28 agosto 2020

Dipende solo da te: acciocchè tu non faccia il lacchè… macchè a Napoli o Venezia! Vieni a Belene, a berti un buon caffè con me! Imperocchè è il più gustoso che c’è.

Come tutti sanno, la prima chiesa fu costruita a Belene nel 1604. Praticamente era una baracca di legno, lunga undici passi e larga 6, con quattro assi ed un po’ di
phragmides australis come tetto. Poi, evolvendosi il tutto, fu scavata una chiesetta più ampia, mezza seminterrata, dove attualmente c’è la cantina della canonica. Quindi si fece una più ampia chiesa di legno, poi completamente bruciata da una banda di criminali turchi nel 18° secolo. Dopodichè si fece su una nuova chiesa di legno, attorno alla quale poi nel 1860 venne costruita l’attuale chiesa, santuario del Beato Eugenio Bossilkov… 

Erroneamente tutti son convinti che il caffè fece ingresso in Europa da Venezia dopo il 1605, come tutti i uikisaggi sanno, cioè dopo che Charles De l’Ecluse, direttore del giardino botanico di Vienna, fece l’elogio delle saporifere antisoporifere pregiate bacche. 

A dir la verità, e a dirla tutta però, il primo distributore automatico di caffè in Europa fu posto casualmente proprio qui a Belene, nel 1604, quindi un anno prima. 

Vabbè, i nostri più acerrimi critici diran subito che allora Belene non era in Europa, ma nell’Impero Ottomano. E che gli Ottomani avevano pure quattro bocche e già da secoli si dilettavano a trangugiare miscele caffeiniche nelle loro turche brocche. 

Fatto che sta che neppure Vienna allora era in Europa, ma nell’Impero Austro Ungarico, e così pure Venezia non era in Europa, ma nella Repubblica di Venezia, e giustacchè la stessa Napoli non era in Europa, ma nel Regno di Napoli. Quindi…. Nel 1604 Belene era in Europa, tanto quanto Vienna e Napoli: e quindi il primato della diffusione del caffè in Europa spetta a pieno titolo a Belene! 

Ma lasciamo la politica e la geopolitica, e torniamo alla storia, quella vera.Dicevamo. Nel 1604 alcuni bosniaci giunti a Belene impiantarono il primo distributore di caffè. Ovviamente, essendo agli esordi, questo distributore era un po’ artigianale: consisteva in una baracca di legno, ricoperta di canne palustri, e dentro la baracca sedeva a rotazione un uomo o una donna del villaggio, che al sopraggiungere di un interessato esclamava: 

“Buongiorno caro! Le andrebbe di bere un bel caffè caldo con me?” 

Alchè l’avventore di solito rispondeva in tono non avventato: “Buongiorno a Lei! Ma certo, gradirei molto una bella tazza di caffè”. 

“Come la vuole?”. 

“Beh… di ceramica sarebbe l’ideale… ma va bene anche di vetro…” 

“Scusi per il qui pro quo… intendevo: lungo, medio, corto o ristretto…?”. 

“Ah! Scusi lei per il pan per focaccia… Normale va bene…” 

“Perfetto. Allora le preparo un bel caffè lungo e freddo. Si accomodi nel frattempo”. 

E così il villano o la villana, che pur essendo villani eran gentilissimi, metteva la pentola con l’acqua sulla stufa a legna, prendeva una misura di chicchi del rubicondo frutto, li macinava sul momento, e poi preparava l’intruglio, e giacchè il tutto richiedeva tempo e precisione, nel frattempo conversava con l’ospite. Quindi, una volta raffreddato il tutto, lo serviva con una bella tazza di ceramica, ovviamente porgendo anche lo zucchero e sgarugandolo all’uopo. 

E così il caffè cominciò a diffondersi col suo aroma nel paesucolo di Belene, e quindi nel circondario e nell’Europa intera. Da settentrione a mezzogiorno, da oriente ed occidente, migliaia di persone di ogni estrazione sociale decidevano di partire e convergere a Belene, per bersi una buona tazza di caffè. 

Divenne pure un diffuso modo di dire: “Su! Dai! Che fai? Ci sei o ci fai? Dai, andiamo a Belene a berci un buon caffè. Il più buono che c’è!”. 

Allorchè la distribuzione del caffè aumentò… il primo distributore venne abbattutto, ed al suo posto ne venne costruito uno più capiente, stavolta di muratura, rispondente alle nuove richieste del pubblico. 

