29 agosto 2020

Il bue con la bua e le rane di Belene.

Tutte le mamme conoscono la favola di Esopo della rana e del bue, o no?, e la raccontano ai loro figli quando vogliono fare gli sbruffoni o si incaponiscono a fare gli adulti. Beh, quando invece voi genitori trattate infantilmente la vostra prole, o quando invece di trattarli da ometti li trattate da bambini dell’asilo… care mamme e papà o affidatari, fatevi raccontare da loro questa storia di Belene.


C’era una volta a Belene un grosso più, ma molto grosso, più grosso di quello che a Natale si mette con l’asinello nel Presepio. Un vero bue, con le corna da bue, i possenti quarti da bue, con tutte e quattro le mastodontiche zampe sue. Insomma… un normalissimo bue, di quelli che vediamo tutti i giorni per i campi. 
Questo bue aveva una forza forzuta, faceva da sé come per tre, trascinava carri da buoi, aratri da buoi e fieramente si faceva i fatti suoi. 

Un giorno, pascolando tra le paludi di Belene, fu attratto dal gracidare delle sirenee rane di Belene, e si avvicinò loro incuriosito. 
Non l’avesse mai fatto! 
“Buongiorno, belle ranocchiette! Come vi butta?”, disse il bue. 

“Beh, non male, dai…”, risposero gracidanti le vanitosette in coro. 

“Qualcosa di nuovo sotto il sole?”, chiese il bue. 

“Beh, buetto nostro… sapessi cosa è successo…”, gettarono maliziosamente dal basso l’amo. 

“Cosa?”, chiese dall’alto il bue, ingoiando esca ed amo. 

“Oh… una nostra cugina, che abitava due paludi più in là… è esplosa!”. 

“Come? Cosa? Poverina… Condoglianze… Cosa è stato? Una fuga di gas?”. 

“No… No… Grazie per le condoglianze… E’ stato… E’ stato che ha incontrato un grosso bue come te, e volendo diventare come lui… ha iniziato a gonfiarsi… gonfiarsi… gonfiarsi… finchè è esplosa, quella sterlucca!”, dissero le rane, mettendosi a lacrimare. 

“Oh… quanto mi dispiace”, concluse il bue. 

“Ti dispiace?”, dissero falsamente stupite le rane, “Te ne stai lì tutto tronfio, possente e pieno di te, facendoci credere che saremmo felici diventando come te! Ma noi non siamo mica sterlucche come nostra cugina, né! Siamo rane, piccole ed umili, contente e felici di quello che siamo! Dovresti provare a fare un po’ la rana! Allora capiresti che non ha senso essere grande e forte…”. 

E, lasciandole affrante nella loro umidosa palude, proseguì. 

E lungo la strada fu invaso dai sensi di colpa, per quel suo simile, magari pure suo parente, che con la sua mole aveva indotto la povera innocente ranocchietta a volerlo imitare, ed essere imponente come lui. 

Ed alla fine, dopo un profondo ignaziano discernimento, decise di riparare questo incalcolabile danno all’ecosistema dell’Arcipelago di Belene, e si disse: “Ebbene sì! Ascolterò le sagge, piccole ed umili sofferenti rane di Belene, e diventerò come una di loro: saggio, piccolo e umile! Non mangerò più, così mi rimpicciolirò sempre di più! Finchè finalmente sarò come una rana. Forte, no?” 
E così, rimuginando e ruminando su questo triste evento… al bue gli venne la bua, e rientrò a tarda sera nella sua stalla, mogio mogio, ed assai derelitto e sconsolato. 

Il giorno dopo, il suo padrone faticò assai a farlo uscire, e rimase molto stupito della sua fiacchezza nell’arare. Iniziò a preoccuparsi poi, perché il bue con la bua non mangiava più. 

E nei giorni successivi dimagrì a vista d’occhio, diventando sempre più piccolo e leggero… finchè… finchè dopo una settimana crepò d’inedia. 

Povero lui, il fu bue con la bua! 

Ma se il buon Dio ti ha fatto bue senza bua… perché cavolo ti sei messo in testa di diventare una rana?!?!? E’ così semplice vivere… le rane faccian le rane, che non scoppiano. Ed i buoi facciano i buoi, mangiare e lavorare, che così non crepano.

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