Un giorno Borislavo, il potente Re
slavo della slava Bulgaria, decise di partire per un lungo viaggio.
Vedendo le cose in prospettiva… al suo ritorno gli sarebbe piaciuto ritrovare
il proprio regno in ordine, e così distribuì tra i suoi sei più uno (cioè
sette) figli le varie zone del regno. E questa prospettiva gli diede molta
pace nel cuore: sicuramente il regno avrebbe avuto buone prospettive di
restare saldo, e addirittura di prosperare.
E siccome Borislavo non era un padre
padrone, ma un re saggio, ad ognuno affidò un compito consono ed
adeguato, come farebbe un buon allenatore mettendo il portiere in porta,
i difensori in difesa, gli attaccanti in attacco. In fondo, questi ragazzi
erano farina del suo sacco, e li conosceva più che benissimo.
Al maggiore, Umno Sickorasbira[1], affidò ovviamente, senza
se e senza ma, la cura di Sòfia, la capitale del Regno, creandolo vicerè. Un
ragazzo saggio, ponderato, prudente, riflessivo… chi meglio di lui poterebbe
gestire saggiamente il tutto?
A Parìchkov Kokòshkov Slatnijaizà[2], che coi soldi ci sapeva ben
fare, e già all’asilo aveva riempito ben 72 maialini di monetine, affidò le
finanze del Regno. Un ragazzo parsimonioso, preciso, meticoloso, di manica stretta,
mai in preda a sentimentali scatti di generosità… chi meglio di lui poterebbe
gestire saggiamente le finanze?
E così pure agli altri (non sto qui a ripetervi
cose ben conosciute dai libri di storia…) affidò a ciascuno un compito, adatto
e proporzionato alle loro capacità. Al più muscoloso l’esercito, al più chiaccherone
la Tivù di Stato e le pablik relescion, allo spendaccione quintogenito l’agricoltura
e le foreste (era l’unico col pollice verde e sempre al verde), al muscoloso sestogenito
il Turismo ed il Culturismo.
E tutti e sei le caselle furono riempite.
Soddisfatto, il Re convocò rassegnato anche
il settimo figlio, il piccolo principe Ludovico[3], che non solo era il
principino più piccolino, ma era anche un po’ diverso dagli altri… un po’
suonato, mezzo scemo (alcuni dicono del tutto…), parlava e urlava sempre,
insomma… in teoria, era fuori dal giro e pure era sempre su di giri.
“Ciao, papi! Tu partire! Viaggio buono! Io
aiutare. Belli regali fratelli miei regali! Io anche volere ‘galo! Io piccolo
passo uomo… grande passo umanità. Cosa fare? Dire tu a me! Tu dire, io fare,
senza in mezzo mare!”, disse Ludovico al padre.
“Tesoro mio, mio caro e prezioso e inimitabile
e unico pulcino e delfino… Ho riservato per te il compito più impegnativo, più
importante, più prezioso, che solo tu, colle tue uniche qualità, puoi espletare…”,
gli disse con voce materna e suadente il Re.
“Forte! Super! Bello! Io spletare! Io
spletare! Io spletare missione di padre mio!”, rispose entusiasta e felice come
una Pasqua il piccolo Ludovico.
“Ecco: ti affido questo bicchiere magico, unico
e inestimabile, costruito dalle fate e dagli elfi, nella notte dei tempi, con
la luce cristallizzata del primo raggio di sole della creazione! Mi raccomando:
se si rompe… crollerà il Regno! Sta attento, neh!”, gli disse il Re, dandogli in
mano un normale anonimo bicchiere da tavola vuoto fatto in Cina, e dimenticato
sul tavolo dalla cameriera.
“Usti! Uau! Urca! Ludovico cavaliere
custode. Ludovico custodire. Ludovico salvare Regno! Mission possibol! Io
missione. Io fare. Tu sicuro stare!”, gridò il piccolo principe, sprizzante
gioia dai pori tutti e sringendo al cuore il vuoto bicchiere.
“Ah… dimenticavo… te la sentiresti di
compier un’altra piccola missione? Sai, i tuoi fratelloni farebbero a gara per
espletarla… ma sono molto impegnati, e tu potresti dar loro una mano, se
accetti anche questo compito…”, disse il Re.
“Sì, papi! Io fare! Io Aiutare! Missione.
Missione doppia. Sì. Eccomi. Viva il Re!”, rispose l’entusiasta Ludovico.
“Bene. Affare fatto: mentre io sono via,
andrai a Belene, dove abita il nonno… Sai, quello vecchio vecchio di quasi cento
anni… Quello che ha creato e fondato ed avviato il Regno”…
“Nonno! Sì, nonno: io conosco! Bene volere
io lui. Bene volere lui me.”