Senonchè, ovviamente, ardirei dir matematicamente, tutto questo consumo di caffè, che all’inizio fu piacevole e gratuito, soccombette anche lui alle leggi di mercato, parallelo commerciale della legge gravitazionale, e così si cominciò ad esigere un compenso in cambio della prestazione caffeinomanica. 

Per cui, da allora, ogni nuovo avventore aggiunse queste parole, all’inizio o alla fine del suo soggiorno caffeinico: “Grazie, neh, per questa stupenda tazza di caffè! Posso lasciarle un offerta, per le spese ed il disturbo?”. Nel tempo poi divennero più prosaiche e sintetiche, più o meno: “Quanto costa?”. 

Contemporaneamente pure l’offerta si allargò, essendo i gestori molto attenti alle esigenze dei singoli palati: dall’iniziale tazza di caffè freddo lungo, si passò anche al caffè caldo, a quello ristretto, quindi a quello corretto. Poi si tentò con il thè, per i più nervosi, e con la cioccolata, per le donne ed i bambini. E gli incassi così aumentarono, e pure i profitti, quando con l’aggiunta della Fanta e della Coca, e pure della Sprait e del Chinotto, il Distributore si evolvette. 

E quello che all’inizio era solo un distributore di caffè, diventò un poliedrico fornitore di bevande calde e fredde ed affini. 

Ma l’evoluzione più rilevante avvenne alla fine del XIX secolo. Durante le magnifiche e progressive sorti di tutto l’incontinente continente, con la rivoluzione industriale, con l’avvento dell’energia elettrica, e soprattutto con la nascita del movimento operaio e sindacale ed i primi fermenti di marxismo… si pensò bene di allacciarsi alla rete elettrica e di automatizzarsi, liberandosi così in un sol colpo del potenziale pericolo di rivolte proletarie degli operai e razionalizzando costi e produzione. 

E fu così che nel 1860, eliminate radicalmente le antiche usanze, venne costruito a Belene il nuovo, fiammante, razionale, completamente automatizzato Distributore di Caffè, Bevande ed Affini. 

Lungo sessanta metri, largo 20 ed alto 25, questo mitico Distributore si ergeva sulla sponda belenciana del Danubio come faro per l’umanità assetata di caffè. 

E davvero, dal 1860 al 2012 (periodo del suo funzionamento), il Distributore di Caffè, Bevande ed Affini di Belene dissetò milioni di persone, che come cerve anelanti ai corsi d’acqua, da ogni angolo del pianeta si dirigevano lì, leggevano sulle etichette quanto costava il prodotto anelato, inserivano le monetine nell’apposita fessura, digitavano il codice numerico dell’agognata prelibatezza, e… ops! Trepidanti in dolce attesa dopo aver letto sul displey la consolante profezia “Attendere. Bevanda in preparazione”… quindi, allorchè il caffè o l’altra bevanda o l’affine eran pronti nell’apposito scomparto, allungando la mano, trepidanti e famelici agguantavano il prodotto e se lo consumavano beato. Ah! Sapeste che goduria! 

Certo, non esssendo Belene in un idilliaco paradiso, a volte la monetina si incastrava o non veniva accettata, oppure scendeva l’acqua calda senza caffè, oppure mancava la paletta o lo zucchero, oppure la Coca Cola era scaduta… in tal caso, dopo i calci ed i pugni di rito all’inadempiente Distributore, solitamente qualcuno faceva uno squillo alla ditta di manutenzione. I più comunque se ne andavano delusi, e questo e quanto. Ma son quisquiglie: la macchina viaggiava a gonfie vele. 

E tutto filò liscio come l’olio, finchè… successe il patatrack. 

Correva l’anno del Signore 2012, giorno otto settembre, ed un tizio, venuto da lontano per gustare il pregiato, rinomato, raffinato, prelibato caffè decaffeinato di orzo deorzizzato con zucchero sintetico amaro (c’era pure questo, oltre a quello di orzo) di Belene, arrivato all’indirizzo esatto in via Strazzin 2… strabuzzando gli occhi e non credendo a quello che vedeva, sbottò dicendo: 

“Ma dove cavolo è il Distributore? Questa è una presa in giro!”. 

Ed infatti, come non dargli ragione? Dal momento davanti ai suoi occhi, all’indirizzo esatto dove da 400 anni veniva distribuito il caffè ed altro… non c’era nessun distributore, ma solo un’enorme piazzale grigio, e totalmente vuoto, a parte una presa per la corrente penzolante, vuota, al centro. Una vera presa in giro… senza attaccato nulla! 

Il Distributore di Caffè ed Altro… non c’era più! 

