Il diavolo fa delle buone pentole... ma non i coperchi! E c'è sempre Qualcuno che ne sa una più del diavolo... |
Le
vicende accorse a baba[1]
Chitra[2]
Lisiza[3]
sono diventate ormai leggendarie nel paese di Bèlene. Quelli che all’inizio
furono semplici eventi di vita campagnola, furono poi tramandati di bocca in
bocca, e di generazione in generazione, e quindi nei secoli dei secoli… amen!
Per
cui vi racconto oggi, dopo aver fatto accurate ricerche presso coloro che furono
testimoni di quanto accadde fin dall’inizio, quello che accadde fino alla fine,
scremandolo dai fronzoli e dalle ipèrboli e dalle incrostazioni edulcorate accumulate nel
tempo.
Prima
di diventare una baba vecchia e debilitata, corredata degli immancabili ciumbèr[4]
e bastùnce[5],
la signora Chitra Lisiza era una gran bella signora, originaria della Nuova
Zelandia (nessuno si ricorda come mai sia finita a Belene, proprio agli
antipodi della Nuova Zelandia…) e di mestiere faceva la coltivatrice di cavoli,
rinomata in tutta la regione. Era diventata così famosa perché a quel tempo ed
in quel posto nessuno ne capiva un cavolo di cavoli, mentre lei, proveniente
dalla Nuova Zelandia[6].
Dai
cavolini di Brussel ai cavolfiori bianchi, viola, verdi, fino al Brassica
oleracea capitata, passando per il cappuccetto verde ed il cappuccetto rosso, l’immancabile
verza, i cavoli amari ed i cavoli neri, fino al cavolo cinese (e che cavolo!
Figurati se i cinesi non producono pure i cavoli!) e ai broccoletti… l’impresa
agricola della signora Chitra Lisiza sfornava immense quantità di cavoli di
tutti i tipi e colori, che bastavano a sfamare tanta gente sia a pranzo che a
cena, e pure a merenda. (Per inciso: fu proprio lei a coniare l’espressione “Mangiar
cavoli a merenda”. Una geniale trovata pubblicitaria per aumentare il consumo
di cavoli extra pasto… e quindi aumentare la domanda).
Ma…
Ma
anche per i cavoli non son tutte rose e fiori e, nonostante tutto l’amore, la
cura e la passione della cavolocultrice, un giorno iniziarono ad infiltrarsi sotto
di loro tutti i diavoli di questo mondo, portando la Chitra Lisiza sull’orlo
della disperazione.
Aprirono
le danze i grilli. Vabbè… qualche grillo per la testa non è poi così
traumatico, neppure per le coltivazioni di cavoli. E comunque non erano grilli
parlanti, per fortuna, ma solo cantanti.
Poi
arrivarono, quasi di concerto ed attirati dal dei grilli concerto, i grillotalpa
o grillitalpe. Zitti zitti, cominciarono a ravanare sotto terra ed a mangiucchiare
le radici degli sfortunati broccoletti.
Quindi,
ciecamente guidate dal loro fiuto, schiere di talpe si fiondarono per i
campi coltivati e, apriti cielo!, ribaltarono la terra da sottoterra.
Come
se non bastasse, poi infestarono le coltivazioni di cavoli, in questo preciso
ordine: rane, ranocchie e brutti rospi, formiche con le ali e senza ali,
lumache con la casetta e lumaconi senza rulòt (quelli arancioni viscidi, per
capirci), centinaia di volpi, alcuni lupi grigi, ululanti sciacalli, pure
qualche leone e leopardo, le iene, due coccodrilli ed un orangotango, duemila
piccoli serpenti, qualche avvoltoio spelacchiato, gatti, topi ed elefanti… solo
gli unicorni ci mancavano!
La
povera Chitra Lisiza, che mai aveva visto un’infestazione maligna del genere, aveva
un diavolo per capello, e gemeva e sospirava: “Cavolo! Per tutti i diavoli! Che
diavolo succede? Queste bestie infernali mandano tutto al diavolo! Per la barba
del mio trisavolo Al diavolo tutti! Qui ci vuole un rimedio!”.