“Bravo: l’importante è volersi bene! Ricordati
le medicine mattino mezzogiorno sera, pannoloni, barba e capelli e unghie,
lavare e stirare… e farlo uscire entrare girare… E mi raccomando: il bicchiere
magico, né! E non creare problemi! Okkei?”.
“Okkei orekkei bokkei! Sì, Papà: tutto tu detto,
io subito fatto! No problemi.”.
E si salutarono.
Il Re Borislavo partì sereno e con il
cuore in pace, con la prospettiva certa che non ci sarebbero stati problemi: il
Regno era nelle buone mani dei suoi sei figli maggiori, ed il piccolo principe non
avrebbe creato problemi, giocando col vuoto innocuo bicchiere e cambiando pannoloni
mortiferi pieni.
I sei figli si misero al loro lavoro, con
la prospettiva di accontentare il padre, e soprattutto con la prospettiva di
accrescere i loro soldi, il loro potere, il loro nome. Chissà… se faccio tutto
bene, come Dio comanda… magari mi fanno pure Re….
Il piccolo Ludovico… beh… se ne andò a
Belene col suo bicchiere magico a curare il nonno. E tutti si dimenticarono di lui,
del bicchiere e del nonno.
E passarono i giorni, e passarono le
settimane, poi i mesi, e pure gli anni.
E le prospettive che Re Borislavo tornasse…
scemavano di giorno in giorno.
E fu così che per il Regno non ci furono più
prospettive: i sei fratelli si fecero la guerra, il regno crollò, ed ognuno si
fece il suo regnucolo, e nacque così l’esarcato: sei piccoli feudini, uniti solo
da un bel nome ed un glorioso passato.
E non vissero né felici né contenti, in
eterna lotta, invidie e gelosie tra loro.
Quello che invece visse, vive e vivrà sempre
felice e contento fu il piccolo principe Ludovico che, essendo tutto scemo e
suonato, è ontologicamente sempre contento e felice. Ora vi racconto cosa
combinò a Belene, e per comodità vi traduco in prosaico italiano corrente
quello che si dissero lui ed il nonno, visto che Ludovico parlava nel tutto suo
linguaggio da scemo, ed il nonno senza denti e con perpetua bava alla bocca
biascicava un po’ e mica tutto si capiva.
“Ciao, nonno Ghirgi!”, disse Ludovico appena
giunto a Belene, abbracciando con cautela il nonno centenario.
“Ciao, piccolo! Benvenuto a Belene! Perché
tanta cautela?”.
“Beh, ho qui nascosto sul cuore un
bicchiere magico…Il papà mi ha detto di custodirlo, che è unico e moltissimo
prezioso..”
“Quale bicchiere magico? Fammi vedere..”
“Eccolo!”, disse Ludovico, estraendolo con
somma cura e delicatezza dal suo cuore.
“Usti!”, esclamò il nonno, vedendo quel
comune anonimo bicchiere da tavola, “ma lo sai che questo è il mitico
Sesdatello?!?!?”
“Sesdatello[4]?!? Ma da quando i
bicchieri hanno un nome proprio?!?”
“Beh… i bicchieri normali si chiaman
bicchieri… questo invece è il magico bicchiere creato dalle fate e dagli elfi… Quello
con cui io ho creato il Regno!”
“Usti! Ma come hai fatto? E’ un bicchiere
vuoto…”
“Vuoto? Non scherzare! E’ pieno!
Pienissimo! Strapieno! Straboccante, direi. Se non ci credi… adesso ti mostro
come ho fatto io a far uscire da questo bicchiere tutto il Regno che tu
conosci. Ti va di provare? Fai tutto quello che ti dirò, ed anche tu creerai un
Regno!”
“Sì, dai! Pronti! Via!”.
E fu così che il nonno mostrò allo
stupefatto Ludovico la potente magia di quel bicchiere pieno. E tra un pannolone
e l’altro, i giorni che passarono furono straboccanti, e Ludovico e nonno
Ghirgi vissero strafelici e stracontenti. E dopo molti anni Ludovico divenne Re
del nuovo Regno di Belene, che si estendeva dal Polo Nord al Polo Sud, e dal
muro est della casa di Ghirghi al muro ovest della stessa casa di Ghirghi: un
Regno mai visto su questa terra, che abbracciava tutto il globo e praticamente
non aveva confini.
Vuoi sapere come questo Regno uscì dal
bicchiere vuoto? Eccoti la storia.
Nonno Ghirghi prese in mano il bicchiere,
e contemplandolo disse: “Eh sì, sei proprio tu, mio caro e vecchio Sesdatello!
Felice di rivederti”, e lo mise nelle mani del piccolo principe, dicendogli: “Bene,
per prima cosa devi svuotare il bicchiere!”.
“Svuotare? Ma se è già vuoto…”, disse lo sbalordito
Ludovico.
“Svuota, svuota, svuota tutto! La kenosi totale
è la prima magia da compiere! Ma come, sei così cieco da non vedere che è
pieno? Ti hanno davvero così rovinato giù in città? Su, svuota questo benedetto
bicchiere e poi riempilo!”