Nel frattempo, sopraggiunti altri globetrotters avventori, si era formato un capannello di persone di cattivi umori. Potete immaginare i discorsi che facevano, del tipo? 

“Ma perché il Distributore non c’è più?” 

“L’avran spostato a Timbuctù…” 

“Se lo trovo lo spacco giù!”. 

“Ed io lo riporto qui con la gru!”. 

“Sì, bravo, con l’aiuto dei pompieri di Viggiù”. 

“Sapete una cosa? Al diavolo il Distributore di Belene! Io me ne vado a Malibù…” 

E qui sopraggiunse una vecchietta indigena, una villana del villaggio, che disse: 
“Ma, cari signori! Che orribili cose dite! Cosa son tutti questi Timbuctù, Viggiù, Malibù e Belzeebù?!?! Su, calmatevi un po’… suppongo siate qui per gustare il prelibato cremoso fragrante unico ed ineguagliabile caffè di Belene, non è vero?”. 

“Ma certo, vecchia! Ma qui non c’è nessun distributore! E’ tutto un imbroglio! Abbiamo viaggiato per mezzo mondo… turlupinati da una mentevole bugia! A Belene non esiste nessun Distributore di caffè! Bando alle ciance! Torniamocene a casa”. 

“Fermi! Fermi! Per piacere! Avete torto e avete ragione!”. 

“Ma che cavolfiore dici, vecchia bacucca? Ti è dato di volta il cervello? O abbiam torto o abbiam ragione…” 

“No, no… cioè… sì, sì… Avete ragione, perché il Distributore che c’era qui non c’è più, da stamattina, quando il nuovo gestore, entrato in carica proprio stamattina, lo ha fatto saltare in aria con una potente bomba atomica all’idrogeno ossigenato. Ma avete pure torto, torto marcio, perché a Belene c’è ancora il Distributore di Caffè più buonissimo del mondo! Tiè! Solo che non è più qui…”. 

“E dove sarebbe, cara la nostra vecchietta”? 

“Beh… non troppo lontano… e neanche troppo vicino, direi al punto giusto. Partite qui dal centro ed andate verso la periferia… Belene non è, per fortuna vostra una megalopoli… procedete finchè lo trovate. Io non lo so di preciso… non ci sono ancora andata… ma stamattina il nuovo gestore ha detto, che dopo 400 anni di fissazione per questo luogo, era tempo di uscire un po’ e far quattro passi, e portare il caffè un po’ più in periferia…”. 

E così si misero in cammino. E dopo una interminabile e lunga sfacchinata di ben dieci minuti raggiunsero dal centro la periferia di Belene, ed iniziarono a circumnavigare il paesello lungo la tangenziale sud. Dopo sette minuti avevano quasi completato la circonferenza, e avean quasi ormai lasciato ogni speranza, quando incapparono in un capannello di persone, sedute in cerchio all’ombra di una pianta attorno ad un ridicolo personaggio vestito da asino; cioè: questo tizio era infilato in uno scatolone marrone gigante, da cui spuntavano solo le braccia, le gambe e la testa arruffata, e visto da lontano sembrava proprio un asino. 

Invece, avvicinandosi, videro che era un uomo comunissimo, e gli chiesero: 

“Scusate… Non è che per caso potreste indicarci dov’è il distributore del caffè”? 

Tutte le persone sedute in cerchio si voltaron verso i nuovi arrivati, e all’unisono dissero loro: 
“Eccolo qui!”, indicando con l’indice delle loro mani destre l’umanoide scatolone. 

Attoniti e sbigottiti, stavano per sguainar le loro lingue e scoppiare in una sguaiata risata… allorchè li precedette l’uomo dello scatolone: 

“Buongiorno, signori! E benvenuti a Belene! Che ne direste di sedervi con noi, e di berci un buon caffè”?. 

Ammutolirono all’istante, confusi e quasi strozzandosi con le ilari risate bloccatesi loro nel gargarozzo, e tentennando come ebeti zombi, spiazzati dall’aver trovato l’agognata bevanda in tal singolare agreste pittoresca locanda… si sedettero. 

Un tizio dei nuovi sopraggiunti ebbe l’ardore di chiedere: 

“Ma lei nella scatola, chi cavolo è? E questi qui con lei, chi diavolo sono?” 