Si
mise allora a cercare su gugol tutte le ditte esperte in disinfestazione, per
poter scacciare quelle diaboliche creature dai suoi campi. Ne trovò tre, le migliori
al mondo, che promettevano miracoli.
La
prima che arrivò fu la T.L.F.V.I.L.S.[7].
Piazzarono nei campi orrende foto di animali squartati, di lumache spiaccicate,
di pellicce di leone e leopardo, di serpenti alla griglia, di formiche arrosto,
di talpe allo spiedo… e tutte le bestiacce guardarono le foto e scapparono. Ma quando
un lumacone disse: “Oh, ragazzi! Ma siete tutti scemi? Ve la fate addosso dalla
paura solo per qualche foto? Su, venite che ce le pappiamo a merenda queste
immagini da strapazzo!”, i diavoli in fuga si rivoltarono e tornarono nei campi,
ed i lumaconi si papparono tutte le fotografie.
Poi
arrivò la Ciurlo nel manico & associati, una “azienda da urlo nel
settore”, che “affronta i problemi di petto”, ed i suoi emissari cominciarono ad
urlare e a randellare a destra e a sinistra, e divampò la battaglia: la
questione di porgere l’altra quancia non esiste tra le bestie. E quando si tira
la coda al cane ed al serpente… mica ti batte il cinque. La battaglia continuò
per sette giorni e sette notti, senza che il sole si fermasse e con la luna che
stette a guardare. E alla fine, con la coda tra le gambe, i ciurlatori nel
manico fuggirono a gambe levate, sopraffatti da quella legione di mostri.
Ormai
Chitra Lisiza aveva speso tutti i suoi averi, e quando si presentarono gli inviati
della terza ditta, la Totò Unto di Tuttopunto & Fratelli Bisunti ex
defunti SPA, dovette sconsolata dir loro: “Mi dispiace, ragazzi, ma ho
finito i soldi…”.
Con
sua immensa sorpresa, nello stupore universale, quelli le risposero: “Non si
preoccupi, cara signora! La nostra ditta le offre questo servizio a gratis. Il
nostro Boss ci ha detto di venire a scacciare questi diavoletti, senza
richiedere compenso. Solo… se desidera e si ritiene soddisfatta del nostro
lavoro… qualcosa da mangiare, van bene pure i cavoli a merenda, ed un letto per
dormire…”.
“Beh…
va bene. Accomodatevi”. E li fece entrare, offrì loro una bella cena e poi li
accompagnò nelle stanze degli ospiti.
E
quelli fecero un miracolo: nell’arco di tre giorni, senza usare frecce,
bastoni, urla e violenza… riuscirono, per tutti i diavoli!, a liberare quei
campi da tutte le bestie distruttrici. Come fecero?
Beh…
La
mattina, dopo essersi svegliati, girarono per i campi con il loro macinino, su
cui era installato un altoparlante. E dall’altoparlante usciva, in ripetizione,
lo stessa identica notizia:
“Udite!
Udite! Il circo sta arrivando! Il Circo è vicino!
Il
Circo è grande… ma i circensi sono pochi!
Cercasi
lavoratori per il circo! Stipendio da non credere! Contributi pagati!
Siamo
una ditta specializzata, fai un contratto e vedrai che non ti pentirai!
Non
vedi che è un vero affare, non perdere l'occasione,
Se
no poi te ne pentirai! Non capita tutti i giorni!
Avanti,
non perder tempo, firma qua!
È
un normale contratto, è una formalitá…
Tu
ci cedi tutti i diritti e noi faremo di te un divo da it pareid!”.
Andarono
avanti così tutto il giorno, fino al tramonto.