“Ah! Adesso vedo: è pieno di aria!”
“Bravo! Complimenti! Ora… vede quelle
lumache lì nell’erba? Prova a metterle dentro. Ludovico fece come gli aveva
detto Ghirghi, quindi esclamò: “Usti! Adesso è pieno!”.
“Vedi? Solo se lo svuoti… poi si riempie:
è magico, no?”, disse sorridendo il nonno. “Ora vai al ristorante e vendi le dieci
lumache, e torna con i dieci euro.
Ludovico fece come il nonno aveva detto.
Andò al ristorante, vendette le lumache ad un euro l’una e tornò raggiante da Ghirghi:
“Urca! Nonno Ghirghi! E’ successo quello che avevi detto: son diventato ricco!
Prima non avevo nulla, adesso ho dieci euri!”.
“Oh… ti accontenti di poco… Ma la magia è
molto più grande! Ora riempi il bicchiere con le monete, vai dall’erbivendolo,
svuota bene il bicchiere sul bancone, poi riempilo con 100 semi di frumento e 100
semi di pomodori e 100 semi di pioppo, poi torna.
Ludovico fece tutto quello che Ghirghi gli
disse. Tornò col bicchiere pieno di 300 semi. Ed il nonno gli disse: “Bene, è
una cosa bella e buona. Ora: cosa fa di solito un seminatore coi semi?”
“Beh… esce e li semina…”, disse Ludovico.
“Bravo, avanti… Vai, svuota il bicchiere,
semina! E poi riempi di acqua il bicchiere magico e bagna. E poi, al tempo del
raccolto, raccogli nel bicchiere i semi di frumento e portane metà al mulino, e
ritorna col bicchiere pieno di farina. L’altra metà riseminale. Lo stesso coi
pomodori: ritorna col bicchiere pieno di polpa di pomodoro. E ricorda di
lasciare metà pomodori per avere i semi da seminare. I pioppi, per ora,
lasciali crescere: quelli si arrangiano tra loro ad inseminarsi. Fai questo per
cinque anni”
Ludovico fece quanto il nonno gli disse,
per cinque anni.
E ogni anno raddoppiavano i semi,
raddoppiava il raccolto, raddoppiavano i pioppi.
Con la farina e la polpa di pomodoro, e
qualche ramo di pioppo, Ghirgi e Ludovico aprirono una pizzeria, e che pizze
facevano! Magiche! E poi aprirono pure un forno del pane, vista l’abbondanza di
farina, pomodori e pioppi.
In cinque anni aprirono una catena di ben
999 pizzerie e 999 forni del pane, e pure 999 biscottifici, 999 panettonifici,
999 pastifici, 999 sughifici, 999 cartiere e 999 pellettifici. Una potenza
produttiva mondiale.
In pratica crearono dal nulla un Regno
mondiale, con utili e dividendi stratosferici, milioni di dipendenti e
collaboratori, e soprattutto miliardi di stomaci pieni di buon pane e buona pizza
al pomodoro di Belene.
E quando dopo molti decenni l’ormai ex Re
Borislavo tornò a casa, ormai vecchio decrepito col pannolone e senza denti…
trovò i sei figli a rodersi il fegato nell’ormai decaduto ed impoverito
esarcato. Ovviamente nessuno di loro lo degnò di uno sguardo: mica avevan tempo
per un vecchio decaduto.
E fu così che Borsilavo andò a Belene,
dove in ginocchio, con molta vergogna, cadde ai piedi dell’ormai potentissimo
Ludovico, il Re della Pizza e della Michetta:
“Figlio mio… perdonami per averti
disprezzato e trattato come uno scemo, e di non averti dato mai fiducia… e di
averti abbandonato ed imbrogliato con quello stupido bicchiere vuoto… Per me tu
eri solo un piccolo e stupido scemo…”
“Ma che dici, Papà! Tu sei stato un super
papà! E solo a me hai dato l’onore e la missione di custodire il magico
bicchiere!!!”.
E gli raccontò tutta la storia,
incredibile ma vera, di Sesdatello.
E così oggi a Belene il piccolo Ludovico,
oltre a dirigere il suo impero della Pizza e della Michetta, si prende cura e cambia
i pannoloni al vecchissimo nonno Ghirghi ed al vecchio papà Borislavo. E
sapeste come tutti vivono felici e contenti!
[1] Questo
nomen in bulgaro significa: “Intelligente CheCapisceTutto”.
[2] In
bulgaro: “Soldino Gallinadalleuovadoro”.
[3] In lingua
bulgara LUDO significa SCEMO, e VIKO significa GRIDARE, quindi “Scemogridante”.
[4] Nelle
linge slave Sesdatel non è la compagnia telefonica dei Sei, ma semplicemente
significa “Creatore”.
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