1 agosto 2020

Corpo di mille balene! La Santa Maria vola via, mica resta in Belene a bagnomaria!

Come tutti sanno, il Cristoforo Colombo, dopo essere tornato colla sua bella caravella Santa Maria dalla scoperta dell’America, mica si mise comodo in poltrona come un pensionato. Anzi! Mentre ancora era sulla via del ritorno, già sognava ed organizzava la prossima avventura, un’impresa mai realizzata da nessuno fino allora: partendo da Lisbona, avrebbe circumnavigato l’Europa, dimostrando che l’Europa non è un continente appiccicato all’Asia, ma che l’Europa è un isola. Non importa se un’isola felice o bellicosa. Solo che era un’isola.

Arrivato a Lisbona, fatto rifornimento di vettovaglie, cambiato la ciurma, imbarcato cartografi, antropologhi, astrofisici, geologi, agronomi ed esperti vari, partì.

Passate le colonne d’Ercole si diresse ad Est, costeggiando prima le coste della Spagna, poi quelle della Francia, sostando a Montecarlo per vedere il Gran Premio degli asini da corsa, scese poi lungo le rive dello stivale italiano, risalì lo stivale dall’altra parte, poi scese lungo la croazia, la dalmazia, la grecia e finalmente giunse ad Istambul. Fatta una visita alla moschea di Santa Sofia, con la sua Santa Maria attraversò i Dardanelli e risalì verso la Crimea.

Ma in Crimea non ci giunse mai, perché ad un certo punto disse al timoniere: “Eccoci, finalmente! Svolta decisamente a sinistra!”. E quello fece come gli aveva detto il Cristoforo.

Cristoforo Colombo, dopo aver radunato l’equipaggio e tutti gli esperti sulla tolda, raggiante in volto disse:

“Ragazzi, oggi è un giorno storico! Prendete tutti in mano un cucchiaino di zucchero ed affacciatevi dalle murate!”.

Pur non capendo a cosa servisse questo rito, fecero come Colombo aveva detto. E mentre tutti erano affacciati verso l’acqua col loro bel cucchiaino in mano, l’Ammiraglio disse:

“Bene, ragazzi! Gettate lo zucchero nella foce! Bene, così! Bene! Bravi! Adesso che abbiamo imboccato il Danubio gli abbiamo addolcito le fauci, avanti! Questo mostruoso fiume non ci potrà mangiare. Avanti, verso l’Allemagna! Vedrete, sbucheremo a Rotterdam e da lì a Lisbona, e così tutto il mondo saprà che l’Europa è un’isola che si può circumnavigare!”.

Al grido di “Urrà! Urrà! Urrà” e “Viva Colombo!”, tutti tornarono entusiasti ai loro posti, e la Santa Maria, pur vecchiotta e malconcia, scattò con entusiasmo e scavalcò l’onde.

Ma la realtà a volte non corrisponde coi sogni, e fu così che giunta nei pressi di Belene, in una notte senza luna e con la nebbia densa come polenta, la caravella colombiana si arenò nelle secche, in mezzo al Danubio, proprio di fronte al villaggio dei belenciani.

Quando al mattino del giorno dopo la nebbia si diradò, i belenciani accorsero in massa sulla riva per vedere quella grande casa galleggiante spuntata dal nulla.

E siccome nei fiumi non ci sono le maree, semmai le fiumee (che non esistono), pur in mezzo a mille sforzi i marinai non riuscirono a disincagliare la caravella. E così i sogni di Colombo naufragarono sulle rive di Belene.

Dopo inutili settimane di sforzi, Colombo, consegnando stipendi e liquidazione (cioè tutto quello che aveva), lasciò liberi tutti. E tutti sbarcarono, e visto che non c’erano ancora aerei per tornare a casa, si ammogliarono con le belle belenciane, e si stabilirono lì.

Sbarcando portarono con sé tutti gli oggetti e le suppellettili della nave, lasciandone la carcassa spoglia adagiata sulle sabbie in mezzo al Danubio.

Cristoforo Colombo non scese con loro, restò sulla Santa Maria, e nessuno da allora lo vide più.

Passarono gli anni. Passarono i secoli. Ed il relitto era sempre lì, deteriorandosi sempre più.

I belenciani accompagnavano i loro figli sulla sponda, e di padre in figlio si raccontavano immense storie su quella nave arenata.

E giungiamo a tempi più recenti. Gente più moderna, esigenze diverse.

Ad un certo punto si decise: “Ma perché non sfruttiamo questo relitto, e ne facciamo un’attrazione turistica? Un museo galleggiante… cioè spiaggiante…”.

E fu così che iniziarono a tappare i buchi, a restaurare la carcassa della nave, a raccogliere dentro di essa oggetti per il museo marinaro e fiuminaro, etc etc.

Alla fine, nominarono un custode di questo museo, e di anno in anno, e di custode in custode, da tutto il mondo venivano turisti a visitare il museo Santa Maria, dedicato a Cristoforo Colombo ed ai suoi viaggi nei sette mari. E per decine di anni tutto filò liscio, finchè…

Finchè qualcuno scoprì la tecnologia, e con l’avvento del digital, fecero pure un museo virtuale dedicato a Colombo, ci mancherebbe. E la gente, comodamente in poltrona, ci navigava dentro. Che senso aveva percorrere tutto il mondo, a rischio della vita, per andare a vedere un vecchio ammuffito relitto in mezzo al Danubio?

E fu così che i visitatori iniziaron a calare come la marea, finchè cessarono del tutto.

E per molti anni più nessuno arrivò a Belene. Gli amministratori, per risparmiare, licenziarono tutte le guide ed i dipendenti, e per pura pietà nominarono lo scemo del villaggio custode di quel museo vuoto.

E fu così che Paolino il Cicolino, di vocazione birichino, venne nominato custode del museo navale.

E salito con entusiasmo sul pennone centrale, già il primo giorno fu contagiato da una noia mortale. Fosse stata almeno una nave piena di fantasmi! Invece era una nave vuota, piena solo di ragnatele, di antichi oggetti.

“Che pizza questi vecchi merletti!”, sbuffò Paolino, alla sera, al termine del suo primo giorno di lavoro, contemplando il sole tramontare ad ovest ed arrossare le acque placide del Danubio.

“O sole mio! A questo scempio, rimedio ci pongo io!”, sussurro al sole tramontante Paolino, facendo il suo classico ghigno birichino, come ogni bambino in procinto di realizzare una marachella.

“Per mille balene! Io la faccio volare, questa benedetta caravella!”.

Detto ciò, afferrò una tavola, e la gettò in acqua.

Poi si gettò pure lui in acqua, e si sdraiò a pancia in giù sulla tavola.

E a bracciate e sgambate inizio a risalire, controcorrente, il Danubio.

Sbracciò e sgambò senza sosta, come uno scemo, tutta la notte, chiedendosi ogni tanto: “O mia bella caravella, quanto resta della notte?”.

Passò Nikopol, sorpassò Lom e Vidin, e giunse davanti alle Porte di Ferro.

Sogghignando, si avvicinò alla maniglia della grande porta che bloccava il Danubio, e… mettendosi in piedi sulla tavola aprì la porta gridando: “All’arrembaggio!!!”, e, apriti cielo! Una valanga d’acqua sgorgò come tsunami dalle porte aperte.

E Paolino, cavalcando l’onda venne proiettato in avanti.

La piena improvvisa travolse tutto e tutti sulle sponde, e questo fiume impetuoso si diresse verso est. Arrivato in un battibaleno rombante fino a Belene, Paolino saltò sulla tolda della Santa Maria, urlando: “Mollate gli ormeggi, bucanieri di oggi e di ieri!”, ma non ce ne fu bisogno: l’ondata impetuosa sollevò la nave di almeno venti metri e strappò le ancore arrugginite.

E così la Santa Maria volò via da Belene.

E capitanata da Paolino il Cicolino, novello Capitan Uncino, da allora solca impavida ed intrepida i sette mari, e quando attracca nei porti del mondo, è una festa, e migliaia di persone si riversano in quel redivivo veliero, per ammirare la bella caravella, ed ascoltar dalle labbra del fiero Paolino le fantastiche marinare avventure del Colombo Cristoforo.

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