Le
bestie, diffidenti per natura, ascoltarono sospettose questa di per sé bella notizia,
pensando che fosse una fregatura camuffata. La solita polpetta avvelenata… e ci
dormirono sopra. Ovviamente la notte non portò alcun consiglio. Però portò il
tarlo del sospetto: “E se davvero arriva il Circo? E se davvero, invece di mangiar
terra e cavoli a pranzo, cena e merenda… uno stipendio stratosferico… divo da
it pareid… uhmm”.
E
quando al mattino queste creature infernali si svegliarono e videro che quegli
operai della ditta stavano erigendo il tendone del circo… beh, non credettero
ai loro occhi: “Ma allora è vero! Ma allora è vero che il Circo sta arrivando!”,
e corsero tutti in fila, sciamarono come una marea, si riversarono a
sottoscrivere il contratto per essere immediatamente assunti nel Circo.
Le
assunzioni continuarono tutto il giorno, fino a tarda notte.
Ormai
nei campi restavano solo i cavoli, senza anima viva nei paraggi.
Tutte
le bestie si erano accampate attorno al tendone del Circo, in attesa di entrare
per svolgere il proprio numero.
La
mattina dopo, il signor Totò Unto in persone comparve all’ingresso del tendone
e disse:
“Oilà!
Buondì a tutti! Venite, benedetti circensi! Diamo inizio alle danze! Ora vi
chiamerò uno ad uno per nome, secondo il contratto, e voi mi mostrerete le
vostre sovrumane capacità”.
E
fu così che per tutto il terzo giorno le bestiole si esibirono, ognuna nel loro
numero, e il signor Unto ne fu completamente soddisfatto. Alla sera, conclusi
i provini, le radunò tutte nel tendone, e disse loro: “Ora andate a riposare,
creature stanche ed oppresse dal caldo e dal lavoro infernale! Siete tutti
assunti! (boato di gioia). Avrete la paga che vi spetta alla fine del tour!
(altro boato di gioia). Ora dormite, domani si parte! (Ulteriore boato)”.
Ovviamente,
invece di andare a dormire, quegli esseri passarono tutta la notte a brindare
ed ubriacarsi, e la mattina dopo erano mezzi rincitrulliti e non capivano più
un cavolo.
Solo
un piccolo brutto rospo, che neppure baciato dalla più bella principessa
sarebbe diventato bello, si svegliò tra i fumi dell’alcol, vide che erano tutti
rinchiusi in gabbia, e con un lampo di genio capì tutto, e disse: “Ragazzi!
Stavolta son proprio cavoli amari!”. Ma ormai la frittata era fatta, il dado era tratto, dalle stalle eran scappati i buoi... ed era inutile piangere sul latte versato, e comunque del senno di poi son piene le fosse e di buone intenzioni è lastricato l'inferno.
Il
corteo del Circo partì, e tutte le bestie partirono col circo.
E
da allora più nessuno le ha più viste da queste parti.
I
cavoli della Chitra Lisiza prosperarono, e tutti vissero felici e contenti.
Al di là del loro aspetto a svolte spaventoso... le creature infernali son solo, per tutti i diavoli, animali da circo! |
[1] In
bulgaro la “baba” è la nonna (anche se non ha figli e nipoti), la vecchietta,
la donna anziana, la signora giuntà nella terza età.
[2] “Chitra”
in bulgaro significa “Furba”, nel senso di astuta, scaltra, acuta.
[3] La “lisiza”
in Bulgaria è la volpe. E vale sia per la volpe femmina, che per il volpe
maschio.
[4] Il “ciumbèr”
è il classico velo colorato e variegato che le babe bulgare portano in testa.
[5] Il “bastùn”
in lingua bulgara indica quello che gli italiani indicano come il “bastòne”. Il
“bastùnce” sarebbe un piccolo bastone, ma non un bastoncino, piuttosto il
bastone da passeggio.
[6] Per chi
non lo sapesse, non a caso in Bulgaria il cavolo non lo chiamano “cavolo”, ma “zele”:
infatti questo ortaggio proviene dalla Terra del Cavolo “= ZELE – LAND”.
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