4 agosto 2020

Francesco Spreafìco, rivoluzionario bolscevìco, in arte Checco Ficosecco

“Ma Francesco, tu non capisci proprio un fico secco!”, cominciò così il primo giorno d’asilo del piccolo Francesco Spreafico, con questo rimprovero della suora, accompagnato poi dall’eco canzonatorio di tutti gli altri bambini in coro, a ritmo battendo le mani: “Checco-Fico-Secco! Checco-Fico-Secco….”. Ci volle poi mezz’ora per farli tacere, mentre il fiero Francesco, detto d’ora in poi per tutta la sua breve vita Checco Ficosecco, con fierezza e schiena dritta, per niente intimorito da cotanta gogna mediatica, si allontanava dalla sala, attraversando il cordone d’impuberi, lasciandoseli alle spalle con una scrollatina di spalle.

Cos’era successo, per giungere a tale epocale crisi? Quali rivolgimenti storici e sociali avevano prodotto tale spaccatura nella società asilifera, al punto di provocare così nette posizioni antitetiche?

Subito tutti penseranno che Francesco è un bambino irrequieto, difficile, oppure come si dice oggi “bisognoso di speciali attenzioni”, magari di un sostegno apposito. Chissà che magagne soffre in famiglia, per esprimerle così violentemente all’asilo…

Invece Francesco è un bambino sanissimo, addirittura un po’ timidino, che se ne sta solitamente sulle sue. Quel fatidico giorno all’asilo, giorno memorabile che cambiò per sempre la sua vita e lo trasformò nel mostruoso rivoluzionario bolscevico Checcho Ficosecco, andò così.

Il piccolo Francesco Spreafico, di anni 3, se ne stava lì buono buono a giocare con le foglie cadute delle piante. Immaginava che le grandi foglie dei platani fossero enormi portaerei, mentre quelle del tiglio più modesti incrociatori, e le foglioline più piccole aerei da combattimento. In quel preciso momento stava riproducendo sulla sabbia del cortile la battaglia delle Midway, con le foglioline giapponesi che si abbattevano implacabili sulle portaerei americane.

In quel frangente scese nel cortile suor Frustrata, si avvicinò al piccolo Francesco, e cominciò a parlargli:

“Beato te che te ne stai lì sereno a giocare con le foglie! Sapessi che guerra oggi… La superiora si è dimenticata di pagare la tassa dei rifiuti, e così ci siam beccate la multa. E poi il governo ladro ha tagliato i fondi alle scuole paritarie, con quei perfidi comunisti che se potrebbero ci inchioderebbero alle porte delle chiese e ci strozzerebbero con le budella dell’ultimo gesuita. Suor Santina poi è caduta in cantina e si è rotta la clavicola; a suor Gioconda gli è girata la stonda ed è andata a sbattere con la macchina contro una pianta. Mio nipote ieri ha divorziato, ed in Siria han cominciato il decimo anno di guerra. Tre bambini stamattina c’han la diarrea ed hanno già affrescato quattro volte il pavimento, uno ha vomitato sulla tovaglia nuova… C’è pure la trentaduesima ondata di coronavirus, e porca l’oca scaloppa, quest’anno la Juve non ha vinto lo scudetto, anzi, è retrocessa in serie B…. Quindi, dimmi tu, Francesco, cosa diavolo dovrei fare io? Cosa mi consigli? Ma mi stai a sentire? Dimmi, cosa ti ho detto?”

“Porca l’oca scaloppa! Porca l’oca scaloppa!”, rispose raggiante Francesco.

“Ma Francesco, tu non capisci proprio un fico secco!”, sbottò suor Frustrata.

E da qui in poi la storia di Checco Ficosecco la conoscete, più o meno.

Probabilmente, vado a naso, al piccolo Francesco Spreafico di anni 3 non gliene importava un fico delle frustrazioni che suor Frustrata gettava su di lui. A voler proprio spaccare il capello in cinque… Francesco era proprio il contrario, e ne capiva molto assai di fichi, sia secchi, che molli e gustosi.

Ed in un lampo di genio aveva capito che quell’asilo parrocchiale era una gabbia di matti, per cui voltando le spalle agli starnazzanti coasilini strillanti: “Checco Ficosecco”!, e a quelle suore un po’ suonate, quello stesso primo giorno abbandonò l’asilo e se ne andò.

E dopo aver radunato compagni trovati per strada, più o meno delusi quanto lui dal regime antiquato e folle di certi asili, fondò con loro un movimento di massa per rovesciare quell’elitè aristocraticata, fondando nel contempo asili dove i bambini eran tutti uguali e facevano i bambini, giocando e saltando a loro piacimento, senza esser stressati dalle frustrazioni dei grandi.

E fu così che all’età di tre anni iniziò l’attività sovversiva e rivoluzionaria di Checco Ficosecco, rivoluzionario bolscevico.

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