settembre del 1861 fu ordinato sacerdote a Viterbo. Sei anni dopo viene mandato come missionario nella Valacchia, in Romania, dove inizialmente lavora nella cittadina di Ramnicu Valcea. Nel 1870 viene spostato a Russe, sulla sponda bulgara del Danubio, poi nel 1873 di nuovo in Romania a Braila, e l'anno successivo di nuovo a Russe, pur continuando a lavorare anche nei paesi sulla sponda romena.
Il 27 aprile 1883, all'età di 45 anni, viene nominato Vescovo di Nicopoli (cioè della Bulgaria del Nord). Episcopato che si interrompe bruscamente, solo dopo 10 anni, la sera del 3 dicembre 1893 qui a Belene.
Perchè? Cosa è successo?
In breve...

Dopo la liberazione della Bulgaria dall'Impero Ottomano (1877-1878), quasi tutte le comunità cattoliche della diocesi di Nicopoli si trovarono da un giorno all'altro libere. La qual cosa da una parte fu un bene. Ma dall'altra, non essendoci più un controllo totalitario dall'alto... emersero tensioni, sfociate anche in violenti scontri intestini, tra la corrente "modernista" progressista e quella più conservatrice. Ovviamente la culla ed il centro degli scontri fu proprio Belene, da sempre la comunità cattolica più numerosa. Di questo conflitto, che uscì ben al di fuori delle sacrestie e coinvolse ministeri e ambasciate e società civile,  son pieni i giornali e gli archivi del tempo.
Nel 1892 la Santa Sede inviò a Belene il vescovo di Plovdiv, mons. Roberto Menini, per una visita apostolica straordinaria, che non ottenne grandi risultati.

p. Onorato Carlesimo cp
Proprio per portare un po' di pace e riconciliazione, e per difendere il proprio parroco attaccato dai rivoltosi, il 15 novembre mons. Ippolito uscì da Russe e venne qui a Belene di persona, dove tra preghiere e colloqui, tentò in tutti i modi di far ragionare e rappacificare i belenciani dalla dura cervìce.
Ma le cose precipitarono. La canonica e la chiesa della Natività di Maria vennero assediate da qualche centinaio di belenciani, armati di zappe, forche e schioppi.
Nella canonica assediata restano rinchiusi il vescovo con alcuni missionari passionisti. Il primo dicembre mons. Ippolito si sente male ed è colpito da emorragie. Ma gli assedianti impediscono al medico di visitarlo, ed ai missionari di trasportarlo a Svishtov.
E così alle dieci di sera del 3 dicembre 1893, mons. Ippolito Agosto muore.
La domenica seguente, 10 dicembre, venne celebrato il suo solenne funerale a Russe.

Mons. Menini ne scrive il mese dopo a Roma:
"Vostra Eminenza... dopo l'ultima mia nella quale le comunicavo l'iniquo telegramma di alcuni malvagi cattolici di Belene contro il loro santo vescovo, avvenne la nota catastrofe. Il povero monsignor Agosto morì in Belene, martire del suo dovere: Pastor animam suam dedit pro ovibus. Eppure quegli sciagurati ancora persistono nell'opposizione. Con intrighi fecero deporre il prefetto del dipartimento, perchè troppo ligio alla giustizia. Tengono sempre lontano il legittimo parroco e la chiesa è chiusa, con immenso danno delle anime (Cfr. Lettera del 20 gennaio 1894, in ASPF, Nuova Serie 369, f. 103r).

Mons. Ippolito Agosto cp
Belene resterà per due anni senza preti, senza messe e senza assistenza spirituale.
Poi il successore, mons. Henry Doulcet, per uscire dal conflitto proporrà la salomonica decisione del divide et imperat, dividendo in due la comunità cattolica e permettendo ai rivoltosi di farsi la loro parrocchia con la loro chiesa, dedicata a Sant'Antonio di Padova (anno 1898).
Soluzione di facciata, che non risolve nulla e non incide per nulla nè nel cuore indurito nè nella dura cervìce dei belenciani. Il conflitto infatti continuerà almeno fino al 1925, con l'intervento di mons. Roncalli.

Per chi volesse approfondire le vicende dei conflitti a Belene nel XIX secolo e della morte del vescovo Ippolito Agosto:
  • Una gloria per i Passionisti: mons. Ippolito Luigi Agosto vescovo missionario, in L'Osservatore Romano, 24 luglio 1938, p. 3.
  • Il vicario apostolico di Sofia-Plovdiv e la diocesi di Nicopoli, in V. Criscuolo, Roberto Menini (1837-1916). Arcivescovo cappuccino vicario apostolico di Sofia e Plovdiv, Roma 2006, pp. 603-643).
  • p. Emmanuel Elena, Vie de m.gr Hippolyte Louis Agosto, Eveque de Nicopolis, Passioniste, Russe 1905.
  • p. Richard Hoffman cp, La verità sulla morte di mons. Ippolito Agosto, vescovo di Nicopoli, il 3 dicembre 1893, Trenciovizza 1942, manoscritto conservato in ASEB Belene.