“Scusate… mi son dimenticato di presentarmi e di presentarmi i miei amici: 
- io sono io, ovviamente, e per fortuna come me non ce né un altro! Io sono il nuovo gestore del Distributore di Belene.  E questi poveri diavoli sono… vediamo… 
- lui è un carcerato, appena liberato dopo 25 anni sulla nostra isola; visto che lo Stato si è occupato di lui solo fino al cancello, stavamo chiaccherando su come trovare una casa ed un lavoro, per potersi reinserire nella società…. 
- loro due sono due poveri vecchietti pensionati, senza figli e mezzi malati… e stavamo ragionando con loro di aprire una casa di riposo, possibilmente alla svelta, prima che crepino…. 
- quei tre (stella!) lì son tre giovani disoccupati, che hanno altri tre amici disoccupati con tre figli pure loro disoccupati… e stavamo rivedendo i dettagli per la prossima apertura di una pizzeria, dove finalmente lavoreranno tutti e nove; se poi ci avanza tempo, apriamo pure un forno del pane per altri tre… 
- quei quattro lì sono una famiglia di rifugiati siriani scappati dalla guerra, poveri cristi! Passavano di qui cercando una stanzetta, come quei poveri diavoli di Maria e Giuseppe a Betlemme… gli abbiam giusto trovato un bell’appartamentino, e dopo il caffè li accompagniamo là… 
- quelle cinque lì sono cinque ragazze diplomate disoccupate, una psicologa, una fisioterapista, una pedagoga, una animatrice puerile ed una logopedista… stavamo sognando insieme di aprire un centro diurno per minori diversamente abili…. 
- Infine questi ultimi sei qui sono parenti di alcune vittime innocenti del precedente regime comunisti, e son venuti qui a Belene a cercare le ossa dei loro genitori, crepati nel campo di concentramento che c’era sulla nostra isola… stavamo appunto ragionando di andare a cercarle insieme, e di dar loro degna memoria e sepoltura…. 

I nuovi arrivati, dopo aver trattenuto a stento il furore e la rabbia, digrinando beluinamente le loro dentiere, dissero: “Ma lei è un pagliaccio! Siamo venuti qui per bere un caffè, mica per sentire tutte queste chiacchere! Ma lei, distribuisce caffè o gestisce una clinica psichiatrica? Ma ci faccia il piacere! Lei ha sbagliato mestiere! Rinsavisca, o vada a fare l’istrione al circo Barnum! Lei ha stravolto la tradizione di Belene! Torni in centro, rimetta in funzione il dannato Distributore Automatico di Caffè, Bevande ed Affini! E noi ci infileremo i nostri soldini, prenderemo i nostri bicchierini, e… tanti salutini”! 

“Amici miei cari… Giammai! Io stravolto la tradizione?!? Semmai i quattrocento anni passati han evolto e divelto la tradizione: io sono il più tradizionalista di tutti i miei predecessori, io sono il Re della Tradizione! Orsù: accomodatevi e facciamo quattro chiacchere tra amici, mentre metto su la mokka per il caffè! Su, prego…” 

“Accomodarci?!? Accomodarci noi, con questi pezzenti? Un criminale, due vecchietti moribondi e contagiosi, tre per tre fannulloni disoccupati, quattro luridi migranti invasori, cinque oche svampite e sei politicanti fascisti da strapazzo? Ma lei è tutto scemo! Ma lei è tutto suonato! Ma vada a farsi un cicchettino di cicuta con Socrate! Ma vada a farsi registrare!...”. 

E, continuando a mandare il gestore in tanti posti… il gestore non si mosse di un millimetro, mentre tutti loro se ne andarono, dal più vecchio al più giovane, chi a quel paese, chi a quell’altro paese, e alla fine tutti se ne erano andati al loro paese, senza che nessuno ce li mandasse. 

E fu così che i quattro amici al bar, o meglio l’allegra compagnia di amici, seduti attorno ad una gustosa fumosa fragorosa tazza fumante di vero buon caffè tradizionale di Belene, se la potereno gustare soavemente, centellinandone ogni goccia. 

E dopo questa magica ed indimenticabile e semplicissima tazza di caffè, bevuta sotto una banale mitica pianta di pioppo di Belene… le loro vite cambiarono per sempre. 

Gli anziani ed i rifugiati trovarono una casa dove abitare, i disoccupati trovarono lavoro, il carcerato trovò e casa e lavoro, i parenti delle vittime del comunismo trovarono le ossa dei loro cari ed anche un po’ di consolazione, e tutti trovarono nuovi amici. E furono felici. 

Perché, come dicono, chi trova un tesoro, trova un amico. 

Ed il tesoro qual è? Bevi un goccio di caffè! 

A Belene, ovviamente.

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