Dalla relazione di padre Onorato Carlesimo del 18 dicembre 1893
su mons. Ippolito Agosto (originale in AGCP):


La chiesa Natività di Maria a Belene (inizi XX secolo)
[...] Vedendo egli [don Stanislav Petrov] che qui in Roustchouk non poteva sì facilmente riuscire nel suo pessimo intento, si dimise dalla scuola, andò spargendo per varie famiglie che questa non si sarebbe più riaperta ed in fretta portassi a Bellini affin d’inalberarvi lo stendardo della rivolta. Da tali principi non potevano derivare che funestissime conseguenze. Di fatto, gettato in cotal guisa il seme della discordia, non andò molto che se n’ebbero a sperimentare gli amari frutti: perciocchè alcuni rivoluzionari cattolici, investiti del potere municipale, sia in Bellini che in Oresce, capitanati da quel disgraziato prete ed appoggiati da alcuni fanatici scismatici di Sistoff, presero a lamentarsi altamente dei missionari, col dire che questi dovevano espellersi, e chiamare in loro luogo dei preti bulgari.
A tale scopo chiesero la rimozione del Vicario Generale da Bellini; commisero le più aperte ingiustizie contro il p. Gabriele [Ferri] della SS. Annunziata, che avea la cura di quella parrocchia; presero a viva forza il p. Ambrogio [Gagliardi] di Gesù Bambino, che erasi portato colà a far visita ad esso p. Gabriele, e lo trascinarono come carogna per le strade di Bellini fino ad una bettola, ove passata la notte, lo cacciarono dal villaggio; pubblicarono sui giornali degli articoli pieni di calunnie contro i missionari, ed infine scacciarono di notte tempo il parroco da Bellini, lasciando circa duemila anime prive di pastore.
E benchè Monsignore deputò il p. Gregorio [Piegsa] dei 7 Dolori che accedesse a Bellini nei casi di gente inferma, pur tuttavia i buoni, rimasti fedeli al vescovo, non potendo tollerare la privazione del proprio parroco, ne fecero istanza ripetute volte a Monsignore medesimo. E ad ottenerne più facilmente l’intento si recarono stessi in persona a supplicare, scongiurare e ad assicurare il Vescovo, che portandosi egli a Bellini, sarebbesi più facilmente stabilito l’ordine in quel villaggio.
Molto più poi perché v’era l’appoggio del Prefetto di Sistofff, che garantiva ess’ordine.
Considerate bene tutte le circostanze, Monsignore si vide obbligato in coscienza di mettersi in viaggio, e subito presi seco a compagni il p. Enrico [Doulcet] di Nostra Signora della ….., il p. Gabriele [Ferri] della SS. Annunziata ed il fratel Giovanni di San Giuseppe insieme al p. Erasmo della SS.ma Vergine, che era di ritorno al suo villaggio e a quella buona gente di Bellini, partì alla volta di Sistoff.
Quindi, visitato che ebbe Oresce, Dragomirovo, Lazini, Trancioviza ed Assenovo, si portò a Bellini, accompagnato dall’istesso Prefetto e dai menzionati padri missionari, nonché dal fratel Giovanni, a cui avea detto che andava al martirio.
Al confine del villaggio trovò la popolazione che, in ginocchio, domandò la benedizione pastorale e l’accompagnò, piena di giubilo e cantando il Te Deum, fino alla chiesa.
L’indomani, ch’era il giovedì 16 novembre, volle celebrare la messa alla quale assistevano tutti, buoni e cattivi, Poscia tenne un’esortazione analoga alle circostanze, lasciò baciare la croce al popolo e si ritirò nel suo appartamento. La corte della chiesa era gremita di gente e la casa guardata da tre gendarmi per il buon ordine.
La canonica di Belene (inizi XX secolo)
dove morì il vescovo Ippolito Agosto
Conviene però avvertire che il dì antecedente, giunto che fu Monsignore a Bellini, i rivoluzionari non vollero consegnare le chiavi della casa e chiesa, per essersi il Vescovo rifiutato di stare a certe condizioni, che erano inaccettabili, tra le quali vi era quella di allontanare subito i padri Enrico e Gabriele da Bellini, restandosene egli col solo fratello laico per trattare dei loro affari. E tuttochè il Prefetto intimasse loro di consegnare le chiavi, non ci fu caso che si arrendessero. Essi rispondevano che in ciò non riconoscevano l’autorità del Prefetto, e che vi occorreva un ordine del Ministero. Rimossi che furono dai gendarmi, si riuscì anche senza le loro chiavi ad aprire e casa e chiesa. Quindi fu telegrafato al Ministero, ma non se n’ebbe alcun risultato.
Intanto il Prefetto fa ritorno a Sistoff, lasciando i tre gendarmi in guardia della casa. I rivoluzionari, animati vieppiù da spirito satanico, si studiavano di cercare come più amareggiare il povero cuore di Monsignore. Onde riuscirono ad allontanare il p. Gabriele da Bellini, e ad impedire alla gente del villaggio di accedere presso del Vescovo, che trovavasi in casa come carcerato ed alquanto indisposto.
Essi però vi entravano a piacimento e facevano di tutto per costringerlo a sottoscrivere certe proposte in due fogli da loro preparati, le quali non potendosi accettare in coscienza, egli non volle sottoscrivere. Aggravatosi vieppiù il male, fu visitato da un dottore fatto venire espressamente da Sistoff il quale, ordinatogli qualche medicamento e raccomandatogli la calma, se ne andò pe’ fatti suoi.
Poiché l’emorragia ebbe condotto l’infermo agli estremi da non poter quasi più profferir parola, si presentò da lui quel disgraziato prete e gli disse:
“Monsignore, Vostra Eccellenza è molto ammalata”.
“Sì – rispose egli – sono molto malato”.
“Monsignore – aggiunse il prete – la benedizione”.
“Dopo ciò che è accaduto, non posso”. E queste furono le ultime parole di Monsignore, il quale preso da uno stato di letargo se ne morì quasi insensibilmente verso le 10 p. m. della Domenica I dell’Avvento, il dì 3 del corrente, lasciando tutti i suoi ottimi figli immersi in profondissimo dolore per la perdita di sì buon padre ed ottimo pastore, che dette la propria vita per amor delle sue pecorelle.
Divulgandosene la notizia nei villaggi cattolici, tutti i missionari accompagnati da buon numero di villaggiani a cavallo si portarono a Bellini, ove fatte le esequie, più di cento cavalieri ne accompagnarono la salma fino a Dragomirovo, dove pure gli furono fatti dei suffragi, ai quali assistette molta gente di quel villaggio.
Di qui intanto si telegrafava al Principe, a monsignor Menini, a Bucarest, a Varna, a Tirnovo e a Gostiglia. Si preparava la sepoltura murata nella cattedrale, si spedivano i programmi ai Consoli, al Prefetto, al Sindaco ed a tante altre persone distinte. Nel tempo stesso arrivava in Roustchouk monsignor Menini proveniente da Filippopoli, ed il p. Luigi Grovin da Bukarest. Il primo dové viaggiare in un mare non poco burrascoso da Burgas a Varna, ed il secondo assoggettarsi ad una quarantena di 24 ore in Roustchouk. In più giunsero qui il p. Giacinto da Tirnovo, il p. Pietro da Varna ed i padri Paolo e Silvestro da Roma.
Essendo noi tutti così uniti, il venerdì 8 corrente, verso le due pomeridiane, giunse la salma dell’estinto alla cattedrale, ove la sera fu cantato l’officio dei morti. E poiché essa salma non dava il minimo segno di corruzione, così la cassa fu lasciata, colla licenza del dottore, scoperta fino a tutta la messa solenne, ch’ebbe luogo alle ore 10 della Domenica seguente, ottavo giorno della morte. La messa fu pontificata da Monsignor Menini, Arcivescovo di Filippopoli, con tutta l’assistenza che prescrive il cerimoniale dei vescovi. E dopo il Vangelo venne letta l’orazione funebre in lingua germana. E benchè la chiesa fosse gremita di popolo, pure vi si osservava un perfetto silenzio.
A rendere un pubblico e solenne attestato di affetto al caro defunto dovette, dopo la messa, aver luogo un accompagnamento funebre nelle principali strade della città. Precedevano i ragazzi e le ragazze delle due scuole cattoliche, in buon ordine e coi loro stendardini, quindi una compagnia di uomini distinti, parimente col loro stendardo; a questi teneva dietro il concero militare che veniva seguito dalla croce processionale cogli accoliti, il clero e l’Arcivescovo, parato di piviale e mitra bianca; finalmente veniva il carro mortuario colla salma dell’estinto e tirato da quattro cavalli guidati da quattro individui vestiti a lutto. Detto carro era immediatamente seguito dal Vicario Generale, dal p. Enrico Doulcet e dal fratel Giovanni …, tutti e tre in abito e mantello e collo stemma della passione al petto, e che rappresentavano l’Istituto a cui l’estinto apparteneva. A questi tenevano dietro il Console e vice Console austriaci in uniforme, nonché altri Consoli di altre nazioni, il prefetto, il vice Prefetto, altre persone distinte ed il popolo. Al ritorno in chiesa ebbe subito luogo la sepoltura e così si chiuse la cerimonia.
Il giorno terzo dalla deposizione ebbe luogo anche nella gran cattedrale di Bukarest un funerale solenne, pontificandovi parimente l’Arcivescovo Menini ed assistendovi i padri Giacinto e Dustano, come rappresentanti della nostra famiglia religiosa.
Il giorno settimo n’ebbe luogo un altro qui in Roustchouk, cantando la messa il molto reverendo padre Erasmo Ghigliotti, leggendosi dopo il vangelo l’elogio funebre in lingua bulgara.
Sia dunque pace sempiterna all’anima del nostro amatissimo estinto, che ci fu veramente padre, fratello ed amico fedelissimo.
Nota.
Il Governo fu rappresentato in chiesa dal Prefetto, vice Prefetto e da un colonnello vestito in gran gala. Il Vescovo bulgaro vi mandò il suo archimandrita.